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Cronaca Nera, “Serena Mollicone non è morta dove è stata trovata”

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“Serena Mollicone non è morta dove è stata ritrovata”: il 21 dicembre la sentenza finale sul delitto di Arce – Il Fatto Quotidiano

Il mistero del delitto di Serena Mollicone: nuove rivelazioni sul luogo della morte

Il processo d’appello contro gli indagati del brutale omicidio di Serena Mollicone ha portato alla luce nuove dichiarazioni sorprendenti. Secondo i luogotenenti dei carabinieri in servizio al tempo del delitto, la giovane non è stata uccisa nel luogo in cui il suo cadavere è stato ritrovato. È attesa per la fine di quest’anno la sentenza riguardo a questo tragico evento, conosciuto come “il delitto di Arce”, che continua ad affascinare il pubblico.

Come riportato dal Fatto quotidiano, gli uomini del Ris di Roma al tempo dei fatti hanno escluso che Serena sia stata uccisa sul posto del ritrovamento, basando la loro valutazione su elementi tecnici e non solo investigativi. Secondo le loro analisi, la presenza di tracce di vernice da caldaia e di una porta nella resina e colla trovate sul nastro adesivo e sulla testa della vittima suggeriscono un diverso luogo per la morte. Gli elementi sottolineano l’ipotesi che Serena sia entrata in caserma prima della sua morte, e le analisi eseguite confermano tale teoria.

Il delitto di Serena Mollicone avvenne il 3 giugno 2001 quando il corpo senza vita della giovane fu ritrovato nel boschetto di Arce, in provincia di Frosinone, con evidenti segni di asfissia. Dopo sette anni di indagini infruttuose, nel 2008 il brigadiere Santino Tuzi si suicidò poco dopo aver rivelato alla Procura che Serena era entrata in caserma e non ne era più uscita. Nel 2011, le indagini portarono all’incriminazione della famiglia Mottola e dei carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprani. Nonostante l’assoluzione degli imputati per mancanza di prove nel 2022, la Corte d’Assise di Roma ha deciso di riaprire il processo in base a nuove testimonianze e consulenze.

In conclusione, il processo di appello ha portato alla luce nuove prospettive sul delitto di Serena Mollicone, dando speranza alla famiglia della vittima e alla ricerca della verità su questo caso irrisolto. La prossima udienza è prevista per il 14 dicembre e, a breve, potrebbero arrivare le tanto attese risposte. Fonte

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Prime dieci sospensioni effettuate

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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.

Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.

I DANNI

Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.

LA RIAPERTURA

In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.

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Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda

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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.

LA SEQUENZA

La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.

SOTTO LA LENTE

Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.

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