Cronaca
Attacco subito da un gruppo di dieci persone, la mia paura di uscire di casa
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«Ho paura, non esco più di casa e non so se riuscirò a lavorare ancora. Il timore è di incontrare ancora quei ragazzi e di essere aggredito». Così si è espresso Stephano Quinto, 26enne peruviano, vittima di un’aggressione omofoba insieme al compagno Matteo la notte di Capodanno nel quartiere Prenestino. La coppia, mentre tornava a casa, è stata notata da un gruppo di ragazzi affacciati a un balcone, che hanno iniziato a insultarli. Nonostante la coppia avesse ignorato le provocazioni, l’aggressione è avvenuta in due fasi, culminando in violenza fisica.
La dinamica dell’aggressione
Stephano racconta che durante la loro uscita, un primo gruppo di ragazzi ha iniziato a lanciare insulti. «Non abbiamo replicato, li abbiamo ignorati», spiega. Dopo una cena con amici, la situazione è degenerata mentre la coppia stava tornando a casa. «Quando siamo arrivati sotto il balcone il gruppetto era ancora lì. Io e Matteo ci stavamo tenendo per mano: gli insulti sono diventati ancora più pesanti». In quel momento, uno dei ragazzi ha minacciato: “Adesso scendo e vi meno”. Nonostante il tentativo di Matteo di placare la situazione, i ragazzi lo hanno aggredito.
Le conseguenze dell’aggressione
Dopo essersi ritrovati accerchiati, Stephano e Matteo hanno subito un violento pestaggio. «Erano in quattro… il mio compagno ha cercato di difendermi ma il gruppo è aumentato ancora». Dopo aver minacciato di chiamare le forze dell’ordine, i giovani si sono spaventati e sono fuggiti. I due sono stati trasportati in ospedale, dove a Stephano sono stati diagnosticati 25 giorni di prognosi.
L’impatto sulla vita quotidiana
«Male, molto male. Non sono mai uscito di casa dalla notte dell’aggressione», ha commentato Stephano. La paura di rivedere gli aggressori blocca il suo ritorno alla vita normale, mentre afferma di perdere il controllo sulla propria esistenza. Le indagini da parte dei carabinieri sono in corso per individuare gli aggressori, con Stephano che spera di ricevere giustizia, ma il trauma subito rimane profondo e persistente.
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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