Cronaca
Minacce inquietanti e violenza imminente

«Da oggi vivrai in un inferno, farò il panico finché vivrete e ti sgozzo come una capra». Daniele B., un romano di 24 anni, è accusato di aver minacciato più volte sua madre Elisabetta (nome di fantasia) con pesanti insulti e vessazioni psicologiche se lei non gli avesse dato il denaro – che lui le chiedeva in continuazione – per comprarsi alcol e droga. Le stesse sostanze che ormai lo avevano reso ingestibile e incapace di relazionarsi in maniera amorevole con la sua famiglia, alla quale si rivolgeva soltanto nel momento del bisogno. Per questo motivo, la donna è stata costretta a compiere un gesto che una madre non avrebbe mai immaginato di fare: denunciarlo per maltrattamenti familiari reiterati nel tempo ed estorsione, entrambi commessi in stato di ubriachezza costante. E, davanti a questa vicenda allarmante, il sostituto procuratore Maria Perna ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imputato, che ha chiesto – tramite il suo legale di fiducia Linda Auciello – di essere processato con il rito abbreviato davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma.
La vicenda
L’incubo della 61enne sarebbe iniziato più di un anno fa nel suo appartamento, situato nel quartiere Portuense – dove il giovane abita con il padre, ed è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari – per poi concludersi nel giugno scorso con la denuncia alle forze dell’ordine. «Ormai non vivevo più, ero talmente terrorizzata da Daniele che ad un certo punto sono stata costretta a trasferirmi in un bed and breakfast pur di allontanarmi da lui e ritrovare un po’ di serenità. Ero arrivata al punto di chiamare gli agenti un giorno sì e l’altro no», ha riferito Elisabetta sconvolta. Infatti, il 24enne non solo l’avrebbe tempestata di messaggi e telefonate «dal contenuto ingiurioso» quando non era in casa, ma l’avrebbe addirittura «svegliata di notte per chiederle soldi o altro» si legge nel capo di imputazione. Fino all’ultimo episodio, risalente all’11 giugno scorso, in cui la donna ha deciso di prendere in mano la situazione. Durante una delle tante liti innescate dalla rabbia esplosiva del ragazzo, quest’ultimo «in preda ad una crisi d’ira, danneggiava la porta di casa e minacciava la madre dicendole “mongoloide, magari muori, mo vado a casa e ti do fuoco a tutto. Torna, altrimenti ti butto giù la porta”», si apprende dagli atti della Procura.
I precedenti
Eppure, Elisabetta e suo marito non sono gli unici ai quali le dipendenze del figlio hanno tolto il sonno. Lo scorso 4 dicembre, Nicolò Piscitelli, figlio di Andrea e nipote del più noto Fabrizio (detto Diabolik), è finito nel carcere di Regina Coeli con l’accusa di maltrattamenti nei confronti della madre, “colpevole” – a suo dire – di non aiutarlo economicamente. Due giorni prima dell’arresto, l’aveva aggredita insultandola, minacciandola e lanciandole addosso degli oggetti che è riuscita a schivare. «Oggi faccio una strage, ti prendo a martellate, scanno tutti». La donna, spaventata e agitata, con la paura di essere colpita, era riuscita a fuggire mentre il figlio si scagliava fisicamente contro uno dei suoi cani. Poi, quando la polizia aveva informato Piscitelli che la madre aveva sporto contro di lui formale denuncia, aveva sfogato la sua ulteriore rabbia così: «Che spendesse tutti i soldi in medicine, sta p…..».
Cronaca
Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

