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Il caso della scuola di Pioltello è solo l’inizio. Mettiamocelo bene in testa

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Il caso della scuola di Pioltello è solo l’inizio. Mettiamocelo bene in testa

<span style="font-weight: 400;">Il caso riguardante la chiusura della scuola di Pioltello per la fine del Ramadan ha suscitato diverse polemiche. Però, mettiamocelo bene in testa, questo è soltanto il primo di una lunghissima e interminabile casistica a cui andremo incontro nei prossimi anni.

Non si tratta né di essere progressisti né tantomeno di essere conservatori, il dato è sotto gli occhi ma a Roma ricordiamoci che la scuola a Tor Pignattara, Carlo Pisacane, è composta al 95% da alunni figli di immigrati.

‘Grazie’ a tutti i governi degli ultimi 30 anni, praticamente da “Mani pulite” e dall’avvento – dieci anni più tardi – dell’Euro di Romano Prodi, gli stipendi degli italiani sono diminuiti del 30% (unico caso in Europa), e quindi la precarietà economica ha portato ad avere meno sicurezza nel futuro e ad abbandonare l’idea di costruirsi una famiglia e fare figli, se non per le classi più agiate, quelle della borghesia e dei raccomandati, ma il ceto medio è stato accantonato.

Se gli italiani non fanno più figli, ci pensano gli immigrati che invece li figli ne fanno eccome (vedrete, solo quelli della prima generazione). Dal punto di vista strettamente sociologico “chi emigra lo fa soltanto per migliorare la propria condizione socio-economica” e quindi, chi proviene dalla povertà più estrema tipica dell’oriente, del Sud America o dal continente africano, quando viene qui a Tor Bella Monaca o a San Basilio, pensa di essere a Beverly Hills. Gli immigrati fanno due-tre figli, hanno precedenza nelle graduatorie degli asili nido e nelle richiesta di alloggi popolari, per i primi tre anni non pagano tasse sulle loro attività commerciali e c’è sempre un occhio di riguardo da parte della chiesa. Senza poi dimenticare che per essere accoglienti e inclusivi, anche ai nomadi vengono assegnati gli apportamenti ERP.

Se la tendenza sarà questa, e questa sarà, da qui ai prossimi 100 anni l’Italia sarà un paese completamente islamico, mentre da qui ai prossimi 50 anni, più della metà dei cittadini italiani saranno di religione musulmana.

Non c’è da meravigliarsi e non c’è nemmeno da scandalizzarsi. Ognuno pensa ai fatti propri. Questo è il processo che in principio chiamavano ‘Globalizzazione’. Un po’ come quello che accadde dopo la fine del secondo conflitto mondiale quando a Roma iniziarono ad arrivare tutti i cittadini provenienti dalle Marche, dall’Abruzzo e dal sud Italia.

Ora i tempi cambiano e i processi migratori riguardano tutto il globo. La speranza però è che non accada quelle che si sta verificando nel resto dell’Europa, specialmente in Francia con le Banlieue parigine, dove lo straniero non viene assorbito dalla cultura dominante e però rimanga emarginato nel ghetto della periferia. Dobbiamo sperare solo che il giudice possa essere un laureato musulmano, i poliziotti di origine cinese, i docenti africani e via dicendo.

Personalmente non ne vedo il problema. L’unica cosa che ci lascia pensare è la seguente: se tutti i migranti provenienti da Africa, Oriente e Sud America e Europa dell’est vengono qui in Europa per lasciare delle economie e delle culture dove non esistono libertà e prosperità, continuando di questo passo l’Italia diventerà soltanto un’estensione del mondo arabo e le condizioni sociali saranno sempre più simili a quelle vigenti ora nei paesi musulmani, tutto qua. Mettiamocelo bene in testa, il caso della scuola di Pioltello è solo il primo caso a cui ne seguiranno altri ancora, come è normale che sia. Il concetto di Italia verrà sempre meno, anziché cittadini, avremo consumatori. Come già accade a Londra o in Germania, questa integrazione di fatto porterà a una sostituzione etnica. Senza polemica o offese, il mondo va avanti così.

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