Cronaca
Il caos in strada richiede un riordino urgente

Il nuovo regolamento sulle concessioni per i tavolini all’aperto, in discussione nell’Aula Giulio Cesare, è accolto con favore da molti ristoratori, tra cui Giorgio Catalano, operante da dieci anni in piazza Cola di Rienzo. Catalano sottolinea che “un regolamento è sempre positivo” perché fornisce norme chiare e stimola la partecipazione. Prima dell’introduzione di questa disciplina, la situazione era caratterizzata da “un coacervo di cavilli e lacci burocratici complicati” che creavano ambiguità e danneggiavano gli operatori.
Critiche agli abusivi
Catalano esprime chiaramente la sua posizione: “Gli abusivi sbagliano e danneggiano noi e la città”. Riguardo alla partecipazione alla stesura del regolamento, afferma di aver avuto dialoghi con l’assessorato alle Attività produttive e riconosce le preoccupazioni dei residenti. Il ristoratore evidenzia la necessità di considerare la città nel suo complesso, specialmente in quartieri delicati come Monti, dove “in alcuni punti le strade sono senza marciapiedi”.
Una visione positiva per la città
Sottolinea l’importanza di una “città viva” che attragga turisti, ponendo la domanda: “Si vuole una città morta?”. Catalano crede che il nuovo regolamento, sebbene potrebbe comportare una perdita economica per la sua attività, sia necessario per migliorare l’ospitalità di Roma e riordinare le concessioni.
Infine, chiarisce che esiste un criterio oggettivo per la gestione delle concessioni basato sul valore commerciale dei locali e del pagamento degli affitti, considerato un aspetto fondamentale per il calcolo dell’area destinata ai tavolini esterni.
Cronaca
Crescita delle fattorie sociali: l’iniziativa di giovani autistici a Roma Sud

C’è un’Ape a tre ruote che percorre Roma Sud, vendendo frutta e ortaggi coltivati da ragazzi speciali. «Non siamo noi “normali” ad aiutarli, ma è il contrario: respirando insieme ci insegnano l’io plurale». Nei 3 ettari di verde tra via di Vigna Murata e via Grotte D’Arcaccio, 25 ragazzi autistici hanno creato la fattoria sociale Cooperativa Garibaldi, un’iniziativa frutto di anni di impegno.
L’Iniziativa della Cooperativa Garibaldi
Maurizio Ferraro, 73 anni, papà di Chiara, affetta da autismo, è il presidente della cooperativa, attiva dal 2010. «Siamo una onlus che gestisce un’azienda agricola, i soci fondatori sono i nostri ragazzi», afferma Ferraro. La cooperativa rappresenta un esempio di fattoria sociale, un tipo di realtà che aiuta persone svantaggiate. Secondo Coldiretti Lazio, negli ultimi anni c’è stato un aumento del 30% di queste forme di collaborazione.
Marco Berardo Di Stefano, di Confagricoltura e presidente nazionale della Rete Fattori Sociali, segnala il lancio di un master multidisciplinare in agricoltura sociale, previsto dall’Università di Tor Vergata, con docenti in vari ambiti tra cui psicologia e diritto del lavoro. «In Italia ci sono circa 3 mila fattorie sociali, con un fatturato da 200 milioni di euro», aggiunge Di Stefano.
Un Esempio di Inclusione e Solidarietà
La Cooperativa Garibaldi offre «percorsi di autonomia, agricoltura sociale e attività educative all’aperto». Ogni mercoledì, venerdì e domenica mattina è attivo un mercatino dove vengono venduti i prodotti freschi, molto frequentato dai residenti del quartiere. Grazie a fondi della Regione Lazio, sono stati anche realizzati due appartamenti «dove i nostri ragazzi possono dormire con l’assistenza h24 di un operatore, abituandosi così al distacco dalle famiglie».
L’esperienza della cooperativa ha attirato l’interesse internazionale, con una delegazione di sindaci della regione agricola “Junin” del Perù che l’ha visitata nel 2019 nell’ambito di un progetto europeo. Maurizio Ferraro e gli altri genitori sperano che l’esperienza della cooperativa «possa essere realizzata in tanti altri luoghi» per continuare a promuovere l’idea di un villaggio della solidarietà.
Cronaca
La lap dance nei privé come copertura per il mercato delle escort

Il gestore di un locale notturno di Roma, l’Elite 2 di via dell’Umiltà, è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il processo di Alessandro Di Stefano inizierà a fine maggio, mentre i suoi soci sono coinvolti in diversi modi: uno è deceduto e l’altro non ha ancora affrontato il giudice.
LE INDAGINI
Le indagini sono partite da un controllo amministrativo effettuato a ottobre 2023. Durante questo controllo, una dipendente aveva dichiarato che alcune ragazze effettuavano prestazioni sessuali a pagamento, con tariffe variabili tra i 100 e i 300 euro. Registrazioni ambientali hanno confermato solo in parte il racconto iniziale, evidenziando direttive di Di Stefano che consigliava alle ragazze di non menzionare il locale durante eventuali controlli. Le indagini, culminate con l’arresto dei tre e il sequestro del locale, hanno rivelato che le ragazze, conosciute da nomi d’arte come Chloe e Giada, non ricevevano i guadagni, ma i gestori del club. I dettagli delle prestazioni venivano negoziati dal cassiere prima dell’accesso ai privè.
RACCOMANDAZIONI
Negli spazi riservati con nomi esotici come Giappone e Thailandia, avvenivano atti sessuali. Le ballerine venivano reclutate tramite annunci che promettevano un “lavoro serio e professionale”. Di Stefano ha sempre negato di essere coinvolto, sostenendo di non sapere nulla di quanto avvenisse nei privè. Il suo difensore ha commentato che in sede di dibattimento sarà dimostrata “l’assoluta inconsapevolezza del mio assistito” rispetto alle azioni delle ballerine.
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