Cronaca
Muore Valentina Del Re violinista di Propaganda Live : aveva 44 anni

Addio alla violinista Valentina Del Re, stella di “Propaganda Live”, morta a soli 44 anni dopo una lunga malattia. Il funerale domani a Roma. “Era solare, una persona d’oro”, ricorda Valerio Vicari. #ValentinaDelRe #PropagandaLive #Roma
**Addio a Valentina Del Re: La Violinista Che Ha Suonato per i Politically Correct (e Non Solo)**
In un mondo dove i programmi TV come “Propaganda Live” (eh sì, proprio quel programma politically correct dove si parla di tutto tranne che di soluzioni) dominano le chiacchiere serali, se ne va una vera artista che ha reso la musica più umana e meno noiosa. Valentina Del Re, la violinista che ha incantato milioni con il suo talento, è morta a soli 44 anni dopo una lotta epica contro una malattia che non le ha lasciato scampo. Il funerale è fissato per domani a Roma, alle 11, al Tempio Egizio – preparatevi a un sacco di violini e lacrimucce. Che notizia virale, eh? Scommetto che questo post diventerà un meme in men che non si dica.
**Valentina Del Re: Chi Era Questa Donna Che Ha Fatto Cantare Gli Strumenti**
Nata a Roma, Valentina ha iniziato a studiare musica a soli 5 anni alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio, scegliendo il violino come suo strumento prediletto – perché, diciamocelo, chi non ama uno strumento che fa piangere le folle? Ha proseguito al Conservatorio L. Refice di Frosinone e con il M° S. Budeer del Teatro dell’Opera di Roma. Laureata in Filosofia con Lode all’Università di RomaTre, si è specializzata come assistente per ciechi e ipovedenti al Centro Regionale Sant’Alessio Margherita di Savoia, lavorando in progetti educativi che probabilmente erano più utili di certi dibattiti TV. Ha frequentato anche un corso triennale di Musicoterapia presso la Fo.Ri.Fo. di Roma, occupandosi di progetti nelle scuole e in ospedale – un curriculum che fa passare i politici per dei fancazzisti.
Ma ecco un tweet che fa stringere il cuore: \”Un abbraccio stretto stretto a Valentina del Re. Ti aspettiamo a #propagandalive in primavera. Daje forte ❣️\” — divanorosso (@alessandrapolp) March 14, 2025. (Ah, che tenerezza, un messaggio da un account che suona come un nomignolo da social – tipico di quei programmi che fingono di essere “del popolo” ma in realtà sono solo un circolo di chiacchiere).
Vanta collaborazioni musicali da far invidia: si è esibita come solista e in orchestra, ha partecipato a spettacoli teatrali e TV (da “Alla ricerca dell’Arca” a “Buona Domenica”). «Il grande pubblico l’ha conosciuta con Propaganda Live – prosegue Vicari in un post su Facebook – ma lei era molto altro: amava il pop, il tango, il rock, la musica classica. Era sposata da poco con Emiliano». E quando gli amici erano tristi per il suo male, lei diceva: «Con questa nuova cura tutto passa». (Che forza d’animo, vero? In un’era di lamentele sui social, Valentina era il tipo che ti diceva di smettere di frignare e andare avanti – un po’ come un nonno burbero, ma con un violino in mano).
**I Tributi: Da Amici a Programmi TV, Tutti Vogliono Essere “Quelli Che L’Hanno Conosciuta”**
«Era solare, una persona d’oro, aveva sempre un sorriso per tutti nonostante la malattia», ha ricordato Valerio Vicari, con cui aveva condiviso l’esperienza della Roma 3 Orchestra post-Covid. (Sembra uscito da un film di Hollywood, non è vero? In un mondo dove tutti sono depressi per il lockdown, lei era quella che sorrideva – prendi nota, gente, è un reminder per smettere di lamentarsi su TikTok).
