Cronaca
Sequestrati beni del valore di 900mila euro nell’ambito dell’operazione “Diventiamo miliardari”.
Siamo persone serie, qui non viene fregato nessuno. Abbiamo un’attività su strada e ci conoscono a Roma per il servizio dello criptovalute». Questo era il “biglietto da visita” di Fabio Fusaroli, il 61enne finito in carcere insieme ai suoi sodali Fabio Testa (34 anni) e Fabrizio Falcone (46 anni). I tre romani sono accusati dalla Procura capitolina di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata a commettere «una serie indeterminata di delitti di natura tributaria e di riciclaggio, attraverso – si legge nel capo di imputazione – la creazione di società di comodo, il reclutamento di prestanome, la gestione in comune di conti correnti bancari e conti aperti presso gestori di portafogli virtuali per investimenti in criptovalute».
L’Organizzazione e i Ruoli
Contestati anche, a seconda delle posizioni, i reati di abusivismo finanziario e autoriciclaggio. Il gip Angelo Giannetti ha disposto nei confronti degli indagati il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un totale di oltre 900 mila euro. Ognuno dei tre aveva un ruolo nell’organizzazione, che aveva la sua base operativa in via Attilio Hortis (zona Prenestina): Fusaroli metteva a disposizione la sua iscrizione presso l’Organismo di agenti e mediatori relativa alla gestione dei portafogli digitali; Testa offriva le proprie competenze informatiche e tecniche; Falcone la sua esperienza imprenditoriale per reclutare prestanome e soggetti giuridici disponibili all’emissione di fatture false (come l’Asd Women Roma Calcio a 5). Testa infatti scrive in chat a Fusaroli: «Ci siamo inventati una professione… è venuta l’idea delle criptovalute. Ho dedicato tutte le mie forze e risorse a questo business. Per me sei sempre stato come un padre».
I Clienti Cinesi
I clienti di Fusaroli «disponevano di ingenti quantitativi di denaro contante da riciclare – si legge nell’ordinanza di arresto – anche utilizzando wallet digitali». Tra loro c’erano diversi cinesi. «Io lavoro con parecchi altri cinesi, te l’avevo già comunicato – spiegava appunto il 61enne in un’intercettazione caripita dalla Guardia di Finanza – Molti stanno a via dell’Omo, ne conosco parecchi, sempre per questo motivo, perché loro vengono… Abbastanza… poi ormai c’è fiducia, quindi, io vado prendo i soldi e faccio…». Fusaroli spiegava ai suoi clienti che maggiore fosse stato l’importo del denaro versato presso gli Atm della Bitcoinstoreroma srl di via Attilio Hortis e più avrebbero potuto ricevere percentuali di guadagno dall’operazione, con la raccomandazione di non «versare o prelevare somme superiori alle soglie antiriciclaggio per evitare di essere segnalati dagli operatori delle valute virtuali».
Il Caso di Li Jianwu
Le indagini, svolte dal nucleo di Polizia economico-finanziaria di Roma, hanno permesso di scoprire che tra i suoi clienti c’era anche Li Jianwu (alias Franco Lee), l’influencer cinese che nella sua home page si definiva «Bancomobile disponibile 24 ore su 24» e dal 2021 allo scorso giugno (quando è stato arrestato) sui suoi portafogli digitali sono transitati circa 8,8 milioni di dollari, incassando commissioni fra il 5 e il 10%. «Risultava titolare di un wallet sul quale aveva ricevuto da Fusaroli circa 750.000 euro, oltre a numerosi altri depositi», spiega il gip. Il sospetto è che usasse il 61enne romano per “ripulire” somme in contanti che riceveva da altre persone. Il 13 maggio 2022 Li Jianwu aveva inviato a Fusaroli il seguente messaggio: «Mio amico Fabrizio è un miliardario… Deve cambiare qualche milione. Vi faccio pure conoscere, ma l’importante è: non mi taglia fuori».
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