Cronaca
Svolta nel giallo di via Poma? Il Killer è il figlio del portiere
Il mistero attorno all’omicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto 1990, sembra essere avvolto da un fitto intrigo di sospetti e rivelazioni. Recenti informazioni rivelano che i carabinieri hanno avanzato l’ipotesi che Mario Vanacore, figlio del portiere del condominio di via Poma, potrebbe essere il responsabile dell’atroce crimine. Tuttavia, la Procura di Roma ha espresso forti perplessità riguardo alla solidità di questa ipotesi e ha richiesto l’archiviazione del caso.
Mario Vanacore, già sospettato nel periodo immediatamente successivo all’omicidio, è stato nuovamente indicato come principale sospettato dai carabinieri. La sua figura è tornata sotto i riflettori anche a causa della sua tragica fine: a 20 anni dal delitto, si è suicidato poco dopo aver testimoniato nel processo contro Raniero Brusco, ex compagno di Simonetta Cesaroni.
Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, Mario Vanacore avrebbe intrapreso un tragico percorso il pomeriggio del 7 agosto 1990, quando si è introdotto negli uffici di via Poma, dove Simonetta lavorava come segretaria da appena due mesi. L’incontro inaspettato avrebbe portato a un tentativo di violenza, con Simonetta che si è difesa ferendo Vanacore. In risposta, quest’ultimo avrebbe reagito violentemente, infliggendo 29 colpi mortali alla giovane.
Intrigante è il coinvolgimento dei genitori di Mario Vanacore, Pietrino e Giuseppa De Luca, che secondo i carabinieri avrebbero coperto le responsabilità del figlio, fornendo informazioni false agli investigatori. La commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura ha suggerito che il portiere potrebbe aver anticipato il ritrovamento del cadavere di Simonetta, contribuendo a nascondere la verità sull’omicidio.
L’intera vicenda rimane avvolta da una fitta nebbia di misteri, menzogne e depistaggi, lasciando aperte molte domande sulla vera dinamica dell’omicidio di Simonetta Cesaroni.