Attualità
Comunicazioni tra la Stasi e il ministro bulgaro

Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi
4 Settembre 2024
20:18
Credo nella pista bulgara per ciò che ho letto nei documenti desecretati della Stasi”. Torna a parlare della pista internazionale il giudice Ilario Martella.
Dopo oltre 40 anni continua la ricerca della verità su quanto accaduto ad Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa da Roma ad appena 15 anni nel 1983. Mentre due procure continuano ad indagare sul caso, quella di Roma e quella della Santa Sede, la commissione bicamerale d’inchiesta continua a chiamare a colloquio persone potenzialmente informate sui fatti. Fra loro il giudice Ilario Martella che, dopo il suo colloquio settimane fa, ha pubblicato un nuovo libro in cui continua ad affermare la sua tesi.
Martella, dopo aver guidato le indagini sull’attentato a papa Giovanni Paolo II nel 1981, è stato titolare del caso di scomparsa di Emanuela Orlandi dal 1985 al 1990. Nel suo nuovo libro, Emanuela Orlandi. Intrigo Internazionale. La verità che nessuno ha ancora raccontato sul mistero più oscuro della storia italiana, continua a sottolineare come, a suo avviso, la pista internazionale sia la più attendibile. "Lo dico dopo aver visionato dei documenti della Stasi. Fra quelle carte c’è un messaggio in russo in cui il capo della Stasi Mielke e il ministro bulgaro brindano all’assoluzione degli altri esecutori dell’attentato a Giovanni Paolo II" – ha dichiarato Martella – "L’ho letto nella documentazione della Stasi desecretatata dopo la caduta del Muro di Berlino".
Emanuela e la pista bulgara: "Ecco perché ci credo"
In particolare, secondo il giudice Martella, i veri responsabili sarebbero i bulgari. "Erano preoccupati di un loro coinvolgimento nell’attentato al Papa fin dal febbraio 1982 – ha raccontato Martella in un’intervista pubblicata oggi da il Fatto Quotidiano – Quando sono riuscito ad accertare la complicità di Balkanair Antonov, c’è stata una presa di posizione e le autorità Bulgare si sono rivolte alla Stasi".
Da questo momento, secondo il giudice, è iniziata la collaborazione per "distrarre l’opinione pubblica": fra questi anche i rapimenti di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi e i messaggi sul caso alle loro famiglie e al presidente Pertini.
Emanuela Orlandi e Mirella Gregori: "Sono state sacrificate"
Una strategia di cui Martella ha potuto parlare a lungo anche con i membri della commissione bicamerale d’inchiesta quando ha aggiunto che, proprio per questo, le due ragazze sarebbero state da considerare "sacrificate per qualcosa di incredibile che possiamo chiamare ragion di Stato". Una versione che, almeno in parte, sembra confermare quella di Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II, almeno sul legame fra il gesto in piazza San Pietro e la scomparsa delle due ragazze. Proprio Agca, alcune settimane prima dell’estate, aveva fatto parlare di sé dicendo di essere pronto a dire tutta la verità sul caso. "Ho un grave tumore, sto per morire e voglio liberarmi la coscienza", aveva dichiarato.
Il ruolo della Stasi: "Soltanto un’organizzazione perfetta come la Stasi avrebbe potuto mettere in atto una storia del genere", ha continuato Martella. Il giudice non esclude che, in un primo momento, gli agenti possano aver chiesto aiuto a criminali italiani anche se, sottolinea subito dopo, "è da allocchi pensare che tutti i telefonisti abbiano agito per conto loro, Americano compreso".
Di una cosa sembra essere certo: i rapimenti delle due ragazze, per lui, sono conseguenza dell’attentato a Wojtyla e ad Antonov. "Quando ho individuato Antonov sono iniziate le minacce, in lingua tedesca: dicevano che avrebbero fatto a mia figlia e mia nipote la stessa fine di Orlandi e Gregori".
Cronaca
Cicalone, fa rosicare i rosiconi e dà voce a chi non ce l’ha. “Altro che divano, provateci voi!”

