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Cronaca

Vincenzo Rizzotto ucciso dal suocero durante litigio al compleanno della figlia

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Vincenzo Rizzotto ucciso dal suocero durante litigio al compleanno della figlia

Vincenzo Rizzotto, 42 anni, è stato ucciso a Mascalucia (Catania) con un coltello da sub al culmine di una lite durante la festa per i 18 anni della figlia: è stato fermato per l’omicidio il suocero, Giovanni Nicolosi.

Si chiamava Vincenzo Rizzotto ed aveva 42 anni l’uomo ucciso ieri sera durate una festa di compleanno in famiglia a Mascalucia nel Catanese, al culmine di una lite. Per l’omicidio è stato fermato Giovanni Nicolosi, 60 anni, suocero della vittima. Ma facciamo un passo indietro.

Secondo una prima ricostruzione effettuata dai carabinieri precipitatisi sul luogo del delitto, nel corso della festa per il diciottesimo compleanno della figlia della vittima, il nonno della ragazza avrebbe avuto un dissidio con il genero, compagno della figlia. La lite, cominciata in casa, è proseguita poi nel cortile condominiale e lì il 60enne avrebbe accoltellato Rizzotto: un solo fendente all’addome con un coltello da sub. Nicolosi prima della lite avrebbe visto litigare la vittima con la figlia e la nipote nel cortiletto dell’edificio ed è andato a prendere un coltello con una lama di 27 centimetri con cui ha colpito il genero. In pochi istanti, tutti i familiari che partecipavano alla festa si sono riversati nella corte della piccola palazzina per vedere cosa fosse accaduto, insieme con altri condomini. Allertati i soccorsi, il 42enne è deceduto durante il trasferimento al Policlinico di Catania.

Sia il presunto assassino che la vittima, coi loro nuclei familiari, abitano nello stesso edificio in via Pablo Picasso. L’indagato, che è stata raggiunto dai militari apparentemente confuso e all’interno del bagno dell’abitazione, è stato portato nella casa circondariale di Catania – Piazza Lanza, mentre i carabinieri della Tenenza di Mascalucia e i militari della Sis del Comando provinciale si sono occupati di tutti i rilievi scientifici del caso.

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Una reazione inaspettata durante una discussione

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Una reazione inaspettata durante una discussione

L’orrore domestico si è concluso con una condanna a nove anni e tre mesi per un cameriere di quaranta anni, imputato di aver inflitto violenze inaudite alla sua compagna nel tribunale di Tivoli. Il giudice ha inflitto una pena superiore rispetto a quella richiesta dal pubblico ministero, evidenziando l’uso di metodi brutali come “le botte con le scarpe antinfortunistiche” e “il coltello alla gola”.

I FATTI

Le violenze si sono verificate in un contesto di assoluta sottomissione. La vittima, spesso costretta a medicarsi da sola, ha descritto un ambiente in cui ogni pretesto poteva scatenare l’inferno, anche un semplice errore in cucina: in un’occasione, l’aguzzino le ha lanciato il sugo addosso per poi afferrarla per i capelli. Gli aggressivi atti includevano “sedie spaccate sulla schiena” e minacce di morte, anche per la figlia minorenne dell’uomo.

Durante le udienze, è emerso come molte ferite inflitte abbiano causato danni permanenti, inclusi problemi di udito e di deambulazione. L’avvocato della vittima ha sottolineato l’indole malvagia dell’imputato, il quale “trovava appagamento nella sottomissione e nell’umiliazione della compagna”.

Il Processo e la Sentenza

Il racconto della vittima in aula ha messo in luce l’estrema sofferenza vissuta nel corso di un anno di maltrattamenti. Al termine del processo, la donna ha manifestato un “senso di conforto per quel pronunciamento,” sottolineando che “è stata fatta giustizia”, grazie anche al sostegno ricevuto dal pool antiviolenza del commissariato di Tivoli.

La sentenza rappresenta un importante passo verso la giustizia in casi di violenza domestica, con la conferma di tutti i reati contestati e l’auspicio che la vittima possa finalmente guardare al futuro con maggiore fiducia.

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Roghi a Ostia, Marchili chiarisce: “Intervento limitato a quattro stabilimenti”

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Roghi a Ostia, Marchili chiarisce: “Intervento limitato a quattro stabilimenti”

È stato convalidato l’arresto di Alessandro Marchili, il giovane fermato dalla polizia di Ostia durante la notte degli incendi agli stabilimenti balneari. La procura, coordinata dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo, ha formulato nei suoi confronti l’accusa di incendio doloso in seguito a indagini condotte anche dalla Squadra Mobile.

Dettagli sull’arresto

Ieri, il 25enne, che soffre di un forte disagio mentale, ha ammesso di aver agito da solo in quattro stabilimenti, mentre i giudici gli contestano di aver appiccato incendi in sette strutture. Alessandro sarà sottoposto a esame psichiatrico. A prendere le sue difese è un amico della madre, che ha chiesto di essere chiamato Mario per proteggere la privacy della famiglia. Mario ha descritto la difficile infanzia di Alessandro, caratterizzata da gravi problemi familiari, abbandono scolastico, forte disagio mentale e uso di eroina.

La situazione familiare

Anche la madre di Alessandro ha avuto una vita travagliata, con problemi legati alla droga. Mario ha raccontato di aver incontrato Alessandro pochi giorni fa, notando la sua precaria situazione. “Alessandro è un ragazzo molto fragile e in passato ha fatto uso di droghe anche pesanti. … Era magro, trasandato e confuso.” Dopo un recente trasferimento della madre, Alessandro ha manifestato difficoltà e ha iniziato a vivere per strada.

Considerazioni su Alessandro

Mario descrive Alessandro come un ragazzo introverso, buono e disponibile, ma anche ingenuo. “…è possibile che abbia incontrato qualcuno che gli ha offerto soldi o che lo ha manipolato…” Secondo Mario, non c’è cattiveria nei comportamenti di Alessandro: “Lui non capisce niente di bandi, concessioni, mafie e interessi trasversali. … se vogliamo salvarlo va aiutato e curato, non etichettato come piromane.”

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