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Cronaca

Marco Vannini, l’ex fidanzata Martina Ciontoli esce di cella dopo 3 anni per lavorare

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Marco Vannini, l’ex fidanzata Martina Ciontoli esce di cella dopo 3 anni per lavorare

Martina Ciontoli, ex fidanzata di Marco Vannini, ha ottenuto la possibilità di lavorare all’esterno del carcere di Rebibbia, dove ha scontato un terzo della sua pena. Il magistrato di sorveglianza ha accolto la richiesta, permettendo alla giovane di lasciare la cella per lavorare nel bar interno della Scuola superiore per l’Educazione penale “Piersanti Mattarella”. A breve compirà trent’anni e questa è la sua prima esperienza di reinserimento sociale.

IL TURNO

Martina può recarsi al lavoro ogni giorno feriale, dal lunedì al venerdì, dalle 7:30 alle 14:30, per un turno di sette ore. Questa opportunità è stata concessa grazie alla sua condotta esemplare durante la detenzione. I giudici hanno stabilito che nella notte del 17 maggio 2015, in cui Marco Vannini fu gravemente ferito, Martina, insieme al resto della sua famiglia, avrebbe potuto intervenire per evitare la tragedia. La Cassazione ha confermato nel 2021 la condanna del padre di Martina, Antonio Ciontoli, a 14 anni di reclusione per omicidio con dolo eventuale, assieme a condanne per gli altri membri della famiglia.

LE RAGIONI

Nel frattempo, la villa in cui avvenne l’omicidio è stata messa all’asta, con l’intento di destinare il ricavato alla famiglia della vittima. Il difensore di Martina, l’avvocato Andrea Miroli, ha sottolineato l’affidabilità e il desiderio di reinserimento sociale della ragazza, che ha anche conseguito una laurea in Scienze Infermieristiche con il massimo dei voti. Miroli ha evidenziato come Martina stia dimostrando “un eccezionale sforzo in questi anni per costruirsi un percorso di reinserimento sociale”.

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Prime dieci sospensioni effettuate

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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.

Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.

I DANNI

Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.

LA RIAPERTURA

In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.

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Cronaca

Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda

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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.

LA SEQUENZA

La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.

SOTTO LA LENTE

Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.

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