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Omicidio Diabolik, richiesta di ergastolo per Calderon: “A Roma si è avuto un prima e un dopo quel delitto”

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Omicidio Diabolik, richiesta di ergastolo per Calderon: “A Roma si è avuto un prima e un dopo quel delitto”

I pm di Roma hanno richiesto l’ergastolo per Raul Esteban Calderon, accusato dell’omicidio di Fabrizio ‘Diabolik’ Piscitelli, avvenuto nel agosto 2019 al Parco degli Acquedotti. Il delitto è stato definito “una ‘sanzione’ che doveva essere compresa da tutti” e rappresenta un “spartiacque tra il prima e il dopo” secondo l’accusa.

Dettagli dell’Omicidio

Calderon, il cui vero nome è Gustavo Aleandro Musumeci, è imputato di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi. Gli inquirenti hanno messo in evidenza la professionalità del killer, che ha colpito Piscitelli in pieno giorno, senza paura della presenza di testimoni. Le prove contro di lui comprendono la testimonianza dell’ex compagna: “Mi disse ‘ho ammazzato Diabolik'”. Inoltre, le immagini di una telecamera di sorveglianza mostrano un sospetto identificabile, che presenta caratteristiche fisiche in linea con quelle di Calderon.

Motivazioni e Implicazioni

I pubblici ministeri hanno precisato che l’omicidio è stato realizzato “con metodo mafioso e con l’agevolazione di un gruppo criminale”. Hanno sottolineato l’importanza di Piscitelli nella dinamica criminale a Roma, descrivendolo come un leader carismatico, battezzato dai Senese, e affermando che la sua figura era temuta. Inoltre, è stato evidenziato come Piscitelli avesse un ruolo nel mantenimento della pace tra diverse consorterie mafiose.

Reazioni della Famiglia

Gli avvocati della famiglia Piscitelli hanno espresso soddisfazione per la ricostruzione fornita dalla procura. L’avvocato Tiziana Siano ha dichiarato: “La ricostruzione della procura è totalmente in linea con il nostro pensiero” e ha evidenziato la necessità del riconoscimento del metodo mafioso nel processo, sottolineando l’importanza di ottenere giustizia per la famiglia dopo anni di sofferenza.

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Marito e figlia di Luciana Fiocco vengono accompagnati in banca e scomparsa della donna: ricerche con cani e droni

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Marito e figlia di Luciana Fiocco vengono accompagnati in banca e scomparsa della donna: ricerche con cani e droni

Preoccupazione crescente per Luciana Fiocco, 50enne scomparsa da Amaseno, in provincia di Frosinone. Le ricerche, avviate dalle forze dell’ordine, sono in corso con l’ausilio di cani e droni per setacciare il territorio.

Luciana è scomparsa nella mattinata di lunedì 17 febbraio. Secondo le ricostruzioni, si trovava in auto con marito e figlia, che sono scesi in banca mentre lei attendeva fuori. Al loro ritorno, però, non l’hanno trovata e il suo telefono risultava spento.

I famigliari hanno sporto denuncia ai carabinieri, ma al momento le indagini proseguono per allontanamento volontario, senza che siano stati resi noti i motivi. È stato lanciato un appello dal Comune di Villa Santo Stefano tramite Facebook: “Chiunque abbia informazioni o l’abbia vista è pregato di contattare immediatamente le autorità competenti”.

L’identikit di Luciana Fiocco

Luciana Fiocco è di Villa Santo Stefano e, al momento della scomparsa, aveva capelli corti legati. Indossava pantaloni verde chiaro, un giubbotto nero e scarpe blu-grigie. Le zone di maggiore interesse per le ricerche sono Amaseno e Villa Santo Stefano, ma non si esclude che possa essersi spostata altrove, utilizzando mezzi pubblici. Chiunque abbia avvistamenti o informazioni su di lei è invitato a contattare le forze dell’ordine al Numero Unico delle Emergenze 112.

Ogni dettaglio può risultare prezioso per il suo ritrovamento.

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Colleghi al Gemelli vengono aggrediti da un medico: “Vi farò uccidere dalla ‘ndrangheta”

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Colleghi al Gemelli vengono aggrediti da un medico: “Vi farò uccidere dalla ‘ndrangheta”

È avvenuto un grave episodio di violenza al Policlinico Gemelli di Roma, dove un giovane medico di 32 anni ha minacciato e aggredito i colleghi. Il medico, proveniente da Messina, accompagnava un paziente in ambulanza per ricevere cure specialistiche.

La situazione è degenerata dopo un iniziale confronto con i colleghi sul trattamento del paziente. Insoddisfatto delle cure, il medico ha cominciato a proferire violenze verbali e minacce, fino a tentare di aggredire fisicamente i sanitari. In particolare, il 32enne ha vantato rapporti con i clan della ‘ndrangheta, minacciando di far uccidere i presenti. Mentre un medico e un infermiere si sono rinchiusi in una stanza per proteggersi, sul posto sono intervenute le forze dell’ordine.

Al momento dell’arrivo della polizia, il medico ha tentato di aggredire anche un agente, venendo infine arrestato. Durante il periodo di detenzione, ha continuato a comportarsi in modo aggressivo, insultando gli agenti e danneggiando gli uffici. Secondo quanto riportato, avrebbe detto: “Adesso sono fatti vostri. io sono di Lamezia Terme e conosco i boss della zona. Ora diverrete un loro bersaglio. Vi farò uccidere tutti”.

Di fronte al giudice, ha riconosciuto di aver “esagerato” e ha chiesto scusa, ma l’arresto è stato confermato. Il medico dovrà rispondere di diversi reati, tra cui resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.

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