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Governo favorisce furbetti del fisco: il concordato si trasforma in condono preventivo
Il governo italiano ha approvato sfoggiando un concordato preventivo biennale, componente cruciale della prevista riforma fiscale della Prima Ministra Giorgia Meloni. Incredibilmente, si è fatto a meno della necessità di una solida reputazione fiscale per fruire della misura. Ciò potrebbe tradursi in una possibile amnistia fiscale, un altro dono generoso a quelli che cercano di giocare ai limiti del sistema fiscale, nonostante il Vice Ministro dell’Economia, Leo, neghi tale ipotesi.
Il 25 gennaio 2024, il Consiglio dei Ministri ha dato la benedizione finale al concordato preventivo, elemento cardine della promessa “rivoluzione fiscale” di Giorgia Meloni. Il piano iniziale era trasformare in legge l’idea di un Fisco amico del contribuente, un obiettivo che Meloni ha spesso detto essere al centro del suo mandato. Tuttavia, visto il modo in cui la legge è stata delineata, c’è il rischio che lo Stato finisca per sanzionare e regolarizzare l’evasione fiscale.
Il concordato preventivo si basa su un accordo tra lo Stato e lavoratori autonomi e piccole imprese. Utilizzando determinati dati, il Fisco propone un importo fisso di tasse da pagare per i successivi due anni. Benché nella formulazione originale della legge fosse presente un criterio fondamentale: i lavoratori autonomi e le piccole imprese avrebbero avuto bisogno di un indice fiscale di almeno otto per godere del concordato, quest’ultimo è stato eliminato.
Non a caso, un recente studio del quotidiano Il Sole 24 Ore ha evidenziato come il mondo delle partite IVA sia suddiviso a metà: da una parte poco più di un milione di soggetti con un punteggio di almeno 8, dall’altra 1,34 milioni con punteggi inferiori, con un reddito medio dichiarato significativamente inferiore. Inizialmente, il governo aveva pensato di riservare l’opzione del concordato solo ai contribuenti più “meritevoli”. Tuttavia, ci si è presto resi conto che questo processo di selezione avrebbe drasticamente ridotto l’efficacia della misura.
In seguito all’eliminazione del requisito dell’indice fiscale, la proposta di accordo fiscale verrà estesa anche a quei contribuenti ritenuti, in base agli indicatori pubblici, di aver occultato una porzione di guadagno e quindi di aver evaso l’obbligo fiscale. A questi soggetti verrà offerta la possibilità di mettersi al riparo da controlli e accertamenti per il prossimo biennio, sotto l’ombrello del concordato. Questo approccio potrebbe portare l’operazione a rivelare solo una parte dei guadagni non dichiarati, lasciando intoccata un’altra fetta sostanziale, in un meccanismo che somiglia a un condono fiscale.
Il vice Ministro dell’Economia, Leo, defendendo la riforma del fisco da queste critiche, ha negato che il nuovo concordato possa trasformarsi in un condono, sottolineando l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale. Leo ha inoltre ricordato che attualmente il numero di controlli fiscali su soggetti con un indice sotto otto non è molto significativo e bisogna quindi utilizzare altri mezzi.
Possiamo solo verificare se il concordato preventivo si trasformerà in un nuovo condono o in uno strumento per combattere l’elusione fiscale dopo il suo effettivo avvio. Le risposte del Vice Ministro Leo lasciano più dubbi di quanti ne risolvano. Non affronta in modo convincente, ad esempio, come esattamente il concordato dovrebbe incentivare i contribuenti ad aderire a una maggiore rettitudine fiscale. Per ora, sembra che sarà lo stato a negoziare con i “furbi”, legalizzando una parte dell’evasione in cambio di un più abbondante gettito fiscale.
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