Attualità
Un registratore viene messo nello zaino della figlia e si scoprono i maltrattamenti delle maestre: “L’hanno umiliata”

Un papà ha denunciato le insegnanti della figlia di 10 anni per abuso dei mezzi di correzione e disciplina, dopo aver nascosto un registratore nello zaino della ragazza per documentare le interazioni con le maestre. L’episodio è avvenuto in un comune della provincia di Roma.
Il 12 febbraio, Francesca (nome di fantasia) torna a casa da scuola “con la faccia viola, aveva dei segni sull’occhio, dei graffi sul naso e i segni di un morso al polso”. Dopo essere stata medicata al pronto soccorso dell’ospedale Bambino Gesù, la bambina racconta che “la mia compagna di classe mi ha dato uno schiaffo alle 10 del mattino, io volevo tornare a casa, ma le maestre non ti hanno chiamato”. Questo ha spinto il padre a registrare le conversazioni, dicendo alla figlia che il dispositivo era un ciondolo portafortuna.
Il 18 febbraio, il registratore cattura le parole di una maestra, che dice: “Il mio modo di stare qui è quello di farvi fare pace, a volte ci sono delle reazioni che diventano incontrollabili…”. La maestra invita poi la bambina a restituire delle penne, nonostante lei affermi: “Me le hanno regalate loro l’anno scorso”. Inoltre, la maestra le dice di non chiedere più in prestito “né il materiale scolastico, né la merenda”. Nella denuncia, il padre afferma che, “ascoltando le registrazioni, abbiamo appreso che nostra figlia era stata pubblicamente umiliata da tre insegnanti di fronte a tutta la classe”. Prima di contattare le forze dell’ordine, il padre ha cercato di discutere con la preside, ma ha percepito un tentativo di “insabbiare l’accaduto e di giustificare le insegnanti”. Ha aggiunto che “mi hanno accusato di aver violato la privacy, ma la registrazione è stata fatta solo per tutelare nostra figlia. Non è mai stata divulgata”.
Attualità
Un anziano muore dopo giorni di agonia a causa di una caduta in bici sulla pista ciclabile invasa dalla sabbia

Si chiamava Riccardo Simeone, aveva 84 anni e è deceduto dopo due settimane di agonia in ospedale. Il tragico incidente è avvenuto il 6 marzo sulla pista ciclabile del lungomare di Ostia, dove Simeone, ex imprenditore del settore tessile, ha perso il controllo del suo mezzo e ha battuto la testa sul marciapiede. Trasportato d’urgenza all’ospedale Grassi di Ostia e successivamente al San Camillo, è morto ieri, e la sua famiglia ha deciso di donare gli organi in ottemperanza alle sue volontà.
Polemiche sulla sicurezza della pista ciclabile
La pista ciclabile al momento dell’incidente era, come evidenziato dagli agenti della Polizia Locale del X Gruppo Mare, “piena di sabbia”, una condizione che potrebbe aver contribuito all’incidente fatale. La Procura è attesa ad aprire un’inchiesta per chiarire la dinamica dell’evento, con i vigili che hanno già inviato un’informativa a piazzale Clodio.
Il consigliere municipale di Azione, Andrea Bozzi, ha espresso il proprio dolore per la tragedia, dichiarando: “Siamo addolorati per questo decesso. Avevamo saputo che l’attuale contratto di servizio tra Roma Capitale e Ama, considerandola un rifiuto speciale, inserisce questo intervento solo tra le operazioni di pulizia ordinaria del lungomare”. Bozzi ha anche annunciato la presentazione di una mozione per ampliare l’accordo e ha richiesto la chiusura precauzionale della ciclabile di Ostia.
Responsabilità e richieste di chiarimenti
Sulla questione è intervenuta anche la consigliera comunale di Fratelli d’Italia, Masi, evidenziando l’inadeguatezza del servizio di pulizia: “Lo scorso anno in Commissione, al nostro tentativo di introdurre la pulizia della sabbia nel contratto di servizio Ama ci fu risposto che non c’era bisogno perché considerato rifiuto urbano”. Masi ha inoltre chiesto una commissione ambiente capitolina per affrontare le problematiche legate alla pulizia della ciclabile e per chiarire le responsabilità.
Questa tragedia riaccende i riflettori sulla sicurezza delle infrastrutture pubbliche e sulle pratiche di manutenzione nella città di Ostia.
Attualità
Due complici di Ciurciume arrestati dopo l’uccisione del ladro su via Cassia

Due presunti complici di Antonio Ciurciumel, il 24enne ucciso durante un tentativo di rapina, sono stati arrestati nelle scorse giornate. L’arresto del primo uomo, un 30enne italiano, è avvenuto dopo che si è presentato nella caserma dei carabinieri di Trionfale per un esame del DNA, non sapendo di essere ricercato. Il secondo complice, un 29enne italo-serbo, è stato arrestato ieri. Attualmente si cerca un quarto uomo, che è riuscito a fuggire.
Dalle indagini alla cattura
Ciurciumel, di nazionalità romena, era entrato in un’abitazione in via Cassia per compiere un furto, ma durante l’azione ha incontrato una badante. Durante la fuga, è stato colpito da un vicino, il guardiano Antonio Micarelli, che ha esploso dieci colpi di pistola. Le indagini sono state avviate utilizzando le registrazioni delle telecamere di sicurezza, che hanno ripreso i tre complici fuggire a bordo di un’auto.
Appello dei genitori
Ciurciumel lascia dietro di sé una compagna e un figlio piccolo. I genitori del giovane hanno fatto appello ai complici affinché si presentassero per chiarire la dinamica della tragedia. I due arrestati dovranno ora affrontare l’udienza di convalida. Micarelli, il 56enne che ha sparato, ha mantenuto la sua posizione di legittima difesa, ma un video sembra contraddire questa versione, mostrando l’uomo sparare ad altezza d’uomo.
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