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Rivoluzione urbana: la potenzialità di trasformare la città

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Rivoluzione urbana: la potenzialità di trasformare la città

Largo agli investitori per la rigenerazione di Roma. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha sottolineato l’importanza di attrarre capitali privati per potenziare gli investimenti, già stimati in 10 miliardi, con l’aspettativa di aggiungere altri 30 miliardi nei prossimi anni. Gualtieri ha parlato durante il Mipim, dove ha evidenziato che si punta a un’accelerazione delle opere entro il 2030, anticipando il piano che originariamente si chiudeva nel 2050. La visione è quella di una capitale più «competitiva, attrattiva e innovativa», capace di attrarre investitori europei e internazionali.

Opportunità di investimento

I settori di investimento includono il residenziale, supportato dal Giubileo, e il settore alberghiero, che ha già registrato 14 aperture nel 2024, con altre 7 in costruzione. Si stima che 69.000 studenti fuori sede richiederanno oltre 48.000 posti letto, con 3.300 unità già pianificate. Gli uffici romani richiamano il 40% degli investimenti nazionali, mentre i data center beneficeranno di 1,6 miliardi di investimenti da parte del Politecnico di Milano entro il 2028.

Progetti di rigenerazione

Il sindaco ha presentato un ampio ventaglio di aree da rigenerare, stimando 19,2 milioni di chilometri quadrati di potenziali opportunità fino al 2050 e la necessità di 70.000 nuove case nei prossimi 10 anni, di cui 30.000 sociali e 20.000 pubbliche. I progetti comprendono la trasformazione di siti abbandonati in nuovi centri benessere, sportivi e studentati, il tutto senza consumo di nuovo suolo. Esempi emblematici includono il progetto di Pescaccio e le “Le Vele” di Calatrava a Tor Vergata, ora aperte a manifestazioni di interesse per nuovi sviluppi.

In questo contesto, il sindaco ha messo in evidenza l’importanza della sinergia con investitori istituzionali e altre città europee, rendendo Roma una vera e propria meta per l’innovazione urbanistica e lo sviluppo sostenibile.

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Cronaca

Richiesta di riduzione della pena per Hjorth

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Richiesta di riduzione della pena per Hjorth

Ci sarà un nuovo capitolo giudiziario nella vicenda legata all’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri, Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 coltellate a Roma nel luglio 2019. La Cassazione ha disposto un terzo processo di appello per Gabriele Natale Hjorth, studente americano accusato di concorso anomalo in omicidio insieme all’amico Lee Elder Finnegan, già condannato a 15 anni e due mesi, pena ormai definitiva. I giudici hanno accolto la richiesta della difesa, rivedendo la pena che potrebbe essere ridotta.

La situazione attuale di Hjorth

Hjorth, condannato nel secondo processo a 11 anni e 4 mesi, è attualmente agli arresti domiciliari presso la villetta della nonna a Fregene. La Suprema Corte ha riconosciuto la sua responsabilità penale, ma sarà chiamata a valutare un possibile abbassamento della pena.

Le decisioni della Cassazione

Oltre al terzo appello, la Cassazione ha accolto il ricorso delle parti civili, annullando la sentenza di appello bis riguardante il risarcimento e dichiarando inammissibile il ricorso della Procura generale che chiedeva di riconoscere per Hjorth l’aggravante della consapevolezza di trovarsi di fronte a forze dell’ordine durante l’aggressione.

Il pg aveva già contestato la sentenza di luglio, evidenziando la "contraddittorietà della motivazione" riguardo al ruolo di Natale nella notte dell’omicidio. In primo grado, Hjorth e Elder erano stati condannati all’ergastolo, ma le condanne sono state ridotte in sede di appello. La morte di Cerciello Rega è collegata al tentativo di recuperare uno zaino sottratto dai due ragazzi a un ‘facilitatore’ di pusher, che aveva allertato i carabinieri. Durante l’incontro tra i carabinieri in borghese e i due studenti, questi ultimi hanno aggredito Cerciello, portando alla tragica morte del vicebrigadiere, avvenuta per shock emorragico durante il trasporto in ospedale.

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Ragazzi del liceo Leonardo da Vinci in sciopero contro le dichiarazioni sulla loro immagine corporea

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Ragazzi del liceo Leonardo da Vinci in sciopero contro le dichiarazioni sulla loro immagine corporea

Una grave situazione di bullismo all’interno del liceo Leonardo da Vinci di Roma ha spinto gli studenti a organizzare uno sciopero accompagnato da un presidio e un video per denunciare le umiliazioni subite da una professoressa nei confronti delle studentesse. Le manifestazioni sono state avviate poiché i ragazzi ritengono che la dirigenza dell’istituto non abbia preso provvedimenti adeguati nonostante le segnalazioni al riguardo.

La protesta degli studenti

«Siamo stati costretti a organizzare un picchetto – scrivono gli studenti – per portare all’attenzione generale un problema noto a tutta la comunità scolastica, ma fino a oggi affrontato con colpevole inerzia». Diverse studentesse hanno raccontato di aver subito insulti e commenti denigratori, come l’appellativo «anoressica» mentre stava mangiando un cubetto di cioccolato o di essere state criticate per il loro aspetto fisico. Una studentessa ha detto: «A me ha dato dell’anoressica, mi stavo mangiando un cubetto di cioccolata e mi ha detto che mangio sempre in classe perché a casa non mangio». Un’altra ha riferito che le è stato detto di «non avere il fisico per le magliette corte». Inoltre, una terza ragazza ha dichiarato: «Mi ha dato della poco di buono» mentre si trovava nel corridoio.
«Abbiamo provato ad avere un confronto con lei, sia genitori che prof che alunni – concludono le tre ragazze – ma non è cambiata e non penso cambierà. Non credo si possa fare qualcosa».

Le segnalazioni alla scuola

I ragazzi hanno evidenziato che il problema è stato segnalato più volte alla dirigenza, ma la risposta ricevuta è stata che la situazione era nota e che il docente sarebbe stato affiancato da un’altra insegnante. Tuttavia, «nulla è cambiato: il problema è stato lasciato crescere, consolidando di fatto un tacito assenso verso questi comportamenti inaccettabili». Gli studenti hanno espresso la loro indignazione: «Riteniamo vergognoso – concludono – che una simile situazione possa verificarsi in un istituto scolastico e ci chiediamo se sia più grave il fatto che un docente si renda responsabile di un vero e proprio atto di bullismo nei confronti degli studenti, o che la dirigenza, pur essendone a conoscenza, abbia preferito non intervenire con la necessaria fermezza».

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