Cicalone è tornato a colpire, e i rosiconi da tastiera possono solo mordersi le mani! Il noto youtuber, che da anni gira le periferie più dimenticate d’Italia per mostrare al mondo quello che nessuno vuole vedere, sta facendo impazzire chi lo critica stando comodamente seduto sul divano. Con i suoi video crudi e senza filtri, Cicalone porta alla luce volti, storie e persone che per troppi sono invisibili: ragazzi sfruttati, usati come pedine da chi vuole fare la morale o raccattare qualche like, ma che in realtà non ha mai messo piede in quei posti. E allora ben vengano personaggi come lui, che hanno il coraggio di accendere i riflettori su un’Italia che fa paura, ma che esiste eccome.
Cicalone dà voce agli invisibili: e i rosiconi rosicano
Cicalone non fa video per fare il figo o per raccattare visualizzazioni facili. Lui va dove gli altri non osano: nelle periferie abbandonate, tra palazzoni fatiscenti e strade che sembrano uscite da un film distopico. Qui incontra persone che la società ha dimenticato: giovani in preda all’alcol o a sostanze, spesso sfruttati da chi li usa per i propri scopi – che sia per fare propaganda politica o per sentirsi “impegnati” senza muovere un dito. Cicalone non giudica, non fa la morale: mostra e basta. E questo dà fastidio a chi preferirebbe tenere tutto sotto il tappeto. “Sta spettacolarizzando il degrado!”, strillano i rosiconi sui social. Ma la verità è che Cicalone sta facendo quello che loro non hanno il coraggio di fare: dare un volto e una voce a chi non ce l’ha.
Altro che chiacchiere: Cicalone rischia la pelle
Parlare è facile, ma provateci voi a stare faccia a faccia con questi ragazzi! Cicalone non gira con una scorta, non ha uno staff che lo protegge: va da solo, con la sua telecamera, in posti dove un litigio banale può trasformarsi in una tragedia. Ragazzi strafatti di alcol o sostanze, che in un attimo di rabbia possono diventare pericolosi, anche per motivi stupidi. “Vorrei vedere i più ardimentosi dei rosiconi qui, a fare i fenomeni davanti a un tizio che ti fissa con un coltello in mano”, si legge in uno dei commenti dei suoi fan. E come dargli torto? Cicalone rischia la pelle per mostrare una realtà che fa comodo ignorare, mentre i criticoni se ne stanno al sicuro, a pontificare dal loro salotto con l’aria condizionata.
Sfruttati e dimenticati: Cicalone accende i riflettori
Il vero scandalo non è Cicalone, ma quello che mostra. In queste periferie, le persone non sono solo invisibili: sono sfruttate. Vengono usate come simboli da chi vuole fare la vittima o da chi cerca di raccattare consensi, senza mai fare nulla di concreto per aiutarle. Cicalone, invece, non promette soluzioni miracolose: il suo obiettivo è semplice ma potente: portare attenzione su un fenomeno che tutti fingono di non vedere. E ci riesce alla grande, con video che fanno milioni di visualizzazioni e che costringono anche i più distratti a fermarsi e guardare. Ogni volto, ogni storia che racconta è un pugno nello stomaco, ma è un pugno necessario. Perché se non ci fosse lui, chi parlerebbe di questi ragazzi?
Cicalone, un eroe moderno: i rosiconi si arrangino
Mentre i rosiconi continuano a blaterare, Cicalone va avanti per la sua strada, e meno male! Non si piega alle critiche di chi lo accusa di “sensazionalismo” o di “mettere in pericolo” le persone che filma. La verità è che lui sta facendo un lavoro che nessuno ha il coraggio di fare, e lo fa con una sincerità che spiazza. I rosiconi possono continuare a rosicare, ma Cicalone non si ferma: continuerà a girare per le periferie, a mostrare l’Italia che fa paura, a dare voce a chi non ce l’ha. E se questo vi dà fastidio, cari criticoni, alzatevi dal divano e andate a fare qualcosa di utile, invece di sparare sentenze. Cicalone è un eroe moderno, e voi siete solo invidiosi. Punto.
Attualità
Immaginate se anziché Prodi, a tirare i capelli fosse stato un esponente del centrodestra

Immaginate se il gesto fatto da Romano Prodi, azione abbastanza ignobile, di tirare i capelli a una giornalista, la quale ha tutto il diritto di fare una domanda lecita, fosse accaduto a un esponente del centrodestra.
Immaginiamo se, al posto del “Mortadella”, presidente del consiglio che ci ha affossato con l’entrata nell’Euro, oltre alle svariate privatizzazione che hanno impoverito l’Italia, al suo posto ci fossero stati il presidente del Senato Ignazio La Russa, oppure quello della camera Lorenzo Fontana, o ancora Fabio Rampelli.
Cosa sarebbe accaduto, mediaticamente parlando, se qualche esponente della destra, avesse tirato i capelli a una giornalista? Facile e anche troppo scontato: tutti i giornali del mainstream vicini all’aria progressista, avrebbero fatto dei titoli e delle considerazioni molto più severe, appellandosi al maschilismo, all’urgente bisogno di sconfiggere il patriarcato, al fatto che la violenza fascista è sempre dietro l’angolo ecc…
La mancanza di rispetto per i giornalisti non ha colore, e invece tutto tace nelle redazioni della Repubblica e al TG3.
E allora ci viene da dire dove sta il giornalismo, dove sta la libertà? La verità è che ognuno tira l’acqua al suo mulino, omettendo spesso la verità fattuale.
-
Attualità3 giorni fa
Concerto Geolier a Roma, la scaletta (probabile)
-
Cronaca7 ore fa
Cicalone, fa rosicare i rosiconi e dà voce a chi non ce l’ha. “Altro che divano, provateci voi!”
-
Social1 giorno fa
Carlo Calenda ci prova, ma non ce la fa: ” Conte e Salvini giganti, lui invidioso”
-
Attualità3 giorni fa
Arrestato un 34enne per tentato omicidio dopo aver cercato di sfigurare il volto della ex compagna con un coltello