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Pietro e l’insistenza sulla pista inglese: le ragioni dietro la scelta

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Pietro e l’insistenza sulla pista inglese: le ragioni dietro la scelta

Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Secondo alcuni documenti, Vittorio Baioni nell’estate del 1983 si sarebbe trovato in carcere: “Non poteva essere il carceriere di Emanuela Orlandi, la pista inglese non regge”. Ma Pietro Orlandi non la pensa così ed è ancora convinto che la pista inglese possa essere quella giusta. Ecco perché.

Si era presentato come Vittorio Baioni, ex Nar amico di Cristiano Fioravanti, il carceriere di Emanuela Orlandi che si è occupato di lei durante il suo soggiorno a Londra secondo la pista che vede il rapimento e il trasferimento dell’adolescente in Inghilterra. A rivelarlo, a fine settembre scorso, il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi. Però, nel giugno del 1983 si sarebbe trovato in carcere, detenuto nella Casa Circondariale de L’Aquila. Questo dettaglio rischia davvero di far cadere la pista di Londra?

Caso Orlandi, Vittorio Baioni in carcere nell’estate del 1983

Ad affermare la presenza di Vittorio Baioni in carcere in Abruzzo nel 1983, alcuni documenti risalenti all’agosto del 1983 pubblicati dal settimanale Giallo. Secondo quanto riportato dalla rivista, quei fascicoli negherebbero il ruolo di carceriere a Londra di Baioni. Il Documento del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, infatti, riporta l’elenco nominativo degli estremisti di destra: fra i nominativi anche quello di Vittorio Bajoni (scritto, però, con la lettera j nel cognome). Un errore o un tentativo, l’ennesimo in questi oltre quaranta anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, di depistaggio?

Emanuela Orlandi, la pista di Londra e il misterioso aereo dei servizi segreti

Pietro Orlandi: "Mi ha detto di essere Vittorio Baioni"

"Si è presentato come Baioni, scritto con la i, non Bajoni", precisa Pietro Orlandi rispondendo sui social. "Poi, come ho sempre detto, questo è il nome con cui si è presentato a me: non so se fosse realmente lui o una persona che si spacciava per lui – aggiunge – Certo che se non fosse lui, era comunque una persona che conosceva molto bene l’ambiente frequentato da Baioni e i suoi amici".

Emanuela Orlandi che indossa una delle collanine in plastica e l'ostello dei frati Scalabriniani dove avrebbe alloggiato.

Il volo del Ministero della Difesa verso Londra

Il volo a cui fa riferimento Pietro Orlandi è quello che avrebbe dato il via alla cosiddetta pista di Londra, che avrebbe trasportato Emanuela in Inghilterra. Ad ordinare il volo, gestito dai servizi segreti, sarebbe stato il ministro della Difesa dell’epoca, Spadolini. "La testimonianza mi è arrivata da parte di una persona che all’epoca lavorava al ministero della Difesa, nella segreteria particolare di Spadolini: mi ha detto che Emanuela è partita da Roma nell’estate del 1983 a bordo di un aereo – ha spiegato – Mi ha raccontato che ad agosto si è presentato il cardinal Piovanelli e che per conto del Vaticano ha chiesto un volo Cai, volo dei servizi segreti, da Roma a Londra, con partenza notturna nell’agosto ’83 dall’aeroporto di Ciampino. A bordo quattro persone, due uomini e due donne, con soltanto pilota e copilota".

Sabrina Minardi.

Le piste sulla scomparsa di Emanuela Orlandi

Ancora tante le piste battute da inquirenti e commissione bicamerale d’inchiesta. Mentre c’è chi continua ad indagare sulla pista che conduce ai familiari di Emanuela Orlandi, con l’appoggio del senatore Maurizio Gasparri da una parte e chi, invece, continua a trattare il caso di scomparsa strettamente connesso a quello di Mirella Gregori, c’è chi prova a mettere insieme i pezzi sulla pista inglese.

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