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L’assistente sociale prende una posizione inattesa: il rifiuto che cambia tutto.

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L’assistente sociale prende una posizione inattesa: il rifiuto che cambia tutto.

La tragica morte di Gloria Pompili, avvenuta in un contesto di violenza domestica, ha sollevato un’ondata di indignazione e tristezza. La giovane madre è stata uccisa dalla zia e dal suo compagno perché si era rifiutata di continuare a prostituirsi. Di fronte all’orrore di questa situazione, l’assistente sociale che avrebbe dovuto proteggerla ha scelto di non intervenire, ignorando le denunce di chi assistette impotente alle sopraffazioni subite da Gloria.

La famiglia di Gloria Pompili e la sua situazione

La famiglia di Gloria non solo ha abbandonato la giovane a sé stessa, ma è stata complice della sua tragica fine. Seppur consapevoli della violenza a cui era sottoposta, i servizi sociali non hanno agito. Le testimonianze emerse durante il processo a carico dell’assistente sociale, S. N., rivelano un quadro inquietante: Gloria, madre di due bambini, viveva in un clima di terrore sotto il dominio della zia e del compagno. In particolare, la zia e il compagno esercitavano pressione su di lei, minacciando i suoi figli per costringerla a prostituirsi.

Un episodio scioccante è stato descritto da una vicina di casa, testimone di un terribile gesto. “Un giorno ho visto i bambini di Gloria in una cassetta, appesi a due metri e mezzo da terra. Ho subito allertato i servizi sociali, ma l’assistente sociale non ha preso sul serio la mia segnalazione”, ha raccontato la donna in aula. Questa indifferenza ha amplificato il senso di impotenza di chi cercava di aiutare Gloria e i suoi bambini, mentre la situazione continuava a peggiorare.

L’orrendo crimine e le sue conseguenze legali

La storia di Gloria è culminata in un epilogo terribile: è stata barbaramente uccisa dalla zia, Loide Del Prete, e dal compagno, Helesh Salem. La giovane, che aveva avuto i suoi figli in età molto giovane, si era trasferita a vivere dalla zia per darle una mano nella gestione della frutteria familiare. Tuttavia, questa scelta si è rivelata fatale, poiché la donna e il suo complice la costringevano ripetutamente a prostituirsi. Le violenze erano all’ordine del giorno: picchiava la giovane madre e la minacciava, usando come arma psicologica i suoi stessi figli.

La vita di Gloria è stata spezzata una notte all’interno di un contesto di violenza inaccettabile, quando la zia e il compagno l’hanno aggredita con un bastone, sfondandole un polmone. La giovane è morta poco dopo, davanti ai suoi bambini, lasciando un vuoto incolmabile nella vita di chi l’amava. I responsabili di questo atroce delitto sono stati condannati a vent’anni di carcere per omicidio volontario aggravato, ma rimane una domanda: quanto abbandono e indifferenza devono sopportare le vittime di violenza domestica prima che si possa ottenere giustizia?

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