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Tragedia a Roma: Dipendente Atac sotto accusa dopo l’incidente mortale con la metropolitana, “La vittima aveva una chance di sopravvivere”

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Tragedia a Roma: Dipendente Atac sotto accusa dopo l’incidente mortale con la metropolitana, “La vittima aveva una chance di sopravvivere”

Richiesta di Processo per l’Operatore Atac in Merito alla Tragedia di Armando Zoffranieri

Il pubblico ministero ha formalmente richiesto un processo per G. S., operatore Atac, il quale, il 20 ottobre 2021, avrebbe dovuto osservare i monitor presso la stazione Giulio Agricola. Se fosse stato attento, avrebbe notato i passeggeri in difficoltà che cercavano di avvertirlo riguardo alla presenza di Armando Zoffranieri sui binari.

Il Ruolo Cruciale del Monitoraggio

Secondo il pubblico ministero, Attilio Pisani, la mancanza di attenzione da parte dell’operatore ha contribuito alla morte di Zoffranieri. Se G. S. avesse monitorato le immagini, avrebbe potuto lanciare l’allerta tempestivamente, evitando così l’incidente fatale. G. S. non si trovava davanti ai monitor in quel momento cruciale, il che ha compromesso la possibilità di intervenire. Due passeggeri stava cercando di richiamare la sua attenzione attraverso segnali, ma il loro appello è rimasto inascoltato. L’accusa sostiene che un immediato avviso al macchinista o l’interruzione della corrente avrebbero potuto prevenire il disastro.

Riferimenti all’Incidente

Il triste avvenimento ha avuto luogo il 20 ottobre 2021. Armando Zoffranieri si era recato alla stazione di Giulio Agricola nel tentativo di prendere la metropolitana. Tuttavia, mentre si trovava sulla banchina, ha accusato un malore e, nel tentativo di rialzarsi, è caduto nuovamente, questa volta sui binari. Nonostante i suoi sforzi di risalire, le sue condizioni di salute compromesse non gli hanno permesso di farlo. In quel frangente, due passeggeri, assistendo alla scena, hanno cominciato a gesticolare verso le telecamere per tentare di segnalare il pericolo, ma, purtroppo, nessuno stava prestando attenzione ai monitor. Così, quando il treno è sopraggiunto, ha travolto Zoffranieri, uccidendolo all’istante.

“La responsabilità per la morte del volontario ricade su Atac, che avrebbe dovuto disporre di due operatori in stazione, con uno dedicato esclusivamente alla sorveglianza dei monitor”, ha dichiarato Vittorio Attolino, legale dell’operatore. “Il mio assistito era solo e, oltre a monitorare le immagini, doveva anche gestire il funzionamento dell’impianto elettrico e delle macchinette per la convalida dei biglietti””, ha concluso il legale.

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Inizia il processo per l’avvocato accusato di aver rubato mezzo milione di euro a Paolo Calissano

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Inizia il processo per l’avvocato accusato di aver rubato mezzo milione di euro a Paolo Calissano

È iniziato il processo relativo alla morte di Paolo Calissano, l’attore genovese deceduto a Roma il 29 dicembre 2021. A essere imputato è l’avvocato Matteo Minna, storico amministratore di sostegno di Calissano, accusato di peculato, circonvenzione di incapace e falso. L’accusa sostiene che Minna abbia sottratto alla vittima circa mezzo milione di euro approfittando della sua vulnerabilità. Il fratello di Calissano, Roberto, ha sporto denuncia dopo aver notato anomalie nei conti e nei bonifici dell’attore.

Il ruolo dell’avvocato Minna

Il fratello di Paolo Calissano ha descritto la situazione come un “duplice dolore, perché ci fidavamo di lui”. Minna e Calissano si conoscevano da tredici anni, durante i quali l’avvocato ha gestito le finanze dell’attore. Dall’inizio del procedimento, Minna si trova agli arresti domiciliari e sono emerse circa 143 operazioni irregolari effettuate nell’arco di tredici anni. Nell’ultimo periodo della sua vita, Paolo Calissano era in uno stato di fragilità, afflitto da depressione e debiti.

Altre presunte vittime e sequestro di beni

Oltre a Calissano, Minna sarebbe accusato di aver ingannato altre persone, sottraendo denaro in modo “spregiudicato”. Per queste motivazioni, è stato disposto un sequestro di beni per un valore di 800mila euro nei suoi confronti.

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

La Procura della Repubblica di Roma ha avviato una perizia sugli smartphone di Camilla Sanvoisin e del fidanzato Giacomo Celluprica, nella speranza di ottenere informazioni rilevanti sui messaggi scambiati, per ricostruire le ultime ore di vita della giovane, trovata morta nella sua abitazione il mattino di venerdì 13 febbraio. Gli esiti della perizia sono attesi entro un mese, mentre l’indagine prosegue per stabilire le cause della morte, che è attualmente considerata come conseguenza di un altro reato.

Dettagli sulla sera della morte

Il fidanzato di Camilla ha riferito agli inquirenti che entrambi avrebbero assunto eroina la sera prima del tragico evento. Ha raccontato di essersi addormentato dopo aver consumato la sostanza e di essersi svegliato senza rendersi conto che Camilla non respirava più, portandolo a contattare i soccorsi. Nella loro abitazione è stato trovato del metadone.

Testimonianze e sviluppi delle indagini

La proprietaria del consorzio in cui viveva la coppia ha dichiarato che una collaboratrice domestica avrebbe notato che Camilla stava male già nel pomeriggio, prima dell’assunzione della sostanza. Inoltre, grazie ai tabulati telefonici, è stato rintracciato un presunto spacciatore che avrebbe venduto droga al fidanzato, risiedente a Tor Bella Monaca. Le indagini continueranno con gli esami istologici e tossicologici sulla salma di Camilla, per individuare con precisione le cause dell’arresto cardiaco che ha portato alla sua morte.

Senza segni di violenza

I primi accertamenti non hanno rivelato segni di violenza né fori da iniezione. Tra le ipotesi formulate, si sospetta che l’eroina potesse essere stata contaminata con benzodiazepine o fentanyl. Le indagini sono ancora in corso e restano in attesa dei risultati degli esami.

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