Cronaca
Il terzo sospettato dell’omicidio di Molè arrestato mentre cenava in un ristorante.
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Era seduto al tavolo di un ristorante di Cerveteri giovedì sera in compagnia di una donna italiana del 1960, residente al Corviale, poi denunciata per favoreggiamento e arrestata per detenzione ai fini di spaccio giacché in casa la Squadra Mobile ha trovato 100 grammi di cocaina. Ma il protagonista è lui: Simone Di Matteo, classe 1981, accusato insieme a due complici – Manuel Severa e Marco Casamatta, coetanei, già arrestati lo scorso luglio – dell’omicidio di Cristiano Molè freddato lo scorso 15 gennaio al Corviale da una raffica di proiettili. Di Matteo era latitante di fatto dal primo luglio da quando cioè le forze dell’ordine in un doppio blitz arrestarono i suoi complici, lui riuscì a fuggire ma non è andato troppo lontano.
Le Indagini
Dietro all’omicidio di Molè, orchestrato e studiato a tavolino con tanto di appostamenti nei giorni e nei mesi precedenti al delitto, come pure le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci, hanno accertato, c’è il mancato riconoscimento che Severa, a capo di un gruppo criminale dedito ad attività illecite fra cui le estorsioni e lo spaccio, si è visto “riconoscere” dalla vittima. La quale “impunemente” verrebbe da dire seguendo un linguaggio caro a determinati ambienti, non solo gli aveva mancato di rispetto pubblicamente – anche solo sgridandolo fra i corridoi di Corviale quando Severa arrivò urlando a chiedere cocaina – ma anche picchiandolo. In questo si inseriscono una serie di episodi anche strettamente personali che legano pure la compagna della vittima al contesto e chiamano in causa anche Massimiliano Pacchiarotti, meglio conosciuto con il sopranome di “Polpetta” amico di lungo corso di Molè ma gambizzato per problemi personali a pochi mesi di distanza dal delitto. Pacchiarotti fu colpito alle gambe perché si era rifiutato di lavorare per il gruppo di Severa e pure aveva negato il pagamento di 20 mila euro. Cifra che i tre erano soliti chiedere e pretendere anche a suono di violenze sessuali da chi decideva di non lavorare per loro.
Molè fu ucciso da più di sedici colpi e anche grazie ad alcuni collaboratori è stato accertato come a ordine il suo omicidio fosse stato proprio Severa ma nella Fiat Panda chiara quella sera c’erano Marco Casamatta e Simone Di Matteo, seduto dietro, e portati sul luogo da un “autista” dopo pure giorni di appostamenti e agguati mancati.
L’Arresto e il Rifugio Anonimo
Di Matteo è stato arrestato dalla Mobile a Cerveteri ma aveva trascorso buona parte della sua latitanza in un appartamento di Santa Severa, trovato da un amico che non aveva informato il proprietario su chi effettivamente vi risiedeva. Un anonimo bilocale non distante dal mare dentro cui la polizia ha rinvenuto 11 mila euro in contanti e due pistole – un revolver calibro 357 magnum e una semiautomatica calibro 7,65 – oltre a un numero cospicuo di munizioni di vario calibro. Le armi, non hanno la matricola abrasa, ma sulle stesse sono in corso le verifiche della balistica. Un aspetto da non sottovalutare è come con l’indagine di Molè, da Corviale, si possa arrivare presto alla Magliana e alla gambizzazione di un meccanico, Walter Garofalo, avvenuta lo scorso marzo. In base alle indagini dietro quest’ultimo episodio ci sarebbe sempre il solito “trio”, entrato in azione sempre con una Fiat Panda (ma di colore nero) per far capire che i debiti – laddove siano stati contratti per droga – devono essere pagati.
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Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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