Attualità
A Rebibbia la sanità di prossimità è immaginata dai cittadini, “Ci prendiamo cura di tutti”

Un microdistretto sanitario è al centro di una proposta avanzata da associazioni, cittadini e realtà sociali per i quartieri di Rebibbia, Ponte Mammolo e Casal dei Pazzi, in vista della riapertura di Villa Tiburtina. Questo progetto pilota mira a coinvolgere 25.000-30.000 persone, seguendo il modello già adottato in città come Trieste e Salerno. “A Maggio 2025 è fissata la ‘fine lavori’ per la ristrutturazione edilizia di Villa Tiburtina – spiegano gli attivisti – Crediamo sia arrivato il momento di allargare questo esperimento e renderlo un modello”.
La Riapertura di Villa Tiburtina
La proposta di creare un microdistretto sanitario parte dalla riapertura di Villa Tiburtina, una struttura finora abbandonata. L’iniziativa è frutto dell’impegno di associazioni e residenti, che dal 2021 hanno visto un supporto significativo dallo Sportello Sanitario Mammut, il quale ha assistito oltre 300 persone con difficoltà nell’accesso al Servizio sanitario nazionale. L’istituzione di una Casa di comunità rappresenterebbe un modo per alleggerire il peso sul Ssn e semplificare le procedure per i cittadini, che spesso rinunciano a curarsi a causa di lungaggini burocratiche.
Cambiamento Necessario
Le associazioni sottolineano la necessità di un “profondo cambiamento nell’approccio delle istituzioni (ASL, Distretti, Comuni e Municipi) nei confronti del territorio.” È fondamentale garantire servizi accessibili e umanizzati, superando rigidità burocratiche e promuovendo un dialogo continuo con la popolazione. Tuttavia, il dialogo con la Regione Lazio e le istituzioni locali è stato limitato, ostacolando l’avanzamento del progetto.
Richiesta di Collaborazione
Il documento riguardante il microdistretto è stato presentato in un’assemblea pubblica a Rebibbia, dove le associazioni hanno anche contattato il presidente della Asl Roma 2 Francesco Amato per richiedere un incontro. “Ci sono parecchi punti di domanda – spiegano gli attivisti – Vorremmo sapere quali servizi saranno attivati, in che tempi, e chi ci lavorerà visto che i fondi del PNRR finanziano solo le strutture.” Il progetto si propone di attuare la riforma del SSN nel contesto urbano, ridefinendo l’assetto amministrativo secondo il principio di sussidiarietà, e rendendo il microdistretto una funzione centrale del Sistema Sanitario Nazionale.
Attualità
La moglie è stata picchiata e violentata due volte a settimana: “Lo dice l’Islam”

Un uomo di quarant’anni è stato portato a processo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, accusato di abusi sulla moglie e sul figlio di 17 anni, sottoponendoli a continui atti di umiliazione e violenza fisica.
Le accuse di violenza
Secondo quanto emerso, la donna veniva picchiata due volte a settimana “perché lo dice l’Islam”, come le urlava il marito. In diverse occasioni, sarebbe stata violentata dal 40enne, costretta ad avere rapporti sessuali contro la sua volontà. Entrambi, madre e figlio, erano terrorizzati dalla convivenza con lui, poiché bastava il minimo movimento per farlo scattare in ira.
Un contesto difficile
Le violenze avrebbero avuto luogo tra il 2018 e il 2019. La famiglia, originaria dell’Iran, è arrivata in Italia nel 2016. L’uomo, che in patria insegnava ginnastica artistica, ha avuto difficoltà a trovare lavoro in Italia. Impediva alla moglie di uscire e costringeva il figlio a partecipare a sessioni di allenamento estenuanti, anche in caso di malattia, dicendogli che non valeva niente e picchiandolo. Entrambi potevano uscire solo per andare a scuola, mentre la situazione, nonostante l’intervento dei servizi sociali, continuava a peggiorare.
La decisione di denunciare
Finalmente, dopo anni di soprusi, la donna e il figlio hanno scelto di denunciare il 40enne, che ora è sottoposto a un divieto di avvicinamento e non potrà né tentare di incontrarli né contattarli. Attualmente, l’uomo è in attesa di giudizio e, in caso di condanna, rischia una pena molto severa.
Attualità
Malagrotta, il rischio per i lavoratori della manutenzione: nessun controllo su percolato e gas da 10 giorni

Nella discarica di Malagrotta, 29 operai specializzati sono stati posti in ferie forzate dal 5 marzo, creando preoccupazioni per la gestione del percolato e del biogas. Questa situazione mina la sicurezza ambientale dell’area, già compromessa dalla fermentazione dei rifiuti. “L’emungimento del percolato è fermo, come è ferma l’estrazione del biogas”, ha denunciato un lavoratore, sottolineando la mancanza di fondi che ha portato a questa decisione.
Gestione della discarica e rischio ambientale
Malagrotta, la discarica più grande d’Europa, è chiusa ai conferimenti dal 2013 e si trova ora in una fase di post-mortem, necessitando di operazioni di controllo e risanamento. L’assenza di operai implica dunque un rischio aumentato di problemi ambientali e contaminazione.
Situazione legale e futuro dei lavoratori
La società E.Giovi, coinvolta in inchieste per traffico illecito di rifiuti, è attualmente sotto confisca. Il commissario Giuseppe Vadalà è incaricato della bonifica, con un piano di lavoro da 250 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’area. Tuttavia, i 29 operai continuano a rimanere in ferie forzate, senza certezze sul loro futuro lavorativo. Le organizzazioni sindacali esprimono forte preoccupazione: “Siamo basiti sulla tempistica e sulla modalità di questa gestione,” afferma Gianluca Deiua della Fit-Cisl Roma e Lazio, aggiungendo che “Malagrotta senza lavoratori per dieci giorni è una bomba a orologeria”.
Angelo Vastola, consigliere municipale e attivista ambientale, avverte che “senza questi lavoratori esperti, il rischio di sversamenti tossici e dispersioni incontrollate aumenta ogni ora.” La mancanza di personale specializzato mette a repentaglio l’integrità dell’impianto e la sicurezza del territorio circostante.
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