Cronaca
Tac effettuata, sto bene: come è successo? Le ipotesi
«Ci siamo spaventati come è normale che sia ma ora, dopo i controlli e gli esami, ci sentiamo più sicuri. Speriamo che negli anni a venire non sorgano problemi». Ha lo sguardo sereno e fiducioso il figlio dell’operaio di 59 anni contaminato dal plutonio nel centro di ricerca Casaccia, gestito dalla Sogin ma di proprietà dell’Enea a Osteria Nuova, in provincia di Roma. È sabato mattina e la “tempesta” sembra ormai passata. «Papà sta rientrando da Varese dove ieri (venerdì ndr) si è sottoposto a un esame “total body” per verificare se tutto sia a posto e l’esito è stato buono, non c’è nulla che ci fa preoccupare anche a livello torace». Il ragazzo, due occhi verdi splendenti uguali a quelli della madre, ricorda quanto accaduto il 21 novembre scorso quando il papà era a lavoro. «È impiegato nel centro da ormai vent’anni e si è sempre occupato di smaltimento di rifiuti nucleari, mai prima d’ora c’erano stati problemi». Anche lui lavora al centro di ricerca ma in un altro settore. «L’azienda è molto seria non è mai accaduto nulla in vent’anni».
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La dinamica dell’incidente
Quel giovedì il padre con altri colleghi era in turno «sulla dinamica esatta aspettiamo le verifiche, di sicuro – prosegue il giovane – non c’è stato un guasto perché papà se ne sarebbe accorto e la contaminazione è avvenuta a livello di mucose come se dunque avesse inalato il plutonio, pensiamo magari a un filtro della maschera oppure alla possibilità che togliendosi il casco con i guanti possa essersi contaminato. Subito dopo come avviene sempre è stato sottoposto alla verifica ed è risultato contaminato quindi sono partiti gli esami già nel centro medico dello stabilimento poi il sabato è stato trattenuto un giorno al policlinico Gemelli dove gli hanno fatto una serie di procedure anche drenanti per far espellere la quantità assorbita e infine ieri (venerdì ndr) è andato a Varese per quella “total body” che fortunatamente ha dato esito negativo».
Il 59enne operaio specializzato del centro di ricerca di Casaccia lavora nello stabilimento da quando il figlio era neonato. «È molto attento e attaccato al suo lavoro – prosegue il figlio – non ha mai avuto problemi, solo una volta si è ferito alla mano ma anche in quell’occasione non ha mai mollato, pur in malattia andava ogni giorno anche per stare con i colleghi». La paura certo è stata tanta «non lo possiamo negare – prosegue il giovane – ma mi permetta anche di dire che si è creato un caso per un episodio gestito al meglio». E suo padre come sta? «È in forma, si è preoccupato come è ragionevole ma è capace anche di analizzare oggettivamente quanto accaduto e di valutarlo per il peso che ha, ci ha detto “state tranquilli”. Sa qual è il suo soprannome?». No, ce lo vuole dire? «I colleghi lo chiamano “toro” un po’ per la fisicità che mio padre ha, un po’ per il carattere e la tempra, non si è mai fatto scoraggiare da nulla e men che meno ora dove pur di fronte a un legittimo spavento le sue condizioni sono buone e non gravi».
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