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“Se potessi aiuterei Pietro. Ma non so e non posso di più. Lasciatemi in pace”, queste le parole di Francesca Immacolata Chaouqui sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.

Francesca Immacolata Chaouqui e il caso Orlandi

Francesca Immacolata Chaouqui a sinistra ed Emanuela Orlandi a destra.

“Non ho nulla da aggiungere sulla vicenda di Emanuela Orlandi – è quanto scrive in una nota affidata ai social Francesca Immacolata Chaouqui – Lasciatemi in pace se potete. Ne ho diritto anche io”. Questa la risposta arrivata dall’avvocata dopo che il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, le ha chiesto pubblicamente di fare chiarezza sul contenuto della misteriosa cassa che lei stessa avrebbe lasciato all’interno della basilica di Santa Maria Maggiore.

Dopo le chat fra lei e monsignor Lucio Vallejo Balda pubblicate lo scorso maggio, in cui l’avvocata suggeriva al religioso di “fare sparire tutte le cose su Emanuela Orlandi” per “non distruggere il Vaticano”, Chaouqui è tornata alla ribalta per l’intervento di monsignor Miserachs in commissione d’inchiesta. “Ho parlato sia con lei che con Pietro Orlandi: mi hanno chiesto se potevo reperire questa cassa che lei stessa avrebbe consegnato ad un cardinale”. Ma dopo oltre 13 anni dall’ingresso nell’ambiente vaticano, la risposta di Chaouqui è chiara: “Se potessi fare qualsiasi cosa per Pietro e il suo dolore lo farei ma non so altro che questo e quello che so è stato smentito: oggi è considerato oggetto di manipolazione”.

La cassa misteriosa

Della cassa misteriosa citata da Francesca Immacolata Chaouqui non si sa niente, se non quanto ha raccontato lei stessa. E c’è anche chi mette in discussione la stessa esistenza dell’oggetto. A chiedersi quale sia la verità, primo fra tutti, Pietro Orlandi che, proprio nella speranza di ricevere ulteriori informazioni da parte di Chaouqui, ha chiesto che le venga revocato il segreto pontificio legato al lavoro che l’avvocata ha svolto in Cosea, ente vaticano, a partire dal 2013.

“Chaouqui disse che si trattava di una cassa di legno, più piccola di un metro, che lei e monsignor Vallejo Balda chiamavano la cassa dei prosciutti”, ha spiegato Pietro. Nessun riferimento, invece, al contenuto.

La risposta di Chaouqui: “Non so e non posso altro”

Mentre molti si chiedono quali altre informazioni possa custodire Francesca Immacolata Chaouqui, lei ha messo le mani avanti, pubblicando sui social una nota in cui dice di non avere niente da aggiungere sulla vicenda di Emanuela Orlandi: “E Pietro Orlandi, che sento spesso, lo sa bene. Gliel’ho detto e ripetuto da anni”.

Poi ripercorre quanto accaduto in questi anni: “Durante Cosea monsignor Balda dichiarò delle cose, inscenò un furto di documenti da una cassaforte. Ma anni dopo la tomba che sosteneva di aver aperto, fu aperta e niente vi fu trovato”, ha ricordato. Fino alla misteriosa cassa: “Parlai della cassa che avevo visto e fu cercata ovunque durante Vatileaks e mai trovata. Su Londra il Vaticano si è espresso, Balda interrogato ha negato tutto. Io non so altro e non posso altro”.

Monsignor Misarachs e la cassa nascosta

Il mistero della cassa è tornato alla ribalta dopo l’audizione di monsignor Miserachs davanti alla commissione bicamerale d’inchiesta. Il religioso, maestro di canto corale della scuola di musica Tommaso Ludovico da Victoria, è stato uno degli ultimi a vedere Emanuela Orlandi il giorno della scomparsa. “Confermo di essere stato chiamato a parlare in Vaticano da Benedetto XVI che voleva fare luce sulla questione: non so se siano state convocate altre persone. Io fui chiamato dal capo della Gendarmeria, c’era anche l’assessore della Segreteria di Stato e qualche altro gendarme”, ha dichiarato, prima di passare a parlare della cassa di legno.

