Cronaca
Ventenne sconvolto: la sua vita cambia in un lampo con una condanna di quattro anni
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# Condanna per violenza sessuale a Roma: il caso del Room 26
Il 12 gennaio ha segnato una data drammatica nella capitale italiana, precisamente a Roma, dove un episodio di violenza sessuale ha scosso profondamente la comunità. Presso il famoso locale Room 26, ubicato nel quartiere Eur, Filippo A., un giovane di vent’anni, è stato condannato a scontare quattro anni di carcere per il reato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di 23 anni. La pena inflitta è risultata superiore alla richiesta iniziale del pubblico ministero, che si era attestata su due anni e dieci mesi. La testimonianza dell’amico dell’imputato, Lorenzo R., ha aggiunto un ulteriore elemento di incredulità al caso, in quanto egli non riusciva a conciliare la condotta del suo amico con l’accusa.
L’aggressione all’interno del locale
La serata di divertimento era iniziata in modo innocuo per la vittima e la sua amica, che si erano recate al Room 26 per trascorrere una serata spensierata. Tuttavia, la situazione è rapidamente degenerata: «Appena entrata nella seconda sala, ho avvertito qualcuno che mi tirava su la gonna e che mi ha toccato in modo inappropriato», ha raccontato la giovane. Nonostante la shock e la paura iniziali, la vittima ha dimostrato grande coraggio, riuscendo a fermare l’aggressore, trascinandolo all’esterno del locale e riferendo l’accaduto al personale di sicurezza, che ha prontamente allertato le autorità.
In un lasso di tempo molto breve, si è consumato il crimine, approfittando del momento in cui Lorenzo si era allontanato per una pausa in bagno. Quando a serata conclusa quest’ultimo non trovò il suo amico, pensò inizialmente che fosse andato via con una ragazza. Solo il giorno successivo, una telefonata della madre di Filippo ha rivelato la gravità della situazione.
Dichiarazioni in aula e strategia difensiva
Lorenzo R. è stato chiamato a testimoniare al processo e ha espresso incredulità per quanto accaduto, affermando: «Non potevo crederci. È sempre stato la persona più rilassata e tranquilla che conoscessi. Né noi né le ragazze avevamo assunto sostanze stupefacenti». Ha inoltre chiarito che l’unico consumo di alcol era stato limitato a una bottiglia di vino durante la cena e a un drink che era incluso nel biglietto d’ingresso.
Il pubblico ministero Alessandro Picchi ha difeso con determinazione la bontà delle accuse, sottolineando il fatto che né la vittima né la sua amica conoscessero precedentemente l’imputato, escludendo quindi qualsiasi tentativo di false accuse. Al contrario, l’avvocato difensore Bruno Poggio ha cercato di evidenziare presunti punti deboli nelle dichiarazioni, tra cui il fatto che la vittima non si fosse costituita parte civile e non avesse urlato mentre allontanava l’aggressore.
La difesa ha tentato di far passare l’accaduto come un fraintendimento, suggerendo che la vittima fosse semplicemente coinvolta in un ballo vivace che avrebbe potuto essere interpretato in modo errato. Ulteriori discrepanze, come la questione degli abiti indossati dalla ragazza, hanno portato a ulteriori incertezze sulle circostanze.
Una sentenza severa
Nonostante i tentativi della difesa di smontare le accuse, i giudici hanno considerato le testimonianze della vittima credibili, culminando in una condanna che ha superato le aspettative. Oltre alla pena detentiva, il giovane imputato ha ricevuto anche l’interdizione perpetua da tutte le cariche pubbliche che comportano responsabilità in ambiti di tutela e amministrazione, unitamente a un’interdizione temporanea dai pubblici uffici. La sentenza ha suscitato un’ampia discussione, evidenziando la necessità di una maggiore attenzione sui temi della violenza di genere e della tutela delle vittime.
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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