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Medico non autorizzato accusato di truffare con diete i più vulnerabili

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Medico non autorizzato accusato di truffare con diete i più vulnerabili

Richiesta di condanna per Adriano Panzironi

Il pubblico ministero ha avanzato una richiesta di condanna a due anni e 8 mesi di reclusione per Adriano Panzironi, noto per aver ideato una dieta che denuncia la capacità di far ‘vivere 120 anni’. Panzironi è attualmente sotto inchiesta con l’accusa di esercizio abusivo della professione medica. La richiesta di condanna arriva anche per suo fratello, Roberto Panzironi, che rischia un anno e 4 mesi di reclusione per aver partecipato al presunto abuso in maniera ‘morale e materiale’. L’Ordine provinciale dei medici di Roma si è costituito parte offesa nel procedimento.

La requisitoria del pm

Durante la requisitoria, il pubblico ministero ha sottolineato come Panzironi abbia presentato il suo regime alimentare come alternativa medica, una pratica che egli, non essendo medico, non avrebbe mai potuto portare avanti. La dieta promossa da Panzironi prevede l’eliminazione di carboidrati e l’assunzione di integratori venduti da lui stesso, raccomandazioni che sono secondo l’accusa simili a prescrizioni mediche.

Le indagini e la difesa

Le indagini rivelano che Panzironi avrebbe eseguito consigli nutrizionali attraverso il suo canale televisivo Life 120 Channel e tramite comunicazioni private. Nonostante una denuncia già presentata nel 2018 dall’Ordine dei Medici del Lazio, il caso era stato inizialmente archiviato per mancanza di prove di raggiro nella vendita dei prodotti. Il volume del suo libro, ‘Vivere 120 anni – Le verità che nessuno vuole raccontarti’, continua a propagare il suo controverso regime alimentare.

Con le prossime udienze, avrà luogo la difesa di Adriano Panzironi da parte degli avvocati Giorgio Perroni e Bruno Andò. La sentenza di primo grado è attesa per l’inizio del prossimo anno.

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Inizia il processo per l’avvocato accusato di aver rubato mezzo milione di euro a Paolo Calissano

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Inizia il processo per l’avvocato accusato di aver rubato mezzo milione di euro a Paolo Calissano

È iniziato il processo relativo alla morte di Paolo Calissano, l’attore genovese deceduto a Roma il 29 dicembre 2021. A essere imputato è l’avvocato Matteo Minna, storico amministratore di sostegno di Calissano, accusato di peculato, circonvenzione di incapace e falso. L’accusa sostiene che Minna abbia sottratto alla vittima circa mezzo milione di euro approfittando della sua vulnerabilità. Il fratello di Calissano, Roberto, ha sporto denuncia dopo aver notato anomalie nei conti e nei bonifici dell’attore.

Il ruolo dell’avvocato Minna

Il fratello di Paolo Calissano ha descritto la situazione come un “duplice dolore, perché ci fidavamo di lui”. Minna e Calissano si conoscevano da tredici anni, durante i quali l’avvocato ha gestito le finanze dell’attore. Dall’inizio del procedimento, Minna si trova agli arresti domiciliari e sono emerse circa 143 operazioni irregolari effettuate nell’arco di tredici anni. Nell’ultimo periodo della sua vita, Paolo Calissano era in uno stato di fragilità, afflitto da depressione e debiti.

Altre presunte vittime e sequestro di beni

Oltre a Calissano, Minna sarebbe accusato di aver ingannato altre persone, sottraendo denaro in modo “spregiudicato”. Per queste motivazioni, è stato disposto un sequestro di beni per un valore di 800mila euro nei suoi confronti.

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

La Procura della Repubblica di Roma ha avviato una perizia sugli smartphone di Camilla Sanvoisin e del fidanzato Giacomo Celluprica, nella speranza di ottenere informazioni rilevanti sui messaggi scambiati, per ricostruire le ultime ore di vita della giovane, trovata morta nella sua abitazione il mattino di venerdì 13 febbraio. Gli esiti della perizia sono attesi entro un mese, mentre l’indagine prosegue per stabilire le cause della morte, che è attualmente considerata come conseguenza di un altro reato.

Dettagli sulla sera della morte

Il fidanzato di Camilla ha riferito agli inquirenti che entrambi avrebbero assunto eroina la sera prima del tragico evento. Ha raccontato di essersi addormentato dopo aver consumato la sostanza e di essersi svegliato senza rendersi conto che Camilla non respirava più, portandolo a contattare i soccorsi. Nella loro abitazione è stato trovato del metadone.

Testimonianze e sviluppi delle indagini

La proprietaria del consorzio in cui viveva la coppia ha dichiarato che una collaboratrice domestica avrebbe notato che Camilla stava male già nel pomeriggio, prima dell’assunzione della sostanza. Inoltre, grazie ai tabulati telefonici, è stato rintracciato un presunto spacciatore che avrebbe venduto droga al fidanzato, risiedente a Tor Bella Monaca. Le indagini continueranno con gli esami istologici e tossicologici sulla salma di Camilla, per individuare con precisione le cause dell’arresto cardiaco che ha portato alla sua morte.

Senza segni di violenza

I primi accertamenti non hanno rivelato segni di violenza né fori da iniezione. Tra le ipotesi formulate, si sospetta che l’eroina potesse essere stata contaminata con benzodiazepine o fentanyl. Le indagini sono ancora in corso e restano in attesa dei risultati degli esami.

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