“Sono venuti per chiedermi se potevo reperire la cassa. Chaouqui diceva di averla consegnata nelle mani del cardinale e che era stata portata nel sotterraneo dove c’è il cimitero dei canonici – ha ricordato – L’avrebbe personalmente deposta nel sotterraneo. Ma se c’è questa cassa, io non ho alcuna possibilità di accedere, la basilica è stata commissariata”, ha precisato.

L’ingresso di Chaouqui nelle vicenda Orlandi risale alla pubblicazione di alcune chat fra lei e il monsignor Angel Vallejo Balda in cui viene fatto riferimento esplicito alla ragazzina.

“A settembre dobbiamo far sparire quella cosa della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al Papa… Ora che torniamo si lavora all’archivio. E basta giornali e follie varie. Quella roba della Orlandi deve sparire e tu devi farti gli affari tuoi”, si legge fra i messaggi. Frasi che, secondo molti, sono state scritte per messaggio soltanto dopo essere entrati a conoscenza di più dati rispetto a quelli disponibili oggi.

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Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

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Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

RiderSottoAttacco Un rider di Roma derubato per la seconda volta in sole 24 ore – scopri i dettagli di questa inquietante escalation di crimini urbani!

Immaginate di essere in sella alla vostra moto, consegnando cibo per le strade affollate, quando improvvisamente vi ritrovate senza telefono, soldi e mezzo di trasporto: è esattamente ciò che è accaduto a un rider nella capitale, in un doppio episodio che sta facendo discutere e che solleva interrogativi sulla sicurezza dei lavoratori in prima linea. Secondo quanto emerso, il primo furto ha colpito il rider mentre era impegnato in una consegna, con i ladri che hanno agito rapidamente per sottrargli beni essenziali, lasciando lui e i suoi colleghi in allerta.

La sequenza degli eventi

Gli incidenti si sono verificati in rapida successione, con il secondo furto che ha ripreso lo stesso modus operandi: ladri che approfittano della vulnerabilità dei rider durante il lavoro. Fonti locali riportano che il rider, già scosso dal primo episodio, è stato preso di mira di nuovo, alimentando paure diffuse tra chi opera nelle consegne a domicilio.

Le implicazioni per la sicurezza

Questa serie di furti non è solo un caso isolato, ma un segnale preoccupante per la comunità dei rider, che ogni giorno affronta rischi per le strade. Esperti del settore stanno monitorando la situazione, chiedendosi se misure più stringenti possano prevenire simili episodi in futuro – e tu, cosa ne pensi di questa onda di crimini?

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Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

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Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

Come è triste questa vita fatta di immagine, apparenza e superficialità.

I tempi cambiano, ma forse in peggio. La morte di Papa Francesco è l’emblema più lampante di come nemmeno la fede cristiana sia riuscita ad arginare lo strapotere dei social.

Rubare i fiori da piazza San Pietro come souvenir il giorno della annuncio della morte del sommo pontefice, prendersi la copia dell’osservatore Romano e rivenderla online a 500 euro e infine farsi i selfie davanti la salma di Papa Francesco, sono un segno inequivocabile che adesso tutto va condiviso e annunciato sui social network.

Alla fine anche lucrare sulle disgrazie altrui, per prendere qualche like in più, non è poi così male, soprattutto se questo serve per far salire il cima all’algoritmo il proprio profilo social.

Nella società dell’iperdemocrazia mascherata, dove il politicamente corretto è l’undicesimo comandamento e nessuno può mettere più dei paletti alla moralità altrui, la cultura, la moralità e la dignità umana si trovano in forte difficoltà.

Alla ricerca di una guida politica e spirituale che non sia quella dei social e del profitto a tutti i costi, non ci resta che lottare affinché la. vita umana non diventi una passarella dove vince chi prende più like.

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