Cronaca
OSTIA Bambino morto dopo malore, genitori convocati in Procura

OSTIA Bambino morto dopo malore, genitori convocati in Procura: le ultime.
OSTIA Bambino morto dopo malore, il giallo si infittisce. 11 anni, il piccolo ha accusato un malore a scuola, durante l’ora di educazione fisica, ed è morto poco dopo al pronto soccorso dell’ospedale Grassi. Al vaglio il mancato uso dei defibrillatori: «Non ce n’è stato bisogno – puntualizza la preside della scuola – perché prontamente è intervenuta la docente formata nelle operazioni di primo soccorso e poi subito i sanitari arrivati in pochi minuti dall’ospedale a noi vicino».
Tempo non sufficiente dunque, ma non solo: a quanto risulta, inoltre, gli strumenti per la rianimazione cardiopolmonare erano riposti in un’altra ala dell’istituto. Un elemento confermato da dirigenti e docenti dell’istituto durante gli interrogatori. Al momento l’ipotesi d’accusa è omicidio colposo: i pm vogliono infatti appurare che non ci siano state negligenze. Le indagini in tal senso sono state affidate gli agenti del commissariato del Lido, che stanno lavorando in maniera del tutto scrupolosa. Ieri sera è giunta in Procura una nuova informativa, contenente la documentazione sanitaria e le cartelle cliniche del piccolo. Sono stati il papà e la mamma del bambino a fornire queste ultime, ora al vaglio dei magistrati di piazzale Clodio.
Proprio i genitori sono stati ascoltati ieri dai pm capitolini. L’obiettivo è quello di far luce sugli ultimi quattro anni di cure. «Mio figlio è stato seguito sin dal primo momento – ha detto il papà – fin dalla prima comparsa dei sintomi abbiamo effettuato tutti gli accertamenti, lo abbiamo affidato alle cure dei medici e siamo stati il più possibile scrupolosi per terapie ed esami effettuati». Il bambino soffriva di “sincopi” ricorrenti: sveniva spesso, ma poi tutto passava. «Non sapevamo delle sue condizioni di salute e non aveva nessun tipo di restrizione per quanto riguardava l’attività motoria», ribadisce la dirigente scolastica. Ma più di una volta la mamma è dovuta correre a scuola per i malori del figlio. «È capitato in passato – fa sapere un collaboratore scolastico – che la madre venisse a scuola per praticarli un massaggio sul torace e lui si riprendeva». Anche per il campo scuola, la mamma si era raccomandata con gli insegnanti affinché suo figlio prendesse delle medicine specifiche.
Gli era stato anche impiantato un loop recorder, un dispositivo sottocutaneo utilizzato per i disturbi del ritmo del cuore. Il bambino era dunque sotto monitoraggio dopo gli ultimi episodi del mese scorso.
Intanto ieri a Ostia è stato il giorno del lutto. Alle otto di mattina, i compagni dell’11enne sono entrati in classe in lacrime e ancora scossi per quanto accaduto. Nel luogo della tragedia è stato posto un mazzo di fiori. Qualche compagno di scuola ha scritto inoltre una lettera colorata di giallo e rosso, come la ‘sua’ Roma: «Ci mancherai». Fino a un anno fa giocava nella scuola calcio ‘Francesco Totti’ alla Longarina: anche i certificati di sana e robusta costituzione presentati alla società sportiva e alla scuola nonostante i malori sono ora al vaglio degli inquirenti.
Cronaca
Non è cattivo, ma siamo preoccupati per il suo comportamento razzista

"A Roma, i cinghiali sono tornati, o forse non se ne sono mai andati. Uno avvistato all’Eur scatena il panico tra i residenti. «Il cinghiale non è cattivo, ma siamo comunque preoccupati». Ecco il caos della capitale! #Roma #Cinghiali #Eur"
Sono tornati. Anzi, non hanno mai abbandonato le strade della città. A Roma, da qualche settimana, sono apparsi nuovamente i cinghiali. Uno per l’esattezza, stando alle immagini raccolte da un passante in zona Eur. Il terrore tra gli abitanti del quadrante sud della Capitale resta sempre alto: «Il cinghiale non è cattivo, ma siamo comunque preoccupati. In merito alla questione – confida un residente – penso che