Attualità
Qual è il legame tra l’audio delle torture, i bulgari e Marco Accetti?

Aggiornamenti sul Caso Emanuela Orlandi
Si continua a parlare dell’audio delle sevizie consegnato all’Ansa nel 1983 sul caso di Emanuela Orlandi: analizzando il lato A sembrano essere emerse nuove informazioni sulla voce del rapitore e sulla pista bulgara. Non sappiamo se si tratti di verità o semplici suggestioni, ma ecco perché si parla ancora del nastro.
Sono passati oltre quaranta anni dalla comparsa di un nastro registrato con le sevizie ad una ragazza. L’audiocassetta è stata consegnata all’Ansa nella serata di domenica 17 luglio 1983, a meno di un mese dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. Una copia, tre giorni prima, era stata fatta recapitare al Vaticano, abbandonata lungo il colonnato di piazza San Pietro, poi prelevato da funzionari della Santa Sede. E, infine, scomparso.
Il nastro consegnato all’Ansa, invece, è stato ascoltato subito. Nel lato A, si sentiva un comunicato letto da voci maschili con un appello: la liberazione di Ali Agca, militante nei Lupi Grigi e attentatore di papa Giovanni Paolo II, in cambio della restituzione di Emanuela Orlandi. Nel lato B, invece, c’erano dei lamenti di una voce femminile. Secondo alcuni, fra cui i familiari, sarebbe chiara anche quella di Emanuela Orlandi. "Lasciami dormire", avrebbe detto la ragazzina. Nelle scorse settimane si è tornati a parlare del Lato B della cassetta. Da qualche giorno, però, anche dal lato A sembrano essere emerse nuove informazioni. Scopriamo perché.
La Consegna dell’Audio con le Sevizie su Emanuela Orlandi
L’audiocassetta a cui si fa riferimento, non è sicuramente una novità: il primo ascolto risale a poco meno di un mese dalla scomparsa. Prima è arrivata una telefonata in redazione all’agenzia Ansa. Un uomo, con voce giovanile e in perfetto italiano, ha spiegato di essere uno dei rapitori di Emanuela Orlandi e di aver lasciato un nastro con una registrazione sotto alla redazione. Un cronista dell’agenzia Ansa è sceso e si è recato in via della Dataria, dove ha trovato l’audiocassetta. Dopo averla ascoltata è uscita la notizia: erano le 23.19 di domenica 17 luglio del 1983. Poi il nastro è stato consegnato alla Digos, come raccontato da Antonio Asciore a Chi l’ha visto?, l’agente incaricato di prelevarlo. Non era trascorso neanche un mese dalla scomparsa della quindicenne vaticana, di cui si erano perse le tracce il 22 giugno. Entrambi i nastri originali, poi, sono spariti nel nulla: di loro resta soltanto l’audio replicato su altri supporti.
Le Novità sul Lato A: Perché si Torna a Parlare dell’Audio con le Sevizie
Nel lato A, come anticipato, si assiste alla lettura, una ventina di minuti, di un comunicato in cui una voce maschile con accento mediorientale (secondo alcuni fittizio), chiede lo scambio fra la cittadina vaticana rapita e la libertà di Ali Agca. I rapitori si rivolgono direttamente alla loro controparte, lo Stato italiano e il Vaticano nelle figure, rispettivamente, del Presidente della Repubblica Pertini e del cardinal Casaroli. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, però, i dati più interessanti dell’audiocassetta sarebbero rimasti nella "sottotraccia" del nastro. Da alcuni dati presentati nel contenuto (a cui si aggiunge la corrispondenza della voce di donna sul lato B con quella di Emanuela Orlandi) si avrebbe conferma, secondo la testata, che il personaggio che parla nel lato A fosse davvero in contatto con i rapitori della ragazzina.
Per cercare di dare un volto alla voce, è stata svolta una perizia fonica. Secondo quanto è emerso dai risultati, con corrispondenza del 78% (basta il 55% per manifestare compatibilità) la voce apparterrebbe a Marco Accetti, personaggio noto nel caso Orlandi e non solo.
Cronaca
Cicalone, fa rosicare i rosiconi e dà voce a chi non ce l’ha. “Altro che divano, provateci voi!”

