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Lavinia è in stato vegetativo dopo un incidente all’asilo, la garante definisce inaccettabili i rinvii al processo.

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Lavinia è in stato vegetativo dopo un incidente all’asilo, la garante definisce inaccettabili i rinvii al processo.

La garante dei minori della Regione Lazio, Monica Sansoni, ha espresso forti critiche sui continui rinvii del processo relativo al caso di Lavinia Montebove, la bambina di otto anni che a sedici mesi è stata investita all’asilo nido. Sansoni ha definito “inaccettabili” tali ritardi, che continuano a complicare la situazione per la famiglia della piccola.

“Dopo 7 anni dal grave incidente avvenuto in un asilo nido di Velletri che la costringe a vivere in stato vegetativo, la piccola Lavinia Montebove sembra non trovare pace neppure per quel che riguarda i tempi del processo che hanno visto condannate in primo grado la maestra che doveva controllarla e la giovane donna che l’ha investita nel parcheggio”, ha dichiarato Sansoni. Il processo di secondo grado, iniziato a dicembre scorso in Corte d’Appello a Roma, ha subito rinvii a causa di un “difetto di notifica” nei confronti della principale imputata. “Errori nel reperire la maestra all’indirizzo da lei indicato hanno portato già a dicembre ad un rinvio dell’udienza”, ha aggiunto.

Sansoni ha sottolineato quanto questi ritardi aumentino la sofferenza per la famiglia, evidenziando la drammaticità della situazione di Lavinia. “In questa drammatica vicenda c’è una sola vittima e stiamo parlando di Lavinia Montebove”, ha affermato. La bambina è attualmente in stato vegetativo, tetraplegica e con gravi problemi neurovisivi. Dopo quasi un mese di terapia intensiva all’ospedale Bambino Gesù, la sua condizione resta critica.

Il processo coinvolge la maestra dell’asilo nido e la donna che ha investito Lavinia, ma ha subito numerosi stop e rinvii, alimentando la frustrazione della famiglia che da anni chiede giustizia.

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

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Perizia sui telefonini di Camilla Sanvoisin: la verità negli ultimi messaggi con il fidanzato riguardo alla sua morte

La Procura della Repubblica di Roma ha avviato una perizia sugli smartphone di Camilla Sanvoisin e del fidanzato Giacomo Celluprica, nella speranza di ottenere informazioni rilevanti sui messaggi scambiati, per ricostruire le ultime ore di vita della giovane, trovata morta nella sua abitazione il mattino di venerdì 13 febbraio. Gli esiti della perizia sono attesi entro un mese, mentre l’indagine prosegue per stabilire le cause della morte, che è attualmente considerata come conseguenza di un altro reato.

Dettagli sulla sera della morte

Il fidanzato di Camilla ha riferito agli inquirenti che entrambi avrebbero assunto eroina la sera prima del tragico evento. Ha raccontato di essersi addormentato dopo aver consumato la sostanza e di essersi svegliato senza rendersi conto che Camilla non respirava più, portandolo a contattare i soccorsi. Nella loro abitazione è stato trovato del metadone.

Testimonianze e sviluppi delle indagini

La proprietaria del consorzio in cui viveva la coppia ha dichiarato che una collaboratrice domestica avrebbe notato che Camilla stava male già nel pomeriggio, prima dell’assunzione della sostanza. Inoltre, grazie ai tabulati telefonici, è stato rintracciato un presunto spacciatore che avrebbe venduto droga al fidanzato, risiedente a Tor Bella Monaca. Le indagini continueranno con gli esami istologici e tossicologici sulla salma di Camilla, per individuare con precisione le cause dell’arresto cardiaco che ha portato alla sua morte.

Senza segni di violenza

I primi accertamenti non hanno rivelato segni di violenza né fori da iniezione. Tra le ipotesi formulate, si sospetta che l’eroina potesse essere stata contaminata con benzodiazepine o fentanyl. Le indagini sono ancora in corso e restano in attesa dei risultati degli esami.

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Minacciata di morte dalla moglie: “Ti do ai miei amici e ti faccio prostituire”

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Minacciata di morte dalla moglie: “Ti do ai miei amici e ti faccio prostituire”

Un uomo di 47 anni è stato condannato a tre anni e tre mesi di carcere dal Tribunale di Roma per maltrattamenti e stalking nei confronti della moglie. L’uomo è stato ritenuto responsabile di una serie di violenze fisiche e psicologiche, minacce di morte e comportamenti ossessivi.

Tra le azioni più gravi, l’imputato minacciava la donna dicendole: “Ti do gratis ai miei amici, che ti fanno prostituire”. La vittima, come riportato dal Corriere della Sera, ha subito una spirale di violenze che includevano aggressioni fisiche, umiliazioni e pedinamenti. Numerosi episodi di violenza sono stati documentati in sede processuale.

Minacce di morte e aggressioni

L’imputato, accusando la moglie di tradimenti, l’ha minacciata con frasi come: “Se mi lasci ti ammazzo”. Le aggressioni comprendevano pugni e schiaffi, oltre a tentativi di controllo sulla sua vita, come il clonare il telefonino della donna. La situazione é degenerata quando lui stesso ha contattato i carabinieri, affermando: “Venite, altrimenti ammazzo mia moglie o la faccio ammazzare da qualcun altro”. L’intervento delle forze dell’ordine, seguito dalla denuncia della vittima, ha avviato le indagini che hanno portato al processo e alla conseguente condanna dell’uomo.

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