Cronaca
Benedizione dei Bambinelli a San Pietro per il presepe di Natale della domenica

La benedizione dei Bambinelli è uno degli eventi pre-natalizi più attesi dai romani, una tradizione che si ripete annualmente in vista delle festività. Quest’anno, dopo che Papa Francesco avrebbe dovuto officiarla domenica scorsa, l’evento è stato posticipato a causa del suo viaggio ad Ajaccio, in Corsica. La benedizione avrà luogo il 22 dicembre in Piazza San Pietro, subito dopo la preghiera dell’Angelus. “Tanti bambini arriveranno con la statuetta del Bambino Gesù e, al momento della benedizione, tante manine si alzeranno per mostrare il proprio Bambinello”, ha specificato una fonte ufficiale.
La tradizione, aperta a tutti, accoglie famiglie e bambini che potranno ricevere la benedizione dal Papa, il quale dal suo studio si rivolgerà ai presenti con un pensiero d’affetto.
Predicazione della tradizione del presepe
Ieri mattina, durante l’udienza generale, Papa Francesco ha invitato i fedeli ad allestire il presepe nelle loro case, accanto all’albero di Natale. “Questo elemento importante della nostra spiritualità e della nostra cultura è un modo suggestivo per ricordare Gesù che è venuto ‘ad abitare in mezzo a noi'”, ha detto il Pontefice.
Domenica prossima, prima della benedizione papale, si svolgerà un momento di festa e preghiera aperto a tutti, intitolato “Un cuore di Luce”. Il programma prevede l’accoglienza dei partecipanti alle 9, seguita da un momento di animazione. Successivamente, in basilica sarà celebrata una messa dal cardinale Mauro Gambetti. I gruppi si dirigeranno nuovamente in piazza per partecipare all’Angelus e ricevere la benedizione delle statuine.
Storia della benedizione
La tradizione della benedizione dei Bambinelli è iniziata nel 1969, quando Paolo VI impartì per la prima volta la solenne benedizione il 21 dicembre. Negli anni, questa prassi si è diffusa anche oltre confine. Cinque anni fa, Papa Francesco ha dedicato una lettera apostolica, intitolata “Admirabile Signum”, alla natività, in cui afferma che “il presepe parla alla nostra vita”, esprimendo l’idea che “racconta dell’amore di Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano”.
L’evento continua a rappresentare un momento di spiritualità e unità, richiamando l’attenzione sulla solidità delle tradizioni natalizie e sul significato profondo del Natale.
Cronaca
Volevo fare la bella vita: in giro con un cane e aria da puttanella timida

In una tranquilla periferia di Roma, una nonnina di 60 anni con un barboncino al guinzaglio è stata arrestata per spaccio di droga. S. S. nascondeva in casa quasi 700 grammi di crack e cocaina, vivendo con un reddito di inclusione di 500 euro al mese. #NonnaSpacciatrice #RedditoDiInclusione #Roma
L’abbigliamento sobrio da signora un po’ attempata e quell’aria timida con lo sguardo sempre basso, quando portava a spasso il suo barboncino, non sono bastati a fermare i poliziotti. S. S. di 60 anni, è finita in manette con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti. La donna, insospettabile, nascondeva in casa quasi 700 grammi di droga, tra crack e cocaina. Ufficialmente viveva solo grazie al reddito di inclusione: 500 euro al mese che evidentemente non bastavano a farle sbarcare il lunario. Gli agenti del commissariato Flaminio Nuovo non sarebbero mai arrivati a lei se non ci fosse stata un’indicazione precisa nel corso di un’indagine su un traffico di stupefacenti in zona La Rustica, periferia Est della Capitale. La sessantenne, incensurata, "teneva la retta" per conto di qualche spacciatore della zona. In altre parole custodiva la droga, che di volta in volta veniva prelevata dai venditori al dettaglio, già divisa in dosi per rifornire i consumatori in strada. Per fare questo percepiva uno "stipendio" mensile di mille euro. Quando gli agenti hanno bussato alla sua porta, in un appartamento popolare tra via Naide e via Pescomaggiore, la signora è crollata immediatamente. Ha indicato loro dove era nascosta la droga: 425 grammi di cocaina e 230 grammi di crack, oltre a 2.000 euro in contanti.
Boss della coca di Roma detenuto
Boss della coca di Roma detenuto, così Alessio Capogna percepiva il reddito Inps. Nei guai anche la moglie: ricevuti 35mila euro.
Lo stupefacente era già sistemato negli involucri, pronto per la vendita in dettaglio. Stando a quello che la sessantenne ha spiegato, non poteva né sapeva come maneggiare coca e crack, né era autorizzata a toccare il denaro ritrovato in casa. Quei soldi erano frutto della vendita che gli spacciatori di strada le facevano tenere nell’appartamento per non girare con troppi contanti in caso di controlli della polizia. Ad accollarsi tutti i rischi era la lei. «Lo sapevo che prima o poi sarebbe andata a finire così. Ma con 500 euro al mese non ce la facevo a cambiare vita. E a 60 anni trovare un lavoro non è mica semplice». La signora, che vive sola con il suo cane, mesi fa ha accettato la proposta di un uomo del quale non ha voluto fare il nome. Ha lasciato intendere che la galera era preferibile a una confessione completa. Come già si è visto in altre occasioni, la criminalità ha offerto il suo scellerato modello di welfare a una persona in difficoltà: mille euro al mese per aiutare qualche sodalizio locale a mandare avanti i suoi affari illeciti, in cambio del silenzio se si finisce in carcere. Il contesto non è di quelli facili: la zona, spiegano gli investigatori, è oramai diventata una piazza di spaccio con un discreto numero di acquirenti e "sorvegliata" dalle solite vedette. C’è da scommettere che chi ha chiesto alla signora di tenere la retta non avrà difficoltà a trovare un rimpiazzo. Intanto per S. S. si sono aperte le porte della sezione femminile di Rebibbia, dopo la convalida dell’arresto. La donna non aveva nessuno, a parte il suo cagnolino e un fratello, al quale ha affidato l’animale.
Cronaca
Tor Bella Monaca, tour nella piazza di spaccio principale in Italia: lo speciale sulle attività illecite

Da via Giovanni Battista Scozza a via Giacinto Camassei, ecco il viaggio nel cuore della "Wall Street" della droga di Roma. Dieci piazze principali e sei secondarie, tutte sotto il controllo di Leandro Bennato e Giuseppe Molisso. #Roma #Droga #Narcotraffico
Da via Giovanni Battista Scozza a via Giacinto Camassei. Tre chilometri netti, il tragitto che separa la prima piazza di spaccio dall’ultimo supermercato della droga di Tor Bella Monaca. Un viaggio che in auto non dura nemmeno sei minuti. Eppure, è proprio qui, in questo rettilineo criminale, che si intrecciano le rotte di quello che è il cuore pulsante dell’economia della droga in Italia. Fumo, crack, cocaina, eroina. Roma, con le sue due tonnellate di cocaina che vengono sniffate ogni mese, ha la sua Wall Street del narcotraffico. Dieci piazze di spaccio principali e sei secondarie, una dietro l’altra, ognuna con i propri padroni, con la propria organizzazione, i propri capi e soldati. E tutte, da 10 anni, sotto lo stesso mercato: Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, uno che “risolve i problemi… uno pericoloso che ti spara in faccia” [questa frase tra virgolette è una citazione diretta che sottolinea la pericolosità del personaggio], nato sotto la cupola del boss Michele Senese e indagato con lui per l’omicidio del principale concorrente nel mondo della droga: Fabrizio “Diabolik” Piscitelli [il soprannome "Diabolik" aggiunge un tocco di drammaticità e riconoscibilità al personaggio].
Il tragitto criminale
Il percorso tra via Giovanni Battista Scozza e via Giacinto Camassei non è solo un tragitto fisico, ma rappresenta l’arteria principale di un impero del narcotraffico ben strutturato. Questo viaggio di pochi minuti in auto è il simbolo del controllo che Bennato e Molisso hanno esercitato per un decennio su una delle zone più calde della capitale per la vendita di stupefacenti.
Il mercato della droga
Le piazze di spaccio di Tor Bella Monaca non sono solo luoghi di scambio, ma veri e propri centri di potere criminale. Ogni piazza ha la sua gerarchia, le sue regole, e i suoi "soldati" che garantiscono la continuità del business. La presenza di dieci piazze principali e sei secondarie dimostra l’estensione e l’organizzazione di questo mercato, che non conosce crisi e continua a prosperare nonostante gli sforzi delle forze dell’ordine.
I protagonisti
Leandro Bennato e Giuseppe Molisso sono figure chiave in questo scenario. La citazione “risolve i problemi… uno pericoloso che ti spara in faccia” [questa frase tra virgolette è una citazione diretta che enfatizza la violenza e il potere di Molisso] descrive perfettamente la loro reputazione. Molisso, in particolare, è cresciuto sotto l’ala del boss Michele Senese, e insieme sono stati coinvolti nell’omicidio del noto Fabrizio “Diabolik” Piscitelli [il soprannome "Diabolik" è usato per rendere il personaggio riconoscibile e aumentare l’impatto della notizia], eliminato per sgombrare il campo dalla concorrenza nel lucroso mercato della droga.
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