Attualità
La storia della piazza per l’Europa pagata dai romani sarà discussa da Gualtieri in commissione

Gli occhi sono tutti puntati sulla seduta della commissione capitolina Trasparenza, fissata per le 10 di venerdì 21 marzo, a cui è stato invitato anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. La questione è diventata un caso politico in seguito alla manifestazione ‘Una Piazza per l’Europa’, che si è tenuta sabato in piazza del Popolo, finanziata con 270mila euro provenienti dalle casse del Comune di Roma.
Le opposizioni e l’esposto alla Corte dei Conti
Oggi, la Lega ha presentato un esposto alla Corte dei Conti, mentre Forza Italia ne presenterà un altro. I 5 Stelle hanno firmato un’interrogazione urgente, e Federico Rocca, di Fratelli d’Italia, ha convocato d’urgenza una riunione della Commissione di Controllo, Garanzia e Trasparenza di Roma Capitale. Secondo le opposizioni, la manifestazione è stata “un comizio mascherato”, finanziato “con i soldi dei cittadini romani”, e organizzato dalla società municipalizzata Zetema. Sono stati spesi oltre 270mila euro per l’allestimento e i servizi connessi, senza contare altri costi aggiuntivi.
Le denunce della Lega
Fabrizio Santori, capogruppo della Lega, ha dichiarato: “Una vergogna senza precedenti” e auspica un’inchiesta della Corte dei Conti. La Lega accusa l’amministrazione di aver adottato pratiche scorrette per gestire le spese e chiede la pubblicazione di tutti i documenti contabili, un’indagine interna e il rimborso delle spese ai cittadini. “Il sindaco Gualtieri e la sua giunta vengano in Aula a rispondere davanti ai romani”, ha aggiunto Santori.
La difesa del Partito Democratico
Il Partito Democratico, dal canto suo, sostiene che la manifestazione è stata “apartitica” e istituzionale, con la partecipazione di sindaci anche di centrodestra. La presidente dell’Assemblea Capitolina, Svetlana Celli, ha affermato che l’evento rappresenta una legittima iniziativa di Roma Capitale per difendere i valori europei, richiamando la partecipazione di decine di migliaia di cittadini e personalità di diversi settori, superando le differenze politiche.
Attualità
Commissione ascolta Nicola Cavaliere sul caso Emanuela Orlandi: “Abbiamo visto l’Americano, ma è scappato”

Il caso di Emanuela Orlandi continua a suscitare interesse, con l’audizione di Nicola Cavaliere, ex capo della sezione Omicidi della Squadra Mobile di Roma nel 1983, che resta secretata ma di cui emergono già alcune indiscrezioni significative.
L’audizione di Nicola Cavaliere
Cavaliere, figura chiave nelle prime indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ha parlato durante la commissione bicamerale di inchiesta rivelando dettagli sull’Americano, noto telefonista che nel luglio del 1983 contattò il Vaticano per trattare il rilascio della quindicenne. “Lo abbiamo visto, indossava impermeabile e borsalino in testa. Ci è sfuggito per così poco”, ha dichiarato. La polizia, secondo Cavaliere, era riuscita a individuare in tempo reale la cabina da cui l’Americano stava chiamando, grazie a un sistema di ascolto chiamato Digisistem.
Altri telefonisti coinvolti
Cavaliere ha anche menzionato la presenza di altri telefonisti, descrivendo almeno quattro o cinque persone, tra cui “Pierluigi” e “Mario”, implicati in depistaggi che potrebbero rivelarsi parte di un’azione criminale premeditata. L’Americano, ubicato in via Merulana, non era giovane e riuscì a sfuggire agli agenti, che lo mancavano “per un soffio”. Recenti perizie hanno suggerito che potrebbe trattarsi di Marco Accetti, sebbene la descrizione dell’Americano possa escluderlo.
Rivelazioni su Gennaro Egidio
Cavaliere ha sollevato interrogativi anche su Gennaro Egidio, un avvocato di spicco che in quegli anni collaborava con i servizi segreti e che ha assistito la famiglia Orlandi. Ha descritto il suo ufficio come “extra lusso, senza neppure un faldone in vista”, esprimendo scetticismo riguardo all’idea che Emanuela potesse essere in un convento in Lussemburgo. L’audizione, in corso, potrebbe portare ulteriori sviluppi e testimonianze significative.
Attualità
“20 euro per ogni incendio: il funzionamento della truffa dell’ex carabiniere a Sabaudia”

Un ex carabiniere di 70 anni, Enzo Cestra, è attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di incendio boschivo e truffa aggravata. Il suo meccanismo di frode prevedeva che, per un compenso di 20 euro a rogo, un complice appiccasse incendi mentre Cestra, insieme ai suoi uomini dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Sabaudia, interveniva per spegnerli. In tre anni, è riuscito a ottenere dalla Regione Lazio ben 33mila euro per le attività di spegnimento.
Dettagli dell’operazione
Tra i vari incendi contestati a Cestra ci sono due eventi significativi avvenuti lo scorso 28 agosto. Il primo incendio si è sviluppato in via Conte Rosso, vicino al lago di Paola, a partire da un cumulo di rifiuti e ha interessato circa 4.000 metri quadrati di eucalipti. Il secondo incendio, lo stesso giorno, ha colpito 3.000 metri quadrati di vegetazione tra pioppi e querce. Il piromane che ha appiccato le fiamme è stato identificato come un membro dell’associazione di Cestra.
Le intercettazioni
Le indagini hanno rivelato che Cestra ha tentato di minimizzare la sua responsabilità attraverso varie manovre. In particolare, ha presentato un foglio con le dimissioni del complice, sostenendo che la persona non faceva più parte della sua associazione, e ha chiesto al complice di confermare questa versione. Durante le intercettazioni, ha anche detto: “C’ho 71 anni, se m’arrestano, me danno gli arresti domiciliari”. La situazione evidenzia un tentativo sistematico di eludere le conseguenze delle sue azioni fraudolente.
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