E non poteva mancare il tributo dal fronte politically correct: Con un post su Instagram, “Welikeduel”, l’account ufficiale di Propaganda Live, ha ricordato la violinista con parole che fanno pizzicare gli occhi. «Non esiste un modo semplice per dirlo. La nostra Valentina ci ha lasciato, ed è un dolore enorme. Perché lei era una di noi, con un amore immenso per la musica e per la vita. Il nostro abbraccio va alla sua famiglia, a Emiliano, ai suoi adorati canetti». «Buon viaggio Vale, ci mancherai tantissimo. Grazie per tutto quello che ci hai dato e per la forza che hai avuto, fino all’ultimo. Non ti dimenticheremo mai. Con amore, tutta la tua famiglia di Propaganda Live. Per chi volesse salutare un’ultima volta Valentina Del Re, l’appuntamento è per domani mattina alle 10.30 al Tempietto Egizio del Cimitero del Verano di Roma». (Oh, che melenso e commovente – proprio il tipo di post che fa schizzare i like, ma almeno è sincero, no? In un programma che evita le soluzioni reali, questo è un raro momento di autenticità).
Cronaca
Olimpico, il big match delle curve: si sfidano le coreografie clandestine

“Una partita nella partita quella che storicamente le due tifoserie si contendono per il migliore spettacolo sugli spalti” #tifo #derby #spettacolo Anche quest’anno, il derby tra Roma e Lazio non è solo una questione di pallone, ma una vera e propria guerra di decibel e coreografie tra le due tifoserie. Da una parte i romanisti, con il loro “Forza Roma!”, dall’altra i laziali con il loro “Vola Lazio!”, entrambe le curve pronte a dimostrare chi è il vero re dello stadio.
La Battaglia delle Coreografie
Non si tratta solo di cantare, ma di creare spettacoli visivi che lascino il segno. La frase “Una partita nella partita” non è mai stata così vera, con entrambe le tifoserie che investono tempo e denaro per preparare coreografie mozzafiato.
Il Volume della Passione
Il volume delle urla e dei cori è direttamente proporzionale alla passione dei tifosi. “Forza Roma!” e “Vola Lazio!” rimbombano nello stadio, con i decibel che salgono alle stelle, cercando di sovrastare il rumore dell’avversario.
La Sfida Continua
Questa rivalità non si esaurisce mai. Ogni incontro è un’occasione per dimostrare chi è il più appassionato, chi sa fare più rumore e chi riesce a mettere in scena la coreografia più impressionante. La partita sul campo è solo un contorno rispetto a questa sfida senza fine tra le due tifoserie.
Cronaca
Lazio-Roma, da “Ti amo” a “C/mon guys” il big match delle curve: si sfidano le coreografie segrete

Che si tratti di un telone da srotolare sulle teste dei tifosi o di diecimila cartoncini da issare in aria per comporre una scritta, è nel frangente di un attimo che si vince il derby del tifo. Le squadre entrano in campo, i ragazzi in balaustra lanciano il segnale: in un secondo il lavoro e la fatica di decine di romanisti e laziali si materializza in un unico grande spettacolo: «Ti amo» (il romanticismo del tifo che fa discutere), «C’ mon Guys» (l’inglese che invade anche gli stadi italiani, chissà cosa ne pensa la Crusca), «C’è solo l’As Roma» (esclusivismo che fa storcere il naso ai laziali), «100/100 Lazio» (perché la matematica non è mai stata così appassionante). #Derby #Tifo #Coreografie #Roma #Lazio
Olimpico, il big match delle curve: si sfidano le coreografie segrete
Dagli anni ’70 a oggi le due curve si sono esibite in centinaia di coreografie belle da togliere il fiato. Una partita nella partita che nessun tifoso vorrebbe mai perdere, al pari del match vero e proprio. La disputa inizia nelle settimane precedenti con le prime riunioni dedicate alla ricerca dell’idea migliore. Passa per le collette di autofinanziamento, prima di tradursi in una maratona di lavoro nei capannoni fuori città.
