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Quattordici anni di lavoro sotto traccia: la mia storia di impegno nascosto

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Quattordici anni di lavoro sotto traccia: la mia storia di impegno nascosto

La Storia di Ornella Bartolozzi: Un’arpista nella Tempesta Giudiziaria

Ornella Bartolozzi, arpista della banda della Polizia di Stato, sta affrontando una battaglia legale significativa che ha delle radici profonde. Dopo 14 anni di lavoro non retribuito in modo regolare, ha deciso di presentare una denuncia, chiedendo un risarcimento al Ministero dell’Interno dell’ammontare di un milione e duecentomila euro.

Il Conflitto tra Ornella e il Ministero dell’Interno

Da quasi un decennio, questa controversia tra Ornella e il Ministero dell’Interno si protrae. La donna ha svolto concerti per la banda della Polizia dal 2003 al 2017, collezionando circa 150 esibizioni in tutta Italia, ma non ha mai avuto un contratto di lavoro formale né ha potuto partecipare a concorsi pubblici per entrare nel corpo della Polizia di Stato.

“Per tanti anni ho lavorato in nero – spiega Ornella – ricevevo le mie compensazioni dal maestro. È una situazione surreale, ma purtroppo così è andata”. Ora, dopo cinque anni dall’ultimo concerto, Ornella ha deciso di rivolgersi al Tribunale del lavoro per richiedere un risarcimento, contestando l’interpretazione del Ministero, che sostiene che le sue prestazioni fossero di natura occasionale e non continuativa.

L’Attesa per la Sentenza: Un Momento Cruciale

L’attesa per la sentenza del tribunale civile di Roma, fissata per il 14 settembre, rappresenta un momento decisivo per Ornella. L’artista, supportata dall’avvocato Aurelio Salata, ha dichiarato: “Aspetto questo verdetto da anni. Durante tutto questo tempo, ho sempre creduto nella possibilità di ricevere un contratto regolare”. Ha voluto ribadire che la sua decisione di denunciare non è stata una manovra premeditata, ma piuttosto il risultato di una situazione insostenibile.

La tensione aumenta in vista della data cruciale, con Ornella pronta ad affrontare un sistema che ha, fino ad ora, trascurato i suoi diritti come lavoratrice. La sentenza potrebbe avere importanti ripercussioni non solo sul destino della musicista, ma anche sulla modalità di impiego dei lavoratori all’interno delle istituzioni pubbliche.

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Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

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Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

RiderSottoAttacco Un rider di Roma derubato per la seconda volta in sole 24 ore – scopri i dettagli di questa inquietante escalation di crimini urbani!

Immaginate di essere in sella alla vostra moto, consegnando cibo per le strade affollate, quando improvvisamente vi ritrovate senza telefono, soldi e mezzo di trasporto: è esattamente ciò che è accaduto a un rider nella capitale, in un doppio episodio che sta facendo discutere e che solleva interrogativi sulla sicurezza dei lavoratori in prima linea. Secondo quanto emerso, il primo furto ha colpito il rider mentre era impegnato in una consegna, con i ladri che hanno agito rapidamente per sottrargli beni essenziali, lasciando lui e i suoi colleghi in allerta.

La sequenza degli eventi

Gli incidenti si sono verificati in rapida successione, con il secondo furto che ha ripreso lo stesso modus operandi: ladri che approfittano della vulnerabilità dei rider durante il lavoro. Fonti locali riportano che il rider, già scosso dal primo episodio, è stato preso di mira di nuovo, alimentando paure diffuse tra chi opera nelle consegne a domicilio.

Le implicazioni per la sicurezza

Questa serie di furti non è solo un caso isolato, ma un segnale preoccupante per la comunità dei rider, che ogni giorno affronta rischi per le strade. Esperti del settore stanno monitorando la situazione, chiedendosi se misure più stringenti possano prevenire simili episodi in futuro – e tu, cosa ne pensi di questa onda di crimini?

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Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

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Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

Come è triste questa vita fatta di immagine, apparenza e superficialità.

I tempi cambiano, ma forse in peggio. La morte di Papa Francesco è l’emblema più lampante di come nemmeno la fede cristiana sia riuscita ad arginare lo strapotere dei social.

Rubare i fiori da piazza San Pietro come souvenir il giorno della annuncio della morte del sommo pontefice, prendersi la copia dell’osservatore Romano e rivenderla online a 500 euro e infine farsi i selfie davanti la salma di Papa Francesco, sono un segno inequivocabile che adesso tutto va condiviso e annunciato sui social network.

Alla fine anche lucrare sulle disgrazie altrui, per prendere qualche like in più, non è poi così male, soprattutto se questo serve per far salire il cima all’algoritmo il proprio profilo social.

Nella società dell’iperdemocrazia mascherata, dove il politicamente corretto è l’undicesimo comandamento e nessuno può mettere più dei paletti alla moralità altrui, la cultura, la moralità e la dignità umana si trovano in forte difficoltà.

Alla ricerca di una guida politica e spirituale che non sia quella dei social e del profitto a tutti i costi, non ci resta che lottare affinché la. vita umana non diventi una passarella dove vince chi prende più like.

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