Cronaca
Oltre 900 benzinai pronti alla transizione verso le colonnine di ricarica

Il Comune di Roma sta approvando un piano per facilitare la transizione delle stazioni di benzina verso impianti di ricarica elettrica. Attualmente, delle circa 930 stazioni di benzina presenti nella capitale, cento hanno già presentato richiesta di riconversione. Questo cambiamento segna un passo significativo verso una mobilità più sostenibile, e l’Assemblea capitolina ha lanciato il “Piano Carburante” per adeguare le norme urbanistiche a questa nuova direzione. Roma è attualmente in testa tra le città metropolitane italiane per il numero di punti di ricarica, con 2.751 punti accessibili al pubblico.
Roma, impianti elettrici: oltre 900 benzinai pronti a convertire le pompe con le colonnine
Il piano approvato regola l’installazione di nuovi impianti di rifornimento energetico, definendo criteri e requisiti per i siti idonei. In particolare, le aree di sosta dovranno essere dotate di uno o più dispositivi di ricarica e le prescrizioni riguardano anche gli spazi destinati alla produzione e accumulo di energia. Un’agevolazione importante per i gestori delle stazioni è che le superfici dedicate alle colonnine non verranno considerate nel calcolo degli indici di edificabilità.
Inoltre, chi desidera installare nuovi impianti avrà a disposizione quattro tipologie di stazioni, che dovranno includere servizi accessori come la possibilità di conferire oli esausti. Secondo il presidente della Commissione capitolina Andrea Alemanni, questo è un «intervento fondamentale per garantire quel meccanismo di conversione alle rinnovabili di cui tanto parliamo».
Semplificazione burocratica per la ricarica elettrica
Il nuovo piano, a differenza delle iniziali sperimentazioni del 2009, si propone di snellire la burocrazia che ha ostacolato la crescita di questo settore. Nel 2018, su 1.671 richieste di installazione di impianti di ricarica, solo 877 erano state approvate a causa di problematiche legate a dimensioni, pareri negativi e permessi. Con l’imminente riforma europea del settore automotive, si prevede un’accelerazione nella realizzazione delle infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici.
Cronaca
Una reazione inaspettata durante una discussione

L’orrore domestico si è concluso con una condanna a nove anni e tre mesi per un cameriere di quaranta anni, imputato di aver inflitto violenze inaudite alla sua compagna nel tribunale di Tivoli. Il giudice ha inflitto una pena superiore rispetto a quella richiesta dal pubblico ministero, evidenziando l’uso di metodi brutali come “le botte con le scarpe antinfortunistiche” e “il coltello alla gola”.
I FATTI
Le violenze si sono verificate in un contesto di assoluta sottomissione. La vittima, spesso costretta a medicarsi da sola, ha descritto un ambiente in cui ogni pretesto poteva scatenare l’inferno, anche un semplice errore in cucina: in un’occasione, l’aguzzino le ha lanciato il sugo addosso per poi afferrarla per i capelli. Gli aggressivi atti includevano “sedie spaccate sulla schiena” e minacce di morte, anche per la figlia minorenne dell’uomo.
Durante le udienze, è emerso come molte ferite inflitte abbiano causato danni permanenti, inclusi problemi di udito e di deambulazione. L’avvocato della vittima ha sottolineato l’indole malvagia dell’imputato, il quale “trovava appagamento nella sottomissione e nell’umiliazione della compagna”.
Il Processo e la Sentenza
Il racconto della vittima in aula ha messo in luce l’estrema sofferenza vissuta nel corso di un anno di maltrattamenti. Al termine del processo, la donna ha manifestato un “senso di conforto per quel pronunciamento,” sottolineando che “è stata fatta giustizia”, grazie anche al sostegno ricevuto dal pool antiviolenza del commissariato di Tivoli.
La sentenza rappresenta un importante passo verso la giustizia in casi di violenza domestica, con la conferma di tutti i reati contestati e l’auspicio che la vittima possa finalmente guardare al futuro con maggiore fiducia.
Cronaca
Roghi a Ostia, Marchili chiarisce: “Intervento limitato a quattro stabilimenti”

È stato convalidato l’arresto di Alessandro Marchili, il giovane fermato dalla polizia di Ostia durante la notte degli incendi agli stabilimenti balneari. La procura, coordinata dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo, ha formulato nei suoi confronti l’accusa di incendio doloso in seguito a indagini condotte anche dalla Squadra Mobile.
Dettagli sull’arresto
Ieri, il 25enne, che soffre di un forte disagio mentale, ha ammesso di aver agito da solo in quattro stabilimenti, mentre i giudici gli contestano di aver appiccato incendi in sette strutture. Alessandro sarà sottoposto a esame psichiatrico. A prendere le sue difese è un amico della madre, che ha chiesto di essere chiamato Mario per proteggere la privacy della famiglia. Mario ha descritto la difficile infanzia di Alessandro, caratterizzata da gravi problemi familiari, abbandono scolastico, forte disagio mentale e uso di eroina.
La situazione familiare
Anche la madre di Alessandro ha avuto una vita travagliata, con problemi legati alla droga. Mario ha raccontato di aver incontrato Alessandro pochi giorni fa, notando la sua precaria situazione. “Alessandro è un ragazzo molto fragile e in passato ha fatto uso di droghe anche pesanti. … Era magro, trasandato e confuso.” Dopo un recente trasferimento della madre, Alessandro ha manifestato difficoltà e ha iniziato a vivere per strada.
Considerazioni su Alessandro
Mario descrive Alessandro come un ragazzo introverso, buono e disponibile, ma anche ingenuo. “…è possibile che abbia incontrato qualcuno che gli ha offerto soldi o che lo ha manipolato…” Secondo Mario, non c’è cattiveria nei comportamenti di Alessandro: “Lui non capisce niente di bandi, concessioni, mafie e interessi trasversali. … se vogliamo salvarlo va aiutato e curato, non etichettato come piromane.”
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