Cronaca
Le 8 accademie unite per il primo festival dei giovani talenti creativi

La moda e la creatività delle accademie di Roma prendono “Forma”: il 21 e 22 marzo si svolgerà un evento che metterà in contatto giovani stilisti delle scuole romane con grandi nomi della moda internazionale, tra cui Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior. Per la prima volta, le otto accademie di moda della città collaboreranno per mettere in risalto l’eccellenza del sistema Roma nel fashion e design, trasformando la Nuvola dell’Eur in un grande laboratorio di creatività.
“Forma – Prospettive di Moda, Arte e Creatività” è stato presentato ieri in Campidoglio, promosso da Roma Capitale e dalla Regione Lazio. Il sindaco Roberto Gualtieri ha sottolineato l’importanza di valorizzare il patrimonio delle accademie. “Roma si conferma Capitale della moda anche grazie al ruolo svolto dalle accademie”, ha aggiunto l’assessore Alessandro Onorato.
IL SETTORE
Durante la due giorni parteciperanno anche 40 istituti e licei artistici della capitale e del Lazio. “Vogliamo incentivare i giovani, dare loro l’opportunità di esprimere il proprio talento e di favorire l’interazione con il mondo del lavoro”, ha affermato Onorato. La vicepresidente della Regione Lazio, Roberta Angelilli, ha annunciato che entro luglio ci sarà un bando per sostenere i giovani talenti della moda, ponendo l’accento su arte e moda come pilastri del patrimonio culturale.
IL PROGRAMMA
L’evento si svolgerà il 21 marzo, dalle 9 alle 18, e il giorno successivo dalle 10 alle 17, coinvolgendo accademie come Accademia Costume & Moda, Accademia del Lusso, e Ied (Istituto Europeo di Design). Gli studenti presenteranno il loro processo creativo attraverso laboratori a cielo aperto.
I RELATORI
Fra i relatori, Giancarlo Giammetti parlerà della Fondazione Garavani e Giammetti; Maria Grazia Chiuri incontrerà l’artista Pietro Ruffo per discutere del rapporto fra moda e arte. Marco De Vincenzo fornirà ai giovani consigli su come trasformare la loro passione in professione. Sarà anche affrontato il tema della sostenibilità e ci sarà una mostra che celebra la formazione dei talenti della moda a Roma. La partecipazione al festival è gratuita, previa iscrizione online.
Cronaca
Suicidio di un detenuto a Rebibbia: il 29esimo in quattro mesi.

Un uomo di 56 anni si è tolto la vita nella prigione di Rebibbia, un ennesimo schiaffo al sistema penitenziario italiano che barcolla tra sovraffollamento, agenti esausti e cure psichiatriche da Terzo Mondo. Mentre i politici blaterano e il Papa fa le sue gite, i detenuti marciscono in celle infernali e gli operatori rischiano la pelle. #SuicidioCarcere #SistemaPenitenziarioFallito #ItaliaSenzaGiustizia #RebibbiaInferno #DirittiInCarcere
Tragedia a Rebibbia
Nella Casa di reclusione di Rebibbia, un detenuto di 56 anni ha deciso di farla finita, mettendo in luce il fallimento cronico del nostro sistema carcerario. Stefano Anastasia, Garante delle persone private della libertà per la Regione Lazio, non ha peli sulla lingua: “È l’ennesima prova che il sistema non funziona, nonostante gli sforzi degli operatori, e viene sovraccaricato da problemi che non può gestire”.Le dichiarazioni del Garante
Anastasia spiega che il 56enne era in carcere da tempo, con una pena lontana dalla fine, e si trovava in una sezione per detenuti con problemi psichici. Non era in una Rems perché giudicato responsabile delle sue azioni, ma secondo lui avrebbe potuto accedere a alternative alla detenzione per motivi di salute. Peccato che, in questo Paese ossessionato dalla “caccia alle streghe” contro ex carcerati, le risorse per l’assistenza psichiatrica scarseggino, rendendo tutto più complicato del dovuto.
Caos e contraddizioni nelle carceri
Intanto, il segretario generale di Uilpa, Gennarino De Fazio, denuncia altri disastri: a Bologna, sei minorenni hanno scatenato disordini in un istituto penitenziario, fortunatamente placati. E a Terni, un detenuto ha avuto il suo primo colloquio intimo “ufficiale”, mentre altrove si combatte per sopravvivere. Le carceri italiane sono un paradosso: tra amori rubati e rivolte, con oltre 16mila reclusi in eccesso rispetto ai posti disponibili, 18mila agenti mancanti e aggressioni a non finire – ben 3.500 nel 2024 contro la polizia penitenziaria. I burocrati al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria gonfiano i loro uffici, ma le prigioni affondano, lasciando agenti e detenuti a marcire in un inferno reale.
Cronaca
La manifestazione delle donne iraniane contro i negoziati

Mentre i negoziati USA-Iran sul nucleare si svolgono all’ambasciata dell’Oman, a Roma i dissidenti iraniani non ci stanno e urlano: “USA deals, Iran kills!” – quei bastardi di Ayatollah che opprimono il loro popolo mentre il mondo fa affari. Che ipocrisia! #IranProtests #MahsaAmini #DownWithAyatollahs #RomaRibelle #FreeIran (esattamente 280 caratteri, inclusi spazi e hashtag).
Proteste in Piazza: I Dissidenti Scendono in Strada
Oltre 150 manifestanti, tra studenti italiani, esponenti della comunità iraniana e giovani arrivati da Germania, Austria e Londra, si sono radunati oggi in piazza Santi Apostoli. Sventolano bandiere in memoria di Mahsa Amini e gridano slogan contro il regime degli Ayatollah. “Usa deals, Iran kills” è il grido principale, un pugno in faccia a chi fa patti con i tiranni mentre il popolo soffre. Queste proteste non sono solo un raduno: sono un affronto diretto a un regime che reprime con il pugno di ferro.
Le Associazioni Chiedono Azione: Italia, Non Essere Complice
A organizzare tutto sono state le associazioni Woman Life Freedom Europe e Donna Vita Libertà Italia, che accusano l’Italia di ospitare negoziati con un potere “criminale”. “L’Italia, culla di civiltà e libertà, non può diventare complice di chi riduce il popolo al silenzio”, si legge nel loro comunicato. Il regime iraniano è descritto come debole, isolato e aggrappato solo alla violenza – offriargli una piattaforma diplomatica è come dargli una seconda vita. Ma dai, Italia, svegliati e non tradire i tuoi valori!
Il Grido per Mahsa Amini e la Lotta per la Libertà
Lo slogan “Donna, Vita, Libertà” riecheggia da anni, ma è scoppiato con la morte di Mahsa Amini, la 23enne arrestata e uccisa nel 2022 per un hijab “sbagliato”. La polizia parlò di infarto, ma tutti sanno che era un pestaggio. Da 46 anni, il regime calpesta la dignità umana con terrore e repressione. È un massacro sistematico, e ora il mondo deve smettere di girare la testa dall’altra parte – o preferiamo chiudere un occhio per i petrodollari?
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