Cicalone è tornato a colpire, e i rosiconi da tastiera possono solo mordersi le mani! Il noto youtuber, che da anni gira le periferie più dimenticate d’Italia per mostrare al mondo quello che nessuno vuole vedere, sta facendo impazzire chi lo critica stando comodamente seduto sul divano. Con i suoi video crudi e senza filtri, Cicalone porta alla luce volti, storie e persone che per troppi sono invisibili: ragazzi sfruttati, usati come pedine da chi vuole fare la morale o raccattare qualche like, ma che in realtà non ha mai messo piede in quei posti. E allora ben vengano personaggi come lui, che hanno il coraggio di accendere i riflettori su un’Italia che fa paura, ma che esiste eccome.
Cicalone dà voce agli invisibili: e i rosiconi rosicano
Cicalone non fa video per fare il figo o per raccattare visualizzazioni facili. Lui va dove gli altri non osano: nelle periferie abbandonate, tra palazzoni fatiscenti e strade che sembrano uscite da un film distopico. Qui incontra persone che la società ha dimenticato: giovani in preda all’alcol o a sostanze, spesso sfruttati da chi li usa per i propri scopi – che sia per fare propaganda politica o per sentirsi “impegnati” senza muovere un dito. Cicalone non giudica, non fa la morale: mostra e basta. E questo dà fastidio a chi preferirebbe tenere tutto sotto il tappeto. “Sta spettacolarizzando il degrado!”, strillano i rosiconi sui social. Ma la verità è che Cicalone sta facendo quello che loro non hanno il coraggio di fare: dare un volto e una voce a chi non ce l’ha.
Altro che chiacchiere: Cicalone rischia la pelle
Parlare è facile, ma provateci voi a stare faccia a faccia con questi ragazzi! Cicalone non gira con una scorta, non ha uno staff che lo protegge: va da solo, con la sua telecamera, in posti dove un litigio banale può trasformarsi in una tragedia. Ragazzi strafatti di alcol o sostanze, che in un attimo di rabbia possono diventare pericolosi, anche per motivi stupidi. “Vorrei vedere i più ardimentosi dei rosiconi qui, a fare i fenomeni davanti a un tizio che ti fissa con un coltello in mano”, si legge in uno dei commenti dei suoi fan. E come dargli torto? Cicalone rischia la pelle per mostrare una realtà che fa comodo ignorare, mentre i criticoni se ne stanno al sicuro, a pontificare dal loro salotto con l’aria condizionata.
Sfruttati e dimenticati: Cicalone accende i riflettori
Il vero scandalo non è Cicalone, ma quello che mostra. In queste periferie, le persone non sono solo invisibili: sono sfruttate. Vengono usate come simboli da chi vuole fare la vittima o da chi cerca di raccattare consensi, senza mai fare nulla di concreto per aiutarle. Cicalone, invece, non promette soluzioni miracolose: il suo obiettivo è semplice ma potente: portare attenzione su un fenomeno che tutti fingono di non vedere. E ci riesce alla grande, con video che fanno milioni di visualizzazioni e che costringono anche i più distratti a fermarsi e guardare. Ogni volto, ogni storia che racconta è un pugno nello stomaco, ma è un pugno necessario. Perché se non ci fosse lui, chi parlerebbe di questi ragazzi?
Cicalone, un eroe moderno: i rosiconi si arrangino
Mentre i rosiconi continuano a blaterare, Cicalone va avanti per la sua strada, e meno male! Non si piega alle critiche di chi lo accusa di “sensazionalismo” o di “mettere in pericolo” le persone che filma. La verità è che lui sta facendo un lavoro che nessuno ha il coraggio di fare, e lo fa con una sincerità che spiazza. I rosiconi possono continuare a rosicare, ma Cicalone non si ferma: continuerà a girare per le periferie, a mostrare l’Italia che fa paura, a dare voce a chi non ce l’ha. E se questo vi dà fastidio, cari criticoni, alzatevi dal divano e andate a fare qualcosa di utile, invece di sparare sentenze. Cicalone è un eroe moderno, e voi siete solo invidiosi. Punto.
Attualità
Immaginate se anziché Prodi, a tirare i capelli fosse stato un esponente del centrodestra

Immaginate se il gesto fatto da Romano Prodi, azione abbastanza ignobile, di tirare i capelli a una giornalista, la quale ha tutto il diritto di fare una domanda lecita, fosse accaduto a un esponente del centrodestra.
Immaginiamo se, al posto del “Mortadella”, presidente del consiglio che ci ha affossato con l’entrata nell’Euro, oltre alle svariate privatizzazione che hanno impoverito l’Italia, al suo posto ci fossero stati il presidente del Senato Ignazio La Russa, oppure quello della camera Lorenzo Fontana, o ancora Fabio Rampelli.
Cosa sarebbe accaduto, mediaticamente parlando, se qualche esponente della destra, avesse tirato i capelli a una giornalista? Facile e anche troppo scontato: tutti i giornali del mainstream vicini all’aria progressista, avrebbero fatto dei titoli e delle considerazioni molto più severe, appellandosi al maschilismo, all’urgente bisogno di sconfiggere il patriarcato, al fatto che la violenza fascista è sempre dietro l’angolo ecc…
La mancanza di rispetto per i giornalisti non ha colore, e invece tutto tace nelle redazioni della Repubblica e al TG3.
E allora ci viene da dire dove sta il giornalismo, dove sta la libertà? La verità è che ognuno tira l’acqua al suo mulino, omettendo spesso la verità fattuale.
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