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STADIO della ROMA Salta l’accordo tra Raggi e Pallotta

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STADIO della ROMA Salta l’accordo tra Raggi e Pallotta

STADIO della ROMA Salta l’accordo tra Raggi e Pallotta. Nella giunta della Sindaca capitolina ormai c’è chi ci scommette: “Il progetto dello stadio a Tor di Valle non supererà l’estate. La distanza con i privati è troppo marcata”, parole di un assessore fedelissimo della sindaca.

L’accordo tra Raggi e Pallotta per la realizzazione del nuovo stadio giallorosso sembra essere sempre più lomtano. Fumata nera al vertice tra i dirigenti del Campidoglio gli emissari di James Pallotta ha certificato che l’intesa per il momento è solo un miraggio. “Passi avanti? Zero, restano tutti i nodi”, ammette a tarda notte un membro della delegazione dei proponenti appena uscito dagli uffici dell’Urbanistica comunale all’Eur al termine della riunione fiume a cui ha preso parte anche il direttore generale dell’As Roma, Mauro Baldissoni.

Nessun accordo trovato e lo stadio si allontana sempre di più. Si litiga sulla convenzione urbanistica, l’atto con cui i proponenti si impegnano a realizzare le opere pubbliche promesse e il Comune cede in cambio volumetrie. Una pioggia di metri cubi per alberghi, negozi, uffici e ristoranti. Il vero core business dell’operazione stadio. Le infrastrutture pubbliche erano state annotate in una delibera del 2017. Il provvedimento con cui l’Assemblea capitolina aveva concesso un via libera preliminare al progetto Tor di Valle dopo quello del 2014 di Ignazio Marino.

Poi le ‘condizioni’ imposte ai privati sono state confermate (e rafforzate) dalla conferenza dei servizi della Regione. Ora che dovrebbero essere ratificate nella convenzione urbanistica e diventare definitive i toni si sono alzati fino a sfociare nello scontro. I privati hanno chiesto di rimodulare i patti. Hanno chiesto di dilazionare il pagamento dei 45 milioni di euro per la mobilità pubblica, per potenziare la malandata ferrovia Roma-Lido. I privati hanno proposto un piano alternativo per il traffico: più corsie per i bus in attesa della Pisana. Ma se la Roma-Lido non si fa, niente stadio, ha replicato in sostanza il Campidoglio.

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Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

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Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

Kevin Bonifazi, difensore classe ’96 oggi al Sassuolo, ha raccontato a Repubblica la sua gavetta dal quartiere popolare di Roma Est al calcio professionistico, tra sacrifici e una carriera frenata da infortuni. #Calcio #StorieDiSport #Sassuolo #Roma


La scoperta del calcio vero

«Alla Tor Tre Teste ho capito cos’è davvero il calcio». Kevin Bonifazi, difensore classe ’96, oggi al Sassuolo, è cresciuto tra i campi del Lazio. Oltre 170 presenze tra i professionisti, di cui 125 in Serie A. Ma prima di Torino, Spal, Udinese, Bologna, c’è stata Roma Est.

Quando ha iniziato a giocare?

«Da bambino, nel mio paese: Toffia, in provincia di Rieti. A dieci anni mio padre portò me e mio fratello al Tor di Quinto, poi passammo alla Tor Tre Teste. Lavorava su Roma e voleva che giocassimo in una società strutturata. Mio fratello era molto più bravo di me. Io ero normale, diciamo».

Perché anche tu?

«Mio padre chiese di prendere anche me, perché era troppo complicato gestirci in due posti diversi. Il presidente di allora scherzando disse: “Lascialo qua, è grosso, vediamo che sa fare”. Mi misero nella seconda squadra».

E com’è andata?

«All’inizio giocavo poco, a volte nemmeno mi convocavano. Ma l’anno dopo sono arrivato migliorato fisicamente e tecnicamente. In poco tempo sono diventato il capitano».

È stato il momento più bello?

«Più o meno. Giocammo la finale Giovanissimi Nazionali, vincendola 3-0. Ma fu annullata perché facemmo un cambio in più. Le lacrime si sono sprecate».

Poi il passaggio al Siena

«La Tor Tre Teste aveva un accordo che ogni anno prevedeva una prelazione su cinque giocatori. Io ero tra quelli. Ricordo il primo allenamento: eravamo timidi, ma in campo dominammo. Ci presero tutti e cinque».

Quanto ha inciso la Tor Tre Teste in quel salto?

«Tantissimo. Quando sono arrivato a Siena ho capito quanto mi avessero preparato bene. È una società dilettantistica ma lavora come un club professionistico. Ti formano, ti abitua a ritmi, disciplina, cura tecnica. Vai in un club pro e sei già pronto».

Il ricordo più bello?

«Fu una sgridata. Di ritorno da una trasferta, sul pullman intonammo un coro in previsione dell’arrivo all’Autogrill. Un dirigente ci zittì: “Se vi azzardate a prendere qualcosa senza pagare vi mandiamo via e vi denunciamo”. Eravamo ragazzi svegli, ma ci tenevano in riga. La società era molto attenta al comportamento».

Rieti-Roma tutti i giorni, difficile?

«Sì, ma non ci pesava. Io e mio fratello uscivamo di casa alle 8 con la borsa di scuola e quella del calcio. Un chilometro e mezzo a piedi fino alla stazione, 45 minuti di treno, 25 di metro, poi la navetta della società da Ponte Mammolo. Quattro volte a settimana. Tornavamo a casa alle otto di sera. Oggi non lo rifarei mai».

Oggi il Sassuolo, come va?

«Negli ultimi due anni ho subito tre operazioni allo stesso ginocchio e questo ha frenato la mia carriera. Ho scelto di ripartire da una categoria inferiore, ma in una società che lavora da Serie A in tutto. Ieri siamo stati promossi ma mi auguro di vincere il mandato. A livello personale questo per me è un nuovo inizio».

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Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

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Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

In un mondo dove il calcio giovanile sembra più una vetrina per trofei che una fucina di talenti, il presidente D’Adamo ribalta la prospettiva: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca". Ecco la rivoluzione silenziosa del calcio giovanile. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo


Un Modello Sostenibile

Un modello sostenibile fondato sul mercato e non sui trofei. Il presidente D’Adamo: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca"


La Rivoluzione del Calcio Giovanile

In un’epoca dove il calcio giovanile è spesso ridotto a una corsa sfrenata per accumulare trofei, il presidente D’Adamo propone una visione alternativa. "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca" Ecco una rivoluzione che potrebbe cambiare il volto del calcio giovanile italiano, puntando sulla crescita dei giovani piuttosto che sulla collezione di medaglie. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo

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