Cronaca
“Infermiera al Gemelli rompe il silenzio: ‘Basta con le violenze, denuncerò ogni aggressione!'”
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«Le persone si lamentano delle lunghe attese negli ospedali, ma pochi comprendono realmente la situazione difficile che affrontiamo noi operatori sanitari durante il nostro lavoro in pronto soccorso, dove le aggressioni, le minacce e gli insulti sono all’ordine del giorno». Queste sono le parole di Chiara (nome di fantasia), l’infermiera che ha subito un’aggressione il 24 settembre scorso nel pronto soccorso del policlinico Gemelli.
L’episodio di aggressione
Cosa è successo in quel giorno fatidico?
«Ero all’inizio del mio turno notturno, e mi trovavo nella sala farmaci a preparare le terapie per i pazienti in attesa di ricovero. In quella stanza è vietato l’accesso a chi non è autorizzato, ma frequentemente i pazienti bussano o tentano di entrare. Quella è stata la seconda volta che ho subìto un’aggressione in quel contesto».
Il paziente che l’ha aggredita era già ricoverato?
«Sì, era giunto al pronto soccorso nel pomeriggio e già mostrava comportamenti problematici. Era agitato e i miei colleghi me ne avevano già parlato durante il passaggio di turno. Tre infermieri del turno pomeridiano erano stati minacciati e avevano ricevuto insulti, tanto da inviare una segnalazione interna».
Nonostante i precedenti problemi, la situazione è degenerata?
«Lui continuava a aprire la porta della sala dove io e un altro collega eravamo occupati a preparare i farmaci. Gli abbiamo chiesto di attendere. Quando sono uscita per chiamare due pazienti, si è alzato e ha iniziato a dirmi che voleva la sua terapia immediatamente. Ho scelto di non rispondere, consapevole del tipo di persona con cui avevo a che fare, dato che ero già stata aggredita in passato».
Cosa è avvenuto dopo?
«Si è avvicinato e mi ha minacciato dicendo “ora ti mostro io come si fa”. Mi ha spinto con il corpo e mi ha colpito sulla spalla, facendomi perdere l’equilibrio. Avevo le mani occupate, ma sono riuscita a rimanere in piedi».
È intervenuta?
«Noi operatori sanitari, per normativa, dobbiamo evitare qualsiasi reazione. Possiamo solo allontanarci e chiedere aiuto. Dopo aver recuperato l’equilibrio, sono andata a contattare i centralinisti che hanno chiamato il 112. I carabinieri sono giunti tempestivamente e hanno gestito la situazione con grande professionalità, rimanendo sul posto finché non hanno portato via l’aggressore».
Reazioni e conseguenze
L’uomo ha smesso di essere aggressivo con l’arrivo delle forze dell’ordine?
«Assolutamente no. Quando i carabinieri si sono avvicinati, non se lo aspettava. Ha cominciato a insultarmi e a minacciarmi di morte proprio davanti a loro».
Chiara ha specificato che le aggressioni non sono un evento raro
«La mia prima aggressione risale a circa cinque anni fa, poco prima della pandemia. Anche in quel caso è avvenuta nella sala farmaci, quando i familiari di un paziente sono entrati improvvisamente. Una donna mi afferrò per il collo da dietro, facendomi sentire soffocata. Riuscì a liberarmi e a chiamare aiuto, ma nessuno mi ascoltava. Un uomo intervenne e mi spinse, mentre la donna mi colpì sul labbro. Mi accusavano di aver somministrato una cura a un loro parente che, in realtà, non era affatto il mio paziente. Fortunatamente, un collega mi sentì urlare e venne in mio aiuto».
Ha presentato denuncia anche allora?
«Sì, ci fu un processo. L’uomo fu assolto mentre la donna venne condannata al risarcimento. Ma al di là delle conseguenze fisiche – che in questo caso furono minori, due giorni di prognosi rispetto ai dieci dell’aggressione precedente – c’è un danno morale che pesa. L’umiliazione è difficile da sopportare. Noi infermieri e dottori cerchiamo sempre di dare il massimo, spesso oltre le nostre forze, ma diventiamo eccessivamente facili bersagli. Molte persone sono ignoranti e pensano che se ci mettiamo troppo tempo è perché non lavoriamo sodo».
La situazione di aggressioni è sotto controllo?
«Ci troviamo a far fronte a situazioni simili continuamente, non si tratta solo di aggressioni fisiche. Insulti, minacce e comportamento violento sono all’ordine del giorno, spesso provenienti da pazienti e familiari che credono di poter ottenere ciò che vogliono attraverso la forza. È inaccettabile; oltre ad essere professionisti, siamo esseri umani. Non possiamo più tollerare queste umiliazioni. È fondamentale denunciare e richiedere rispetto, in particolare verso le donne, che sono le più colpite».
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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