Kevin Bonifazi, difensore classe ’96 oggi al Sassuolo, ha raccontato a Repubblica la sua gavetta dal quartiere popolare di Roma Est al calcio professionistico, tra sacrifici e una carriera frenata da infortuni. #Calcio #StorieDiSport #Sassuolo #Roma
La scoperta del calcio vero
«Alla Tor Tre Teste ho capito cos’è davvero il calcio». Kevin Bonifazi, difensore classe ’96, oggi al Sassuolo, è cresciuto tra i campi del Lazio. Oltre 170 presenze tra i professionisti, di cui 125 in Serie A. Ma prima di Torino, Spal, Udinese, Bologna, c’è stata Roma Est.
Quando ha iniziato a giocare?
«Da bambino, nel mio paese: Toffia, in provincia di Rieti. A dieci anni mio padre portò me e mio fratello al Tor di Quinto, poi passammo alla Tor Tre Teste. Lavorava su Roma e voleva che giocassimo in una società strutturata. Mio fratello era molto più bravo di me. Io ero normale, diciamo».
Perché anche tu?
«Mio padre chiese di prendere anche me, perché era troppo complicato gestirci in due posti diversi. Il presidente di allora scherzando disse: “Lascialo qua, è grosso, vediamo che sa fare”. Mi misero nella seconda squadra».
E com’è andata?
«All’inizio giocavo poco, a volte nemmeno mi convocavano. Ma l’anno dopo sono arrivato migliorato fisicamente e tecnicamente. In poco tempo sono diventato il capitano».
È stato il momento più bello?
«Più o meno. Giocammo la finale Giovanissimi Nazionali, vincendola 3-0. Ma fu annullata perché facemmo un cambio in più. Le lacrime si sono sprecate».
Poi il passaggio al Siena
«La Tor Tre Teste aveva un accordo che ogni anno prevedeva una prelazione su cinque giocatori. Io ero tra quelli. Ricordo il primo allenamento: eravamo timidi, ma in campo dominammo. Ci presero tutti e cinque».
Quanto ha inciso la Tor Tre Teste in quel salto?
«Tantissimo. Quando sono arrivato a Siena ho capito quanto mi avessero preparato bene. È una società dilettantistica ma lavora come un club professionistico. Ti formano, ti abitua a ritmi, disciplina, cura tecnica. Vai in un club pro e sei già pronto».
Il ricordo più bello?
«Fu una sgridata. Di ritorno da una trasferta, sul pullman intonammo un coro in previsione dell’arrivo all’Autogrill. Un dirigente ci zittì: “Se vi azzardate a prendere qualcosa senza pagare vi mandiamo via e vi denunciamo”. Eravamo ragazzi svegli, ma ci tenevano in riga. La società era molto attenta al comportamento».
Rieti-Roma tutti i giorni, difficile?
«Sì, ma non ci pesava. Io e mio fratello uscivamo di casa alle 8 con la borsa di scuola e quella del calcio. Un chilometro e mezzo a piedi fino alla stazione, 45 minuti di treno, 25 di metro, poi la navetta della società da Ponte Mammolo. Quattro volte a settimana. Tornavamo a casa alle otto di sera. Oggi non lo rifarei mai».
Oggi il Sassuolo, come va?
«Negli ultimi due anni ho subito tre operazioni allo stesso ginocchio e questo ha frenato la mia carriera. Ho scelto di ripartire da una categoria inferiore, ma in una società che lavora da Serie A in tutto. Ieri siamo stati promossi ma mi auguro di vincere il mandato. A livello personale questo per me è un nuovo inizio».
Cronaca
Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

In un mondo dove il calcio giovanile sembra più una vetrina per trofei che una fucina di talenti, il presidente D’Adamo ribalta la prospettiva: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca". Ecco la rivoluzione silenziosa del calcio giovanile. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo
Un Modello Sostenibile
Un modello sostenibile fondato sul mercato e non sui trofei. Il presidente D’Adamo: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca"
La Rivoluzione del Calcio Giovanile
In un’epoca dove il calcio giovanile è spesso ridotto a una corsa sfrenata per accumulare trofei, il presidente D’Adamo propone una visione alternativa. "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca" Ecco una rivoluzione che potrebbe cambiare il volto del calcio giovanile italiano, puntando sulla crescita dei giovani piuttosto che sulla collezione di medaglie. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo
-
Cronaca5 giorni fa
Nettuno, rissa nel parcheggio: uomo attaccato con un tubo. Denunciato ex vicesindaco Di Magno
-
Attualità3 giorni fa
Roma, “Le agitate” all’Off Off Theatre: storie di donne internate nel manicomio di Roma, uno spettacolo che scuote le coscienze sulla sanità mentale femminile
-
Cronaca3 giorni fa
“Cerco ragazze per una serata tranquilla”: i post di Mark Samson prima e dopo aver ucciso una donna
-
Cronaca3 giorni fa
Cliente denuncia agenzia matrimoniale: presentato un solo uomo, e anche brutto