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Appello dei familiari per ritrovare Laura Lardani scomparsa da Bracciano

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Appello dei familiari per ritrovare Laura Lardani scomparsa da Bracciano

Laura Lardani, quarantunenne, è scomparsa da Bracciano il 6 marzo 2025. Da quel giorno, il suo telefono risulta spento e non ci sono tracce di lei. La famiglia ha lanciato un appello per trovarla.

Dopo essere uscita di casa, Laura non è più rientrata. La sua scomparsa ha suscitato preoccupazione nella provincia romana. I familiari hanno contattato l’associazione Penelope Lazio Odv, che ha diffuso un appello e una foto della donna, caratterizzata da un vistoso tatuaggio sulla spalla.

Dettagli sulla scomparsa

Laura è alta un metro e sessanta, ha capelli e occhi castani. Al momento della scomparsa, indossava un pantalone scuro e un maglione bianco. Appena scattato l’allerta, sono iniziate le ricerche da parte dei volontari dell’associazione e dei carabinieri di Bracciano, nelle zone che la donna frequentava.

Appello dei familiari

Nel messaggio dell’associazione, si sottolinea l’urgenza di ritrovare Laura, che “potrebbe avere bisogno di aiuto”. Chiunque abbia informazioni o avvistamenti è invitato a contattare il Pronto Penelope al numero telefonico 339 6514799 o il numero di emergenza unico 112.

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La marea transfemminista attraversa Roma per l’8 marzo: oltre 20mila persone si dichiarano belle e potenti

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La marea transfemminista attraversa Roma per l’8 marzo: oltre 20mila persone si dichiarano belle e potenti

Si è concluso il corteo di Non una di Meno a Roma, in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne. “Siamo belle, potenti e più di 20mila”, hanno annunciato le attiviste dal megafono.

Il corteo ha visto una marea transfemminista colorare Roma di fucsia, partendo da piazza Vittorio fino al Circo Massimo, passando per il Colosseo. “Marea sei bellissima – hanno affermato le attiviste – Vogliamo essere libere, vogliamo tutt’altro. Siamo belle. Siamo potenti. Siamo 20mila”.

Durante la manifestazione, decine di migliaia di persone hanno sfilato nel cuore della capitale indossando piume, parrucche e abiti fucsia. I partecipanti hanno preso parte a balli, musica e flash mob, incluso un momento significativo in via Manzoni, dove le manifestanti hanno tintinnato le chiavi di casa, sottolineando che neppure le abitazioni sono luoghi sicuri.

“Non ci fermeremo finché non sarà distrutto il patriarcato”, hanno ripetuto le attiviste, accompagnate da un fragoroso tumulto di voci.

Una lotta intersezionale

Numerosi sono stati i momenti dedicati a questioni intersezionali, in special modo contro il genocidio a Gaza e in supporto alle donne palestinesi. Quest’anno, il corteo si è focalizzato su “la violenza patriarcale, la guerra e la povertà”.

Sono stati riaffermati i valori di contrasto all’omotransfobia. “Siamo tutte antifasciste, siamo tutte transfemministe”, hanno gridato le manifestanti, enfatizzando la necessità di una lotta comune. “Più trans meno Trump”, recitava un manifesto. Le attiviste hanno anche diretto critiche a personaggi pubblici, annunciando che “la vostra transfobia la pagherete cara”, prima di lanciare il grido “contro ogni fascismo”.

Il pensiero per le vittime di violenza

Un pensiero è andato alle donne vittime di violenza assenti alla manifestazione. “Giulia è viva e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai”, hanno dichiarato, riferendosi a Cecchettin. Sono state espresse critiche nei confronti del decreto Caivano, con i manifestanti a favore del modello di Quarticciolo: “Ai problemi non si può rispondere con la polizia; insieme possiamo sconfiggere la violenza”.

È stato anche ricordato l’appuntamento pomeridiano a Largo Argentina. “Nel giorno dello sciopero transfemminista, il Teatro Argentina ospita uno dei simboli del patriarcato italiota”, hanno denunciato le attiviste, criticando il ruolo di Luca Barbareschi e il suo atteggiamento nei confronti delle attrici che denunciano abusi.

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Discriminazioni in polizia: “Pochi passi avanti sono stati fatti dall’ingresso delle donne nel 1981”

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Discriminazioni in polizia: “Pochi passi avanti sono stati fatti dall’ingresso delle donne nel 1981”

Da oltre 40 anni, le donne sono presenti nella Polizia di Stato, ma persistono differenze significative rispetto ai colleghi maschi. In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, il Gruppo Donne Silp Cgil ha lanciato un appello denunciando discriminazioni, molestie e la mancanza di tutele, evidenziando che “non può continuare così”.

Discriminazione e molestie

Le poliziotte, come Lucia, riportano esperienze negative sul posto di lavoro. Lucia ha affermato: “Non mi sento tutelata dall’amministrazione. A quaranta anni dall’ingresso delle donne in polizia di Stato ci sono stati pochi passi avanti. E spesso, come dimostra la mia storia, subiamo degli atteggiamenti e delle molestie inaccettabili”. Secondo il sindacato, queste problematiche sono quotidiane e interessano tutte le donne in servizio.

Codice di abbigliamento obsolete

Il Gruppo Donne Silp Cgil sottolinea che “in Polizia di Stato continua ad essere presente un codice di abbigliamento obsoleto”, che obbliga le poliziotte a indossare gonne, mentre gli uomini portano pantaloni. Inoltre, nel concorso per diventare poliziotte, sono valutate anche cicatrici o tatuaggi, un aspetto che non viene applicato agli uomini. Questo inizia a limitare le opportunità professionali già dalle prime fasi di ingresso nella forza di polizia.

Lavoro di cura e disparità salariale

Il sindacato denuncia anche l’assenza di riconoscimento per il lavoro di cura e domestico non retribuito, che ostacola la carriera delle donne. “Questa disparità è ulteriormente amplificata dalla mancanza di norme che permettano una condivisione proporzionale delle responsabilità tra i genitori”, affermano. Inoltre, si evidenzia la disparità di retribuzione: “La struttura stipendiale, apparentemente paritaria, maschera profonde disuguaglianze derivanti dalle aspettative sociali”. Il Gruppo Donne Silp Cgil richiede quindi una revisione del codice di abbigliamento e politiche per affrontare il divario salariale, promuovendo un ambiente lavorativo più equo.

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