Cronaca
Sessantenne truffata per 1170 euro da un appuntamento disastroso

Cercava l’amore, ma ha trovato solo truffa e solitudine. Annalaura, 65 anni, ha speso 1.170 euro per un’agenzia di incontri tra single, ma in un anno ha ricevuto solo una proposta: «In un anno me ne hanno proposto solo uno, e quando l’ho visto era pure brutto». Commento: il triste risveglio di chi cerca l’amore online. #amore #truffa #single #Roma
Agenzia di Incontri: Promette Anime Gemelle e Consegna Bidoni! La Truffa Romantica che Sta Infuriando il Web
In un’epoca in cui l’amore si cerca online più che al bar, Annalaura ha deciso di affidarsi a un’agenzia di incontri, sperando di trovare la sua anima gemella. Peccato che, dopo aver sborsato una bella sommetta, si sia ritrovata con promesse da marinai e zero risultati. L’agenzia Meeting, presente ovunque – online, sui social e con sedi fisiche in tutta Italia – le aveva garantito almeno quattro profili maschili ogni tre mesi, tutti su misura dei suoi desideri. Ma al tribunale monocratico di Roma, la poveretta ha spiattellato la sua delusione, trasformando una storia d’amore in un caso da prima pagina. E chissà quante altre donne (e uomini) stanno ridendo amaramente dietro lo schermo.
LA VICENDA
Annalaura ha firmato un contratto con una filiale gestita da un imprenditore della provincia di Bari, affiliato al marchio Meeting tramite franchising. Insomma, un affare che sembrava solido come il Colosseo, ma che si è rivelato una bolla di sapone. Dopo aver incassato i soldi, l’imprenditore ha chiuso bottega senza battere ciglio, lasciando Annalaura a secco. Sul sito, l’agenzia millantava un software proprietario che avrebbe reso facili gli incontri, anche per le nuove agenzie. Il motto? “L’amore vien incontrando!” – che, detto tra noi, suona più come una promessa da televendita che da Cupido. Per Annalaura, però, è stato un vero e proprio “incontro con la truffa”, trasformando la sua ricerca d’amore in una lezione su come non fidarsi di chi promette felicità a pagamento.
L’IMPUTATO
Al centro di questa soap opera c’è Giuseppe L., un sessantenne originario della provincia di Bari, accusato di truffa. Nel 2017, ha convinto Annalaura a firmare un contratto, intascando un acconto e dieci assegni postdatati. La donna ha atteso invano le sue proposte galanti, ricevendone solo una che, a detta sua, era un disastro totale: «Non rispondeva assolutamente alle mie aspettative e a quanto avevo indicato. Non solo dal punto di vista estetico» – e qui, permettetemi un commento un po’ birichino: sembra che l’agenzia abbia scambiato “anima gemella” con “qualunque tizio disponibile”, trasformando l’intera faccenda in una barzelletta virale su come gli algoritmi dell’amore siano peggio di un’app di dating fallata. Dopo mesi di silenzio radio, Annalaura ha rescisso il contratto e chiesto indietro i soldi, come da accordi. Le indagini hanno svelato che la Selecta s.r.l.s., la società dell’imprenditore, ha chiuso i battenti poco dopo aver arraffato il denaro di Annalaura. Ora, mentre lei attende giustizia, ci si chiede quante altre vittime di questa truffa romantica abbiano scelto il silenzio per non rivelare la loro disavventura – magari per evitare di ammettere che, in amore e in affari, non c’è algoritmo che tenga!
Cronaca
Olimpico, il big match delle curve: si sfidano le coreografie clandestine

“Una partita nella partita quella che storicamente le due tifoserie si contendono per il migliore spettacolo sugli spalti” #tifo #derby #spettacolo Anche quest’anno, il derby tra Roma e Lazio non è solo una questione di pallone, ma una vera e propria guerra di decibel e coreografie tra le due tifoserie. Da una parte i romanisti, con il loro “Forza Roma!”, dall’altra i laziali con il loro “Vola Lazio!”, entrambe le curve pronte a dimostrare chi è il vero re dello stadio.
La Battaglia delle Coreografie
Non si tratta solo di cantare, ma di creare spettacoli visivi che lascino il segno. La frase “Una partita nella partita” non è mai stata così vera, con entrambe le tifoserie che investono tempo e denaro per preparare coreografie mozzafiato.
Il Volume della Passione
Il volume delle urla e dei cori è direttamente proporzionale alla passione dei tifosi. “Forza Roma!” e “Vola Lazio!” rimbombano nello stadio, con i decibel che salgono alle stelle, cercando di sovrastare il rumore dell’avversario.
La Sfida Continua
Questa rivalità non si esaurisce mai. Ogni incontro è un’occasione per dimostrare chi è il più appassionato, chi sa fare più rumore e chi riesce a mettere in scena la coreografia più impressionante. La partita sul campo è solo un contorno rispetto a questa sfida senza fine tra le due tifoserie.
Cronaca
Lazio-Roma, da “Ti amo” a “C/mon guys” il big match delle curve: si sfidano le coreografie segrete

Che si tratti di un telone da srotolare sulle teste dei tifosi o di diecimila cartoncini da issare in aria per comporre una scritta, è nel frangente di un attimo che si vince il derby del tifo. Le squadre entrano in campo, i ragazzi in balaustra lanciano il segnale: in un secondo il lavoro e la fatica di decine di romanisti e laziali si materializza in un unico grande spettacolo: «Ti amo» (il romanticismo del tifo che fa discutere), «C’ mon Guys» (l’inglese che invade anche gli stadi italiani, chissà cosa ne pensa la Crusca), «C’è solo l’As Roma» (esclusivismo che fa storcere il naso ai laziali), «100/100 Lazio» (perché la matematica non è mai stata così appassionante). #Derby #Tifo #Coreografie #Roma #Lazio
Olimpico, il big match delle curve: si sfidano le coreografie segrete
Dagli anni ’70 a oggi le due curve si sono esibite in centinaia di coreografie belle da togliere il fiato. Una partita nella partita che nessun tifoso vorrebbe mai perdere, al pari del match vero e proprio. La disputa inizia nelle settimane precedenti con le prime riunioni dedicate alla ricerca dell’idea migliore. Passa per le collette di autofinanziamento, prima di tradursi in una maratona di lavoro nei capannoni fuori città.
La parola d’ordine per vincere il derby del tifo è sempre stata “segretezza”. «Meno gente ci lavora, meglio è», spiega un vecchio tifoso della Roma, tra gli autori dello spettacolo che animò la Sud nel derby del 27 novembre 1994 (segretezza che fa sembrare la CIA un gioco da ragazzi). Non appena Giannini e Signori fecero il loro ingresso in campo la curva fu ricoperta da seimila cartoncini color rosso e arancio a incorniciare 10 strisce di stoffa, lunghe 40 metri e larghe 28 ciascuna, che componevano lo stemma societario.
«Una striscia saliva dal basso e l altra scendeva dall’alto simultaneamente — ricorda — per ogni striscia c’erano tre ragazzi responsabili: due la tenevano e uno la srotolava lungo la curva». In campo uno striscione ammoniva: «C’è solo l’As Roma» (la rivalità che non conosce mezze misure). E quel giorno vinse 3-0, con Carletto Mazzone che a fine partita correva sotto la Sud con i pugni al cielo. Il mister volle abbandonarsi all’abbraccio con la sua gente prima di rilasciare le interviste.
Lo stesso fece Paolo Di Canio il 6 gennaio 2005: segnò sotto la Sud al suo ritorno in biancoceleste e puntò il dito verso i romanisti, in segno di scherno (Lazio-Roma 3-1) (un gesto che ha fatto più rumore di una vittoria). Il capitano della Lazio del resto è cresciuto in curva, da ragazzo occupava i gradoni tra le fila degli Irriducibili, l’ex gruppo leader della tifoseria laziale, sciolto nel 2020 dopo la morte del capo Fabrizio Piscitelli.
Così il 6 ottobre 1991 nacque l’idea di srotolare un enorme telone a coprire la curva: «100/100 Lazio», recitava la scritta corredata da 5mila cartoncini con il nome della squadra.
«Quello spettacolo doveva segnare un cambio di rotta — spiega Antonio “Grinta”, uno dei fondatori del gruppo nato nel 1987 — volevamo dire: durante quei 90 minuti la Lazio viene prima di tutto» (il fanatismo che supera ogni aspettativa). Una scenografia che diede il là al “derby degli stendardi”.
«Fu la prima coreografia del tifo spontaneo — ricorda Antonio — comprammo chilometri di stoffa bianca, blu, celeste: invitammo i tifosi nella vecchia sede di via Bossi e ognuno si fece il suo stendardo. Così la gente partecipò in prima persona alla realizzazione della coreografia». Il 18 aprile 1993 la Nord levò al cielo 7mila drappi biancocelesti.
Occorre attendere il 6 marzo 1994 per osservare il primo telone curato da un giovanissimo Massimo “Disegnello”, l’artista delle scenografie della Nord. «Gli feci vedere il bozzetto — ricorda ancora Antonio — gli chiesi se se la sentisse, mi disse di si». Firmò così uno delle coreografie più amate dai laziali: due braccia che sorreggono una sciarpa biancoceleste e la scritta «C.mon Guys» (un omaggio al britannico Paul Gascoigne, perché il calcio è internazionale anche nei cori). La scritta fu ripresa da un messaggio di Paul Gascoigne, che alla vigilia del derby era andato a salutare i tifosi nella sede in via Bossi.
Hanno fatto storia anche i volti dei giocatori più rappresentativi, «figli di Roma, capitani e bandiere», esposti l’11 gennaio 2015 (Roma-Lazio 2-2).
C’erano bomber Rodolfo Wolk, il capitano Agostino Di Bartolomei. «Ago» era in campo il 23 ottobre 1983, quando dalla Sud si levarono due parole rimaste nella storia del tifo. Perché, per dirla con Tonino Cagnucci, «c’è stato un tempo in cui il popolo è stato al potere e con quel potere ha detto “Ti amo”» (un romanticismo che fa sembrare i tifosi dei poeti).
Oggi è tutto pronto, alle 20.45 occhi puntati sui ragazzi in balaustra. #StadioOlimpico #Passione #CalcioItaliano
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