Cronaca
93enne si toglie la vita ai domiciliari nella rsa lanciandosi dal balcone

Otello De Castris, un novantatreenne di Colleferro, è morto, dopo aver ucciso la moglie Luisa Trombetta, il 26 novembre scorso a Terracina. L’uomo si è suicidato presso la Rsa “Villa Luana” a Poli, dove si trovava agli arresti domiciliari, concessi per motivi di età e salute, dopo un fermo per omicidio volontario aggravato. Al momento del suo arresto, De Castris era stato trasferito presso la casa circondariale di Latina. Sabato scorso, i carabinieri della compagnia di Subiaco sono intervenuti nella struttura dopo una segnalazione d’emergenza da parte di due sanitari.
LA RICOSTRUZIONE
Le indagini preliminari hanno rivelato che l’anziano, dopo aver scavalcato un muro dal balcone della sua stanza al secondo piano, è caduto nel balcone sottostante, da un’altezza di quasi 4 metri. I tentativi di rianimazione da parte del personale della casa di cura non hanno avuto successo: De Castris è deceduto poco dopo per le gravi ferite riportate. Non vi erano testimoni, tra i pazienti e i sanitari, al momento dell’incidente. La salma è stata affidata ai familiari come disposto dall’autorità giudiziaria.
L’omicidio della moglie si era consumato all’alba del 26 novembre, in una seconda casa nella zona di Terracina, dove la coppia stava trascorrendo un breve soggiorno. Dopo l’atto, De Castris contattò la figlia per riferirle l’accaduto. All’arrivo dei militari, trovarono il corpo della donna nella camera da letto, con graffi evidenti sul collo, che fecero pensare a un soffocamento. L’anziano si trovava ancora nella stanza, in uno stato confusionale. Inizialmente, De Castris venne portato nel carcere di Velletri, ma la sua posizione fu subito valutata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina.
Il magistrato, riconoscendo l’età avanzata e le precarie condizioni di salute di De Castris, accolse la richiesta di una misura cautelare “meno afflittiva”, concedendogli gli arresti domiciliari presso la Rsa. Gli investigatori hanno accertato che l’anziano ha soffocato la moglie con un cuscino prima di tentare di strangolarla, ciò che ha provocato i segni sul collo della vittima. Non si esclude, tuttavia, che tali segni possano essere stati il risultato di un tentativo di difesa da parte della donna.
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Cronaca
Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

Kevin Bonifazi, difensore classe ’96 oggi al Sassuolo, ha raccontato a Repubblica la sua gavetta dal quartiere popolare di Roma Est al calcio professionistico, tra sacrifici e una carriera frenata da infortuni. #Calcio #StorieDiSport #Sassuolo #Roma
La scoperta del calcio vero
«Alla Tor Tre Teste ho capito cos’è davvero il calcio». Kevin Bonifazi, difensore classe ’96, oggi al Sassuolo, è cresciuto tra i campi del Lazio. Oltre 170 presenze tra i professionisti, di cui 125 in Serie A. Ma prima di Torino, Spal, Udinese, Bologna, c’è stata Roma Est.
Quando ha iniziato a giocare?
«Da bambino, nel mio paese: Toffia, in provincia di Rieti. A dieci anni mio padre portò me e mio fratello al Tor di Quinto, poi passammo alla Tor Tre Teste. Lavorava su Roma e voleva che giocassimo in una società strutturata. Mio fratello era molto più bravo di me. Io ero normale, diciamo».
Perché anche tu?
«Mio padre chiese di prendere anche me, perché era troppo complicato gestirci in due posti diversi. Il presidente di allora scherzando disse: “Lascialo qua, è grosso, vediamo che sa fare”. Mi misero nella seconda squadra».
E com’è andata?
«All’inizio giocavo poco, a volte nemmeno mi convocavano. Ma l’anno dopo sono arrivato migliorato fisicamente e tecnicamente. In poco tempo sono diventato il capitano».
È stato il momento più bello?
«Più o meno. Giocammo la finale Giovanissimi Nazionali, vincendola 3-0. Ma fu annullata perché facemmo un cambio in più. Le lacrime si sono sprecate».
Poi il passaggio al Siena
«La Tor Tre Teste aveva un accordo che ogni anno prevedeva una prelazione su cinque giocatori. Io ero tra quelli. Ricordo il primo allenamento: eravamo timidi, ma in campo dominammo. Ci presero tutti e cinque».
Quanto ha inciso la Tor Tre Teste in quel salto?
«Tantissimo. Quando sono arrivato a Siena ho capito quanto mi avessero preparato bene. È una società dilettantistica ma lavora come un club professionistico. Ti formano, ti abitua a ritmi, disciplina, cura tecnica. Vai in un club pro e sei già pronto».
Il ricordo più bello?
«Fu una sgridata. Di ritorno da una trasferta, sul pullman intonammo un coro in previsione dell’arrivo all’Autogrill. Un dirigente ci zittì: “Se vi azzardate a prendere qualcosa senza pagare vi mandiamo via e vi denunciamo”. Eravamo ragazzi svegli, ma ci tenevano in riga. La società era molto attenta al comportamento».
Rieti-Roma tutti i giorni, difficile?
«Sì, ma non ci pesava. Io e mio fratello uscivamo di casa alle 8 con la borsa di scuola e quella del calcio. Un chilometro e mezzo a piedi fino alla stazione, 45 minuti di treno, 25 di metro, poi la navetta della società da Ponte Mammolo. Quattro volte a settimana. Tornavamo a casa alle otto di sera. Oggi non lo rifarei mai».
Oggi il Sassuolo, come va?
«Negli ultimi due anni ho subito tre operazioni allo stesso ginocchio e questo ha frenato la mia carriera. Ho scelto di ripartire da una categoria inferiore, ma in una società che lavora da Serie A in tutto. Ieri siamo stati promossi ma mi auguro di vincere il mandato. A livello personale questo per me è un nuovo inizio».
Cronaca
Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

In un mondo dove il calcio giovanile sembra più una vetrina per trofei che una fucina di talenti, il presidente D’Adamo ribalta la prospettiva: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca". Ecco la rivoluzione silenziosa del calcio giovanile. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo
Un Modello Sostenibile
Un modello sostenibile fondato sul mercato e non sui trofei. Il presidente D’Adamo: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca"
La Rivoluzione del Calcio Giovanile
In un’epoca dove il calcio giovanile è spesso ridotto a una corsa sfrenata per accumulare trofei, il presidente D’Adamo propone una visione alternativa. "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca" Ecco una rivoluzione che potrebbe cambiare il volto del calcio giovanile italiano, puntando sulla crescita dei giovani piuttosto che sulla collezione di medaglie. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo
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