Cronaca
Scopri la Verità sul Misterioso Calderon: Chi È Really in Italia?
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Durante una recente sessione nell’Aula Buker del carcere di Rebibbia, il PM della Direzione Distrettuale Antimafia, Mario Palazzi, ha fornito dettagli inquietanti sull’individuo accusato dell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, avvenuto il 7 agosto 2019 al parco degli Acquedotti. Il PM ha affermato che “Raul Esteban Calderon è un nome fasullo”, sostenendo che l’imputato utilizza un’identità falsa per operazioni illecite in Italia. Secondo Palazzi, il vero nome dell’imputato è Aleandro Gustavo Musumeci, nato a Buenos Aires il 30 aprile 1970, il quale avrebbe adottato ulteriori alias nel suo paese d’origine.
Dal Bellocco a Piscitelli: omicidi e relazioni tra tifoserie e crimine organizzato
Dettagli sull’imputato
L’avvocato difensore, Eleonora Nicla Moiraghi, ha osservato che le informazioni fornite dal PM non sono una novità. Durante il processo che si sta svolgendo presso la Corte di Assise di Frosinone, dove Calderon-Musumeci è sotto accusa per un altro omicidio a Torvajanica, gli investigatori avevano già menzionato questo scambio di identità. Inoltre, Rina Bussone, ex compagna dell’imputato e ora testimone di giustizia, ha dichiarato che l’uomo veniva chiamato “Gustavo” durante le telefonate ai familiari in Argentina. La difesa intende contestare ulteriormente la risposta alla rogatoria, ritenendo che ci siano ancora molte questioni irrisolte da chiarire.
Il mistero del testimone
Un altro sviluppo preoccupante riguarda Fabio Gaudenzi, un testimone cruciale per la difesa, che è scomparso. In un video, Gaudenzi ha affermato di sapere chi fosse responsabile e le motivazioni dietro l’omicidio del capo ultrà della Lazio, collegando il fatto a un traffico d’oro proveniente dall’Africa. Un accompagnamento coatto da parte della terza Corte di Assise ha portato, sfortunatamente, alla sua irreperibilità, costringendo a rimandare l’udienza al 23 ottobre prossimo.
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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