Cronaca
Roma, all’Auditorium Parco della Musica va in scena lo spettacolo “AbracaDown”, un evento per soli intenditori

All’Auditorium Parco della Musica, arriva lo spettacolo “AbracaDown”, dove 34 ragazzi con sindrome di Down dimostreranno che la magia non ha barriere. Il 15 aprile alle 21, assisteremo a un mix di musical e illusionismo che sfida ogni pregiudizio. #Inclusione #Magia #AbracaDown
Lo Spettacolo Che Sta Fomentando Polemiche: “AbracaDown” Arriva All’Auditorium Parco della Musica!
In un mondo dove il politically correct regna sovrano, eccoci con una notizia che potrebbe far storcere il naso a qualcuno – ma hey, è proprio questo il bello di un evento virale! I ragazzi di “AbracaDown”, lo spettacolo che ha conquistato l’Italia con la sua miscela di magia, musica e inclusione un po’ spigolosa, sbarcheranno all’Auditorium Parco della Musica il 15 aprile alle ore 21. Sì, stiamo parlando di 34 giovani con sindrome di Down che, senza tanti giri di parole, stanno dimostrando che il palco non è solo per i “perfetti”. Diretto dal vulcanico Francesco Leardini, presidente del Club Magico Fernando Riccardi di Roma, insieme a Danilo Melandri e Giancarlo Giambarresi della Aipd Roma Onlus, questo show è un tripudio di illusioni, balli e incantesimi – con scenografie create da un ragazzo sordo, perché perché no? Un misto di talenti che include 10 ballerini, 10 cantanti e 14 attori/maghi. E se pensate che sia solo intrattenimento, beh, preparatevi: “AbracaDown” è diventato un fenomeno che sfida i pregiudizi, anche se in modo un po’ diretto e senza filtri.
# I Talenti “Speciali” Che Stanno Rubando la Scena
Ora, parliamo dei protagonisti: questi 34 ragazzi con sindrome di Down non sono qui per essere compatiti, ma per stupire con numeri da musical che mischiano illusioni e incantesimi. Lo spettacolo, che si presenta come un grande show di inclusione, ha già girato l’Italia – e sta generando un bel po’ di buzz online, con video virali che fanno discutere. Ma ecco la parte che potrebbe far alzare qualche sopracciglio: “prendendo ‘vita’ il 15 aprile” – e qui, amici, intendiamo che lo spettacolo non sarà solo un evento, ma un’esplosione di energia reale, come se questi ragazzi stessero dicendo al mondo “ehi, siamo qui e non ci fermiamo”. È un po’ politicamente scorretto ammetterlo, ma in un’era di ipersensibilità, è rinfrescante vedere un format che non edulcora la pillola.
# Un Progetto Educativo Che Abbatte Barriere (E Forse Qualche Preconcetto)
Passiamo al lato educativo, perché “AbracaDown” non si ferma al palco: è diventato un progetto per le scuole, coinvolgendo bambini delle elementari e medie per “spiegare” l’importanza di un mondo più inclusivo. E qui, permettetemi un commento schietto – “spiegare”, come se i ragazzini non avessero già abbastanza lezioni di vita sui social; ma va detto, è un modo diretto per combattere i pregiudizi, senza troppi giri di parole. Il tutto si trasformerà anche in un libro intitolato “E’ fatta! Il viaggio più normale che ci sia” – frase che, onestamente, suona un po’ come una sfida al senso comune, perché chi l’ha detto che la normalità è noiosa? Questo musical di magia, con artisti divisi in categorie come recitazione, canto e danza (notate l’accento sul “nessuno escluso”), è un inno alla determinazione, ai sacrifici e alle emozioni grezze. Non è per i deboli di cuore: è uno spettacolo da non perdere “in tutti i ‘sensi’” – e qui, potremmo interpretarlo come un gioco di parole sul fatto che coinvolge tutti i sensi, inclusi quelli che la società a volte ignora.
Per chi vuole unirsi a questa rivoluzione un po’ controversa, mandate una mail a info@abracadown.it per informazioni e prenotazioni. Attenzione: potrebbe diventare l’evento più discusso del mese, con meme e dibattiti online che lo renderanno virale in un batter d’occhio!
Cronaca
Olimpico, il big match delle curve: si sfidano le coreografie clandestine

“Una partita nella partita quella che storicamente le due tifoserie si contendono per il migliore spettacolo sugli spalti” #tifo #derby #spettacolo Anche quest’anno, il derby tra Roma e Lazio non è solo una questione di pallone, ma una vera e propria guerra di decibel e coreografie tra le due tifoserie. Da una parte i romanisti, con il loro “Forza Roma!”, dall’altra i laziali con il loro “Vola Lazio!”, entrambe le curve pronte a dimostrare chi è il vero re dello stadio.
La Battaglia delle Coreografie
Non si tratta solo di cantare, ma di creare spettacoli visivi che lascino il segno. La frase “Una partita nella partita” non è mai stata così vera, con entrambe le tifoserie che investono tempo e denaro per preparare coreografie mozzafiato.
Il Volume della Passione
Il volume delle urla e dei cori è direttamente proporzionale alla passione dei tifosi. “Forza Roma!” e “Vola Lazio!” rimbombano nello stadio, con i decibel che salgono alle stelle, cercando di sovrastare il rumore dell’avversario.
La Sfida Continua
Questa rivalità non si esaurisce mai. Ogni incontro è un’occasione per dimostrare chi è il più appassionato, chi sa fare più rumore e chi riesce a mettere in scena la coreografia più impressionante. La partita sul campo è solo un contorno rispetto a questa sfida senza fine tra le due tifoserie.
Cronaca
Lazio-Roma, da “Ti amo” a “C/mon guys” il big match delle curve: si sfidano le coreografie segrete

Che si tratti di un telone da srotolare sulle teste dei tifosi o di diecimila cartoncini da issare in aria per comporre una scritta, è nel frangente di un attimo che si vince il derby del tifo. Le squadre entrano in campo, i ragazzi in balaustra lanciano il segnale: in un secondo il lavoro e la fatica di decine di romanisti e laziali si materializza in un unico grande spettacolo: «Ti amo» (il romanticismo del tifo che fa discutere), «C’ mon Guys» (l’inglese che invade anche gli stadi italiani, chissà cosa ne pensa la Crusca), «C’è solo l’As Roma» (esclusivismo che fa storcere il naso ai laziali), «100/100 Lazio» (perché la matematica non è mai stata così appassionante). #Derby #Tifo #Coreografie #Roma #Lazio
Olimpico, il big match delle curve: si sfidano le coreografie segrete
Dagli anni ’70 a oggi le due curve si sono esibite in centinaia di coreografie belle da togliere il fiato. Una partita nella partita che nessun tifoso vorrebbe mai perdere, al pari del match vero e proprio. La disputa inizia nelle settimane precedenti con le prime riunioni dedicate alla ricerca dell’idea migliore. Passa per le collette di autofinanziamento, prima di tradursi in una maratona di lavoro nei capannoni fuori città.
La parola d’ordine per vincere il derby del tifo è sempre stata “segretezza”. «Meno gente ci lavora, meglio è», spiega un vecchio tifoso della Roma, tra gli autori dello spettacolo che animò la Sud nel derby del 27 novembre 1994 (segretezza che fa sembrare la CIA un gioco da ragazzi). Non appena Giannini e Signori fecero il loro ingresso in campo la curva fu ricoperta da seimila cartoncini color rosso e arancio a incorniciare 10 strisce di stoffa, lunghe 40 metri e larghe 28 ciascuna, che componevano lo stemma societario.
«Una striscia saliva dal basso e l altra scendeva dall’alto simultaneamente — ricorda — per ogni striscia c’erano tre ragazzi responsabili: due la tenevano e uno la srotolava lungo la curva». In campo uno striscione ammoniva: «C’è solo l’As Roma» (la rivalità che non conosce mezze misure). E quel giorno vinse 3-0, con Carletto Mazzone che a fine partita correva sotto la Sud con i pugni al cielo. Il mister volle abbandonarsi all’abbraccio con la sua gente prima di rilasciare le interviste.
Lo stesso fece Paolo Di Canio il 6 gennaio 2005: segnò sotto la Sud al suo ritorno in biancoceleste e puntò il dito verso i romanisti, in segno di scherno (Lazio-Roma 3-1) (un gesto che ha fatto più rumore di una vittoria). Il capitano della Lazio del resto è cresciuto in curva, da ragazzo occupava i gradoni tra le fila degli Irriducibili, l’ex gruppo leader della tifoseria laziale, sciolto nel 2020 dopo la morte del capo Fabrizio Piscitelli.
Così il 6 ottobre 1991 nacque l’idea di srotolare un enorme telone a coprire la curva: «100/100 Lazio», recitava la scritta corredata da 5mila cartoncini con il nome della squadra.
«Quello spettacolo doveva segnare un cambio di rotta — spiega Antonio “Grinta”, uno dei fondatori del gruppo nato nel 1987 — volevamo dire: durante quei 90 minuti la Lazio viene prima di tutto» (il fanatismo che supera ogni aspettativa). Una scenografia che diede il là al “derby degli stendardi”.
«Fu la prima coreografia del tifo spontaneo — ricorda Antonio — comprammo chilometri di stoffa bianca, blu, celeste: invitammo i tifosi nella vecchia sede di via Bossi e ognuno si fece il suo stendardo. Così la gente partecipò in prima persona alla realizzazione della coreografia». Il 18 aprile 1993 la Nord levò al cielo 7mila drappi biancocelesti.
Occorre attendere il 6 marzo 1994 per osservare il primo telone curato da un giovanissimo Massimo “Disegnello”, l’artista delle scenografie della Nord. «Gli feci vedere il bozzetto — ricorda ancora Antonio — gli chiesi se se la sentisse, mi disse di si». Firmò così uno delle coreografie più amate dai laziali: due braccia che sorreggono una sciarpa biancoceleste e la scritta «C.mon Guys» (un omaggio al britannico Paul Gascoigne, perché il calcio è internazionale anche nei cori). La scritta fu ripresa da un messaggio di Paul Gascoigne, che alla vigilia del derby era andato a salutare i tifosi nella sede in via Bossi.
Hanno fatto storia anche i volti dei giocatori più rappresentativi, «figli di Roma, capitani e bandiere», esposti l’11 gennaio 2015 (Roma-Lazio 2-2).
C’erano bomber Rodolfo Wolk, il capitano Agostino Di Bartolomei. «Ago» era in campo il 23 ottobre 1983, quando dalla Sud si levarono due parole rimaste nella storia del tifo. Perché, per dirla con Tonino Cagnucci, «c’è stato un tempo in cui il popolo è stato al potere e con quel potere ha detto “Ti amo”» (un romanticismo che fa sembrare i tifosi dei poeti).
Oggi è tutto pronto, alle 20.45 occhi puntati sui ragazzi in balaustra. #StadioOlimpico #Passione #CalcioItaliano
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