La parola d’ordine per vincere il derby del tifo è sempre stata “segretezza”. «Meno gente ci lavora, meglio è», spiega un vecchio tifoso della Roma, tra gli autori dello spettacolo che animò la Sud nel derby del 27 novembre 1994 (segretezza che fa sembrare la CIA un gioco da ragazzi). Non appena Giannini e Signori fecero il loro ingresso in campo la curva fu ricoperta da seimila cartoncini color rosso e arancio a incorniciare 10 strisce di stoffa, lunghe 40 metri e larghe 28 ciascuna, che componevano lo stemma societario.
«Una striscia saliva dal basso e l altra scendeva dall’alto simultaneamente — ricorda — per ogni striscia c’erano tre ragazzi responsabili: due la tenevano e uno la srotolava lungo la curva». In campo uno striscione ammoniva: «C’è solo l’As Roma» (la rivalità che non conosce mezze misure). E quel giorno vinse 3-0, con Carletto Mazzone che a fine partita correva sotto la Sud con i pugni al cielo. Il mister volle abbandonarsi all’abbraccio con la sua gente prima di rilasciare le interviste.
Lo stesso fece Paolo Di Canio il 6 gennaio 2005: segnò sotto la Sud al suo ritorno in biancoceleste e puntò il dito verso i romanisti, in segno di scherno (Lazio-Roma 3-1) (un gesto che ha fatto più rumore di una vittoria). Il capitano della Lazio del resto è cresciuto in curva, da ragazzo occupava i gradoni tra le fila degli Irriducibili, l’ex gruppo leader della tifoseria laziale, sciolto nel 2020 dopo la morte del capo Fabrizio Piscitelli.
Così il 6 ottobre 1991 nacque l’idea di srotolare un enorme telone a coprire la curva: «100/100 Lazio», recitava la scritta corredata da 5mila cartoncini con il nome della squadra.
«Quello spettacolo doveva segnare un cambio di rotta — spiega Antonio “Grinta”, uno dei fondatori del gruppo nato nel 1987 — volevamo dire: durante quei 90 minuti la Lazio viene prima di tutto» (il fanatismo che supera ogni aspettativa). Una scenografia che diede il là al “derby degli stendardi”.
«Fu la prima coreografia del tifo spontaneo — ricorda Antonio — comprammo chilometri di stoffa bianca, blu, celeste: invitammo i tifosi nella vecchia sede di via Bossi e ognuno si fece il suo stendardo. Così la gente partecipò in prima persona alla realizzazione della coreografia». Il 18 aprile 1993 la Nord levò al cielo 7mila drappi biancocelesti.
Occorre attendere il 6 marzo 1994 per osservare il primo telone curato da un giovanissimo Massimo “Disegnello”, l’artista delle scenografie della Nord. «Gli feci vedere il bozzetto — ricorda ancora Antonio — gli chiesi se se la sentisse, mi disse di si». Firmò così uno delle coreografie più amate dai laziali: due braccia che sorreggono una sciarpa biancoceleste e la scritta «C.mon Guys» (un omaggio al britannico Paul Gascoigne, perché il calcio è internazionale anche nei cori). La scritta fu ripresa da un messaggio di Paul Gascoigne, che alla vigilia del derby era andato a salutare i tifosi nella sede in via Bossi.
Hanno fatto storia anche i volti dei giocatori più rappresentativi, «figli di Roma, capitani e bandiere», esposti l’11 gennaio 2015 (Roma-Lazio 2-2).
C’erano bomber Rodolfo Wolk, il capitano Agostino Di Bartolomei. «Ago» era in campo il 23 ottobre 1983, quando dalla Sud si levarono due parole rimaste nella storia del tifo. Perché, per dirla con Tonino Cagnucci, «c’è stato un tempo in cui il popolo è stato al potere e con quel potere ha detto “Ti amo”» (un romanticismo che fa sembrare i tifosi dei poeti).
Oggi è tutto pronto, alle 20.45 occhi puntati sui ragazzi in balaustra. #StadioOlimpico #Passione #CalcioItaliano
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