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La testimonianza di Gisella Cadia su Trevignano paragonata a Lourdes nella persecuzione come Santa Bernadette

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La testimonianza di Gisella Cadia su Trevignano paragonata a Lourdes nella persecuzione come Santa Bernadette

Gisella Cardia, protagonista delle apparizioni della Madonna a Trevignano Romano, ha risposto alle indiscrezioni sui risultati degli esami della statuetta, affermando: “Perseguitata come Bernadette, Trevignano è Lourdes”. In un video pubblicato sul suo canale YouTube, Cardia ha affrontato le voci secondo cui il sangue trovato sulla statuetta corrisponderebbe al suo, sottolineando che gli esami sono ancora sotto segreto istruttorio. Il genetista forense Emiliano Giardina presenterà i risultati al Tribunale di Civitavecchia a marzo 2025.

Riferimenti a Lourdes e persecuzioni

Nel video, una voce narrante paragona le apparizioni di Trevignano a quelle di Lourdes, dove la Chiesa cattolica ha riconosciuto ufficialmente le apparizioni nel 1862. “Anche nel caso della Santa di Lourdes – spiega il video – sia la Chiesa che le autorità civili osteggiarono in tutti i modi il fenomeno delle apparizioni e qui la storia si ripete”. La Chiesa cattolica ha dichiarato, tramite un decreto del vescovo Marco Salvi, che su Trevignano “Non c’è nulla di soprannaturale”.

La narrazione prosegue sottolineando le somiglianze tra le persecuzioni subite da Bernadette Soubirous e quelle di Gisella Cardia. Entrambe sono state oggetto di critiche e sospetti, con accuse infondate e pressioni sociali. Cardia, come Bernadette, ha affrontato insulti e isolamento, tanto da ritirarsi in casa a causa delle “persecuzioni” amplificate dai media.

Accuse e indagini

Cardia e suo marito, Gianni Cardia, sono attualmente indagati per truffa aggravata. Il video analizza anche le analogie tra i due casi, evidenziando come entrambe le donne siano state perseguitate e messe in discussione nella loro sanità mentale. È prevista a breve un’udienza in cui il perito presenterà i risultati delle analisi sul sangue presente sulla statuetta.

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

La Procura della Repubblica di Roma ha avviato una perizia sugli smartphone di Camilla Sanvoisin e del fidanzato Giacomo Celluprica, nella speranza di ottenere informazioni rilevanti sui messaggi scambiati, per ricostruire le ultime ore di vita della giovane, trovata morta nella sua abitazione il mattino di venerdì 13 febbraio. Gli esiti della perizia sono attesi entro un mese, mentre l’indagine prosegue per stabilire le cause della morte, che è attualmente considerata come conseguenza di un altro reato.

Dettagli sulla sera della morte

Il fidanzato di Camilla ha riferito agli inquirenti che entrambi avrebbero assunto eroina la sera prima del tragico evento. Ha raccontato di essersi addormentato dopo aver consumato la sostanza e di essersi svegliato senza rendersi conto che Camilla non respirava più, portandolo a contattare i soccorsi. Nella loro abitazione è stato trovato del metadone.

Testimonianze e sviluppi delle indagini

La proprietaria del consorzio in cui viveva la coppia ha dichiarato che una collaboratrice domestica avrebbe notato che Camilla stava male già nel pomeriggio, prima dell’assunzione della sostanza. Inoltre, grazie ai tabulati telefonici, è stato rintracciato un presunto spacciatore che avrebbe venduto droga al fidanzato, risiedente a Tor Bella Monaca. Le indagini continueranno con gli esami istologici e tossicologici sulla salma di Camilla, per individuare con precisione le cause dell’arresto cardiaco che ha portato alla sua morte.

Senza segni di violenza

I primi accertamenti non hanno rivelato segni di violenza né fori da iniezione. Tra le ipotesi formulate, si sospetta che l’eroina potesse essere stata contaminata con benzodiazepine o fentanyl. Le indagini sono ancora in corso e restano in attesa dei risultati degli esami.

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Minacciata di morte dalla moglie: “Ti do ai miei amici e ti faccio prostituire”

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Minacciata di morte dalla moglie: “Ti do ai miei amici e ti faccio prostituire”

Un uomo di 47 anni è stato condannato a tre anni e tre mesi di carcere dal Tribunale di Roma per maltrattamenti e stalking nei confronti della moglie. L’uomo è stato ritenuto responsabile di una serie di violenze fisiche e psicologiche, minacce di morte e comportamenti ossessivi.

Tra le azioni più gravi, l’imputato minacciava la donna dicendole: “Ti do gratis ai miei amici, che ti fanno prostituire”. La vittima, come riportato dal Corriere della Sera, ha subito una spirale di violenze che includevano aggressioni fisiche, umiliazioni e pedinamenti. Numerosi episodi di violenza sono stati documentati in sede processuale.

Minacce di morte e aggressioni

L’imputato, accusando la moglie di tradimenti, l’ha minacciata con frasi come: “Se mi lasci ti ammazzo”. Le aggressioni comprendevano pugni e schiaffi, oltre a tentativi di controllo sulla sua vita, come il clonare il telefonino della donna. La situazione é degenerata quando lui stesso ha contattato i carabinieri, affermando: “Venite, altrimenti ammazzo mia moglie o la faccio ammazzare da qualcun altro”. L’intervento delle forze dell’ordine, seguito dalla denuncia della vittima, ha avviato le indagini che hanno portato al processo e alla conseguente condanna dell’uomo.

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