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Intervento per un tumore alla mascella che non ha permesso la crescita della mia fiducia nella figlia, esprime la sua furia.

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Intervento per un tumore alla mascella che non ha permesso la crescita della mia fiducia nella figlia, esprime la sua furia.

Un grave errore diagnostico ha colpito Fabrizio (nome di fantasia, ndr), portandolo a subire un intervento chirurgico e chemioterapia per un tumore che in realtà non aveva mai. Il referto è stato confuso con quello di un’altra persona realmente malata, causando una serie di conseguenze drammatiche per la sua salute e per la sua famiglia.

La scoperta dell’errore

Fabrizio si è sottoposto a un intervento all’ospedale Umberto I, dove, dopo il trattamento, si è accorto che non vi era traccia di cancro. Insospettito, ha fatto analizzare il suo DNA presso un laboratorio dell’Università Cattolica di Roma, scoprendo così lo scambio di campioni: “Con la diagnosi ci è caduto il mondo addosso… Non pensavo fosse possibile un errore di questo genere”, ha dichiarato.

Conseguenze e reazioni

La diagnosi errata ha portato a un periodo difficile per Fabrizio e la sua famiglia. “Mia moglie non dormiva più ed io avevo paura di non veder crescere mia figlia”, ha raccontato. La scoperta dell’errore inizialmente lo ha sollevato, ma la rabbia è emersa presto: “È stata rovinata la serenità della mia famiglia”. I danni fisici, dovuti all’operazione, sono stati gravi: “Ora ha mezzo volto paralizzato”, ha spiegato il suo avvocato, Giacomo Gaudenzi.

La lotta per la riabilitazione

Fabrizio sta affrontando una dura battaglia per recuperare la funzionalità del volto. “La paresi non accenna a risolversi… Sono in attesa di un nuovo intervento chirurgico ricostruttivo che mi spaventa molto”, ha affermato. Nonostante le difficoltà, Fabrizio si sente fortunato grazie al supporto delle persone a lui care e desidera tornare alla normalità, mentre cerca di far luce su quanto accaduto.

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

La Procura della Repubblica di Roma ha avviato una perizia sugli smartphone di Camilla Sanvoisin e del fidanzato Giacomo Celluprica, nella speranza di ottenere informazioni rilevanti sui messaggi scambiati, per ricostruire le ultime ore di vita della giovane, trovata morta nella sua abitazione il mattino di venerdì 13 febbraio. Gli esiti della perizia sono attesi entro un mese, mentre l’indagine prosegue per stabilire le cause della morte, che è attualmente considerata come conseguenza di un altro reato.

Dettagli sulla sera della morte

Il fidanzato di Camilla ha riferito agli inquirenti che entrambi avrebbero assunto eroina la sera prima del tragico evento. Ha raccontato di essersi addormentato dopo aver consumato la sostanza e di essersi svegliato senza rendersi conto che Camilla non respirava più, portandolo a contattare i soccorsi. Nella loro abitazione è stato trovato del metadone.

Testimonianze e sviluppi delle indagini

La proprietaria del consorzio in cui viveva la coppia ha dichiarato che una collaboratrice domestica avrebbe notato che Camilla stava male già nel pomeriggio, prima dell’assunzione della sostanza. Inoltre, grazie ai tabulati telefonici, è stato rintracciato un presunto spacciatore che avrebbe venduto droga al fidanzato, risiedente a Tor Bella Monaca. Le indagini continueranno con gli esami istologici e tossicologici sulla salma di Camilla, per individuare con precisione le cause dell’arresto cardiaco che ha portato alla sua morte.

Senza segni di violenza

I primi accertamenti non hanno rivelato segni di violenza né fori da iniezione. Tra le ipotesi formulate, si sospetta che l’eroina potesse essere stata contaminata con benzodiazepine o fentanyl. Le indagini sono ancora in corso e restano in attesa dei risultati degli esami.

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Minacciata di morte dalla moglie: “Ti do ai miei amici e ti faccio prostituire”

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Minacciata di morte dalla moglie: “Ti do ai miei amici e ti faccio prostituire”

Un uomo di 47 anni è stato condannato a tre anni e tre mesi di carcere dal Tribunale di Roma per maltrattamenti e stalking nei confronti della moglie. L’uomo è stato ritenuto responsabile di una serie di violenze fisiche e psicologiche, minacce di morte e comportamenti ossessivi.

Tra le azioni più gravi, l’imputato minacciava la donna dicendole: “Ti do gratis ai miei amici, che ti fanno prostituire”. La vittima, come riportato dal Corriere della Sera, ha subito una spirale di violenze che includevano aggressioni fisiche, umiliazioni e pedinamenti. Numerosi episodi di violenza sono stati documentati in sede processuale.

Minacce di morte e aggressioni

L’imputato, accusando la moglie di tradimenti, l’ha minacciata con frasi come: “Se mi lasci ti ammazzo”. Le aggressioni comprendevano pugni e schiaffi, oltre a tentativi di controllo sulla sua vita, come il clonare il telefonino della donna. La situazione é degenerata quando lui stesso ha contattato i carabinieri, affermando: “Venite, altrimenti ammazzo mia moglie o la faccio ammazzare da qualcun altro”. L’intervento delle forze dell’ordine, seguito dalla denuncia della vittima, ha avviato le indagini che hanno portato al processo e alla conseguente condanna dell’uomo.

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