Non solo irregolarità, ma seri interrogativi sulla sala operatoria dove Simonetta Kalfus, deceduta il 18 marzo dopo un intervento di liposuzione, è stata operata. La struttura situata a Cinecittà non rispettava le normative, che vietano la chirurgia in un “studio polimedico”. Il chirurgo Carlo Bravi, indagato per omicidio colposo, ha operato Kalfus presso una sala di cui non era proprietario, ma che affittava. La mancanza di un adeguato sistema di ventilazione e sanificazione ha sollevato grandi preoccupazioni durante le ispezioni dei carabinieri del Nas, che hanno sequestrato la sala dopo un’accurata verifica.
### IL CALVARIO
La figlia di Simonetta ha denunciato la morte della madre, evidenziando come il 6 marzo la donna si fosse sottoposta all’intervento. Dopo l’operazione, Kalfus ha manifestato malessere già il giorno successivo. Il 12 marzo ha iniziato a mostrare segni di allerta e, nonostante una visita medica il 13 marzo non avesse rivelato gravi anomalie, la situazione è precipitata, con la donna ricoverata il 14 marzo presso l’ospedale Grassi, dove è deceduta quattro giorni dopo.
### LE VERIFICHE
La procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, iscrive nel registro degli indagati Bravi, un anestesista e un medico di Pomezia. L’autopsia, eseguita il 21 marzo, ha rivelato che Simonetta è morta per una vasta infezione. Fondamentale sarà ora stabilire l’origine della sepsi e comprendere come mai nessun medico avesse individuato il problema nei giorni precedenti il decesso.
### GLI ESAMI
Le indagini potrebbero dimostrare che l’infezione non fosse attribuibile direttamente al chirurgo, nonostante le irregolarità riscontrate. Gli esami istologici e l’analisi delle cartelle cliniche saranno cruciali per comprendere le cause della tragedia. Intanto, le autorità sono all’opera per indagare sulle licenze e le autorizzazioni della struttura, che rimane sotto scrutinio.