Cronaca
Le perizie hanno portato alla morte di una persona che necessitava di cure quotidiane
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«Mio fratello è morto solo, tra le sofferenze. Quando l’ho visto l’ultima volta, pochi giorni prima di morire, parlava a fatica e aveva i polmoni pieni di acqua. Ho capito subito che la situazione era già compromessa». Luciana è appena rientrata dal funerale del fratello, Giuseppe Ruggieri, il 66enne detenuto nel carcere di Rebibbia deceduto lo scorso 13 ottobre.
Arresto e peggioramento delle condizioni di salute
Giuseppe Ruggieri è stato arrestato il 12 luglio in seguito all’aggressione verso la sua ex fidanzata e il nuovo compagno. Le condizioni di salute di Ruggieri sono apparse subito critiche al suo arrivo nell’istituto penitenziario. A causa di una gamba amputata e diverse patologie come la cirrosi epatica, la sua famiglia ha cercato senza successo di ottenere gli arresti domiciliari, sottolineando l’incompatibilità tra lo stato di salute di Giuseppe e il regime carcerario.
La battaglia per la vita
Luciana racconta l’odissea vissuta tra perizie, carcere e tribunale mentre il quadro clinico del fratello peggiorava. Nonostante il personale del carcere avesse segnalato la necessità di rapporti costanti con presidi sanitari, il tribunale ha tardato nella risposta. «Ad agosto, mio fratello era già detenuto da un mese e si aggravava sempre di più. Il nostro avvocato, Pietro Nicotera, ha tentato di accelerare i tempi ma la perizia del tribunale ha dichiarato la compatibilità di Giuseppe con il regime carcerario».
Ultimi giorni di vita
Luciana ha visto il fratello per l’ultima volta il 10 ottobre. Giuseppe era sdraiato, immobile e faceva fatica a parlare. Luciana racconta che i medici del carcere le avevano comunicato che Giuseppe aveva i polmoni pieni di acqua. Il decesso, avvenuto la domenica successiva, è stato causato da uno choc emorragico dovuto alla cirrosi epatica, secondo l’autopsia. «Questo lo accerteranno le indagini. Quello che so è che mio fratello è morto solo, lontano dalla sua famiglia, tra dolori lancinanti. Questa battaglia non è solo per Giuseppe ma per tutti quei detenuti che, malati come lui, sono abbandonati a loro stessi».
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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