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Cronaca

Chiesto il massimo della pena per il killer della riunione di condominio nella strage di Fidene: ergastolo per Campiti.

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Chiesto il massimo della pena per il killer della riunione di condominio nella strage di Fidene: ergastolo per Campiti.

Ergastolo con isolamento diurno di due anni e sei mesi. Per Claudio Campiti, imputato per l’omicidio di quattro donne e il tentato omicidio di cinque persone, durante la riunione condominiale nel gazebo di via Monte Giberto a Fidene l’11 dicembre 2022, la procura ha chiesto il massimo della pena. Quattro anni e un mese è invece la condanna sollecitata dai pm per Bruno Ardovini, l’allora presidente della sezione Tiro a segno nazionale di Roma, mentre per Giovanni Maturo, allora addetto all’armeria del poligono da cui Campiti aveva preso l’arma portandola via indisturbato, i pm hanno chiesto due anni. Campiti risponde di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, di tentato omicidio di altri cinque inquilini, che erano seduti al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti. Per il presidente della sezione Tsn di Roma e il dipendente del poligono di tiro di Tor di Quinto, l’accusa, è invece, di omissioni sul controllo e sulla vigilanza sulle armi.

La Requisitoria

Nel corso della requisitoria i pm Giovanni Musarò e Alessandro Lia hanno ricostruito come, in quella drammatica domenica, l’imputato abbia colpito alla cieca ma sia arrivato con l’intento di uccidere. I legali dell’imputato avevano anche chiesto una perizia psichiatrica per il loro assistito, ma l’istanza era stata respinta dalla prima corte d’Assise. «Campiti si è vestito da combattente – hanno ricostruito i pm – è entrato in quel gazebo con l’intenzione di ammazzare, nell’arco di cinque secondi ha fatto fuoco sulle quattro vittime. Non appena messo piede nel gazebo, senza esitazione, ha esploso il primo colpo, poi si è reso conto di un problema di caricamento della pistola, ha subito scarrellato ricaricando il proiettile ed ha ripreso a sparare. È a questo punto – hanno detto i pm – che, quello che noi definiamo un eroe civile, Silvio Paganini, ha colto un istante in cui Campiti si era girato e si è buttato su di lui. Aveva con sé oltre 170 proiettili e avrebbe potuto fare una strage con un bilancio ancora più pesante».

Il Poligono

In riferimento a quanto accaduto prima degli omicidi, ossia la sottrazione dell’arma all’armeria del poligono, l’accusa ha sottolineato: «Quanto accaduto non era imprevedibile, eventi analoghi si erano già verificati senza che fossero prese precauzioni». E ancora: «C’è un’area di demanio, dove ha sede il più grande tiro a segno nazionale, con oltre 8 mila soci. In quel luogo vigeva una specie di far west, con totale assenza di cautele. Come è possibile che Campiti sia uscito dal poligono con la pistola e sia andato via indisturbato, senza passare mai per la linea di tiro? Innanzitutto per lo stato dei luoghi: l’armeria dista 247 metri dalla linea di tiro e si deve necessariamente passare dal parcheggio, nel percorso si costeggiano il bar e i bagni, una zona di fatto pubblica, il bar era sostanzialmente aperto a tutti e non c’era alcun tipo di controllo nel parcheggio. Campiti non ha approfittato di un momento di distrazione di qualcuno ma di un regolamento interno al poligono che veniva applicato in quel modo da 30 anni – ha evidenziato il pm – Anche dopo l’omicidio di Marta Russo, nel 1997, venne il dubbio che forse la pistola fosse stata prelevata dal Tiro a segno nazionale e furono compiute verifiche perché l’arma era una calibro 22, molto utilizzata in ambito sportivo».

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Prime dieci sospensioni effettuate

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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.

Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.

I DANNI

Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.

LA RIAPERTURA

In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.

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Cronaca

Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda

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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.

LA SEQUENZA

La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.

SOTTO LA LENTE

Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.

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