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Imprenditore vittima di usura: l’ultimo desiderio per il futuro del figlio prima del tragico gesto

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Imprenditore vittima di usura: l’ultimo desiderio per il futuro del figlio prima del tragico gesto

Il suo debito era lievitato fino a raggiungere il milione di euro. Ad uno degli usurai l’imprenditore rivelò di essere disperato e fece accenno al gesto disperato: si è poi suicidato nel febbraio del 2023.

Minacce e pressioni per un debito crescente

Aveva pregato il suo aguzzino di lasciar finire gli studi a suo figlio. Poi si è tolto la vita, dopo che per il suo debito di 147mila euro gli usurai gli avevano chiesto un milione. Aveva parlato all’usuraio dell’ipotesi di fare una "botta di matto", compiere un gesto estremo. Come poi è accaduto.  L’imprenditore ittico di Guidonia aveva contratto un debito con quattro persone, fra titolare e dipendenti di un’altra società del settore. Ma più passava il tempo e più la somma richiesta dal gruppo aumentava. Il gruppo lo aveva costretto a pagare 600mila euro, altrimenti, lo hanno minacciato, si sarebbero rivolti ad una cosca della Ndrangheta per avere ciò che spettava loro.

Minacce e pressioni anche ai familiari dell’imprenditore fino a quando ha deciso di togliersi la vita, nel 2023. Aveva 54 anni. Per quanto avvenuto sono state arrestate quattro persone (S.M. trentaseienne originario di Palmi in provincia di Reggio Calabria, F.V.M.P. sessantasettenne originario di Pizzo in provincia di Vibo Valentia, il quarantaquattrenne F.P. e il cinquantaseinne S.V.) gravemente indiziate a vario titolo di di estorsione con la circostanza aggravante del metodo mafioso e morte come conseguenza di altro delitto.

Il debito dell’imprenditore e la Ndrangheta

Gli accenni ad un gesto disperato, la richiesta allo stesso usuraio di lasciar finire gli studi al figlio ventenne: è quanto hanno appreso i carabinieri ascoltando la telefonata di uno degli indagati con un conoscente poco dopo il funerale dell’imprenditore, come riportato da Il Messaggero. Il cinquantaquattrenne lavorava come rappresentante ittico, aveva collaborato con la società dei quattro indagati.

Poi era stato licenziato per un ammanco di 147mila euro, alla fine del 2022. Il 22 dicembre di quell’anno, secondo quanto raccontato dall’imprenditore prima morire, uno dei quattro gli aveva detto che il debito era passato ad una cosca calabrese. L’imprenditore ha provato a chiedere proroghe ai quattro indagati, ben consapevoli che si trattava di usurai e che il debito sarebbe aumentato a dismisura. E così è stato. Da 147mila euro a 600mila, fino al milione.

La denuncia ai carabinieri

Disperato, l’imprenditore ha deciso di rivelare tutto ai carabinieri. Ha raccontato l’accaduto, il debito e il comportamento dei quattro indagati ai militari, compresi i riferimenti alle altre cosche calabresi, in particolar modo ai Morabito. Non ha tralasciato alcun dettaglio. Ha ricordato del 28 dicembre, quando è stato costretto a firmare, dopo essere stato perquisito, un documento sul presunto maxidebito. Lui inizialmente si era opposto. Avevano una pistola e un’accetta, avevano detto gli avrebbero tagliato una mano: ha continuato ad opporsi.

"Uccidetemi, ma io non firmo", avrebbe detto. Ma poi, quando hanno iniziato a minacciare anche la sua famiglia, l’atteggiamento è cambiato ed è stato costretto a firmare. Il cinquantaquattrenne ha perso il lavoro, teme per sé e per i suoi familiari. Il primo marzo del 2023 si è tolto la vita, sotto minaccia e sotto pressioni di cui non sapeva come liberarsi, come ha poi dichiarato l’ex moglie ascoltata dagli inquirenti.

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