Cronaca
CASO REGENI Le rivelazioni del nuovo testimone

CASO REGENI Le rivelazioni del nuovo testimone. Giulio Regeni ucciso dai servizi di sicurezza perché gli egiziani credevano fosse una spia inglese.
A dichiararlo non sono gli inquirenti italiani che indagano sul rapimento e la morte del giovane ricercatore. A dirlo è un supertestimone che ascoltò una conversazione tra uno degli agenti responsabili del rapimento e un poliziotto africano. Il funzionario indicato dal testimone è uno dei cinque che la Procura di Roma ha iscritto sul registro degli indagati. Secondo gli inquirenti gli indizi raccolti bastano a ipotizzare il coinvolgimento del generale Sabir Tareq, del colonnello Uhsam Helmy, del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, dell’assistente Mahmoud Najem e del colonnello Ather Kamal, all’epoca capo della polizia investigativa del Cairo.
Quest’ultimo coinvolto anche nel depistaggio con cui si voleva chiudere il caso addossando la responsabilità a una banda di criminali comuni uccisi in un conflitto a fuoco. Le ammissioni vennero fatte nel corso di un pranzo. Il funzionario discuteva di questioni legate alla lotta interna all’opposizione politica dell’Egitto senza accorgersi di essere ascoltato dal testimone seduto al tavolo accanto. A un certo punto l’egiziano comincia a parlare del “ragazzo italiano”.
Racconta dei pedinamenti e delle intercettazioni telefoniche fino al 24 gennaio del 2016, vigilia della scomparsa. Inoltre aggiunge di essere stato protagonista dell’operazione che lo avrebbe fatto scomparire. “Ci convincemmo che era una spia e scoprimmo che il 25 gennaio doveva incontrare una persona che ritenevamo sospetta. Per questo entrammo in azione quel giorno”, avrebbe detto l’ufficiale. Stando al testimone quel che accade a Giulio è proprio l’ufficiale egiziano a raccontarlo al suo interlocutore: “Caricammo il ragazzo italiano in macchina. Io stesso lo colpii più volte duramente al volto”.
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I Consigli per Non Cadere nella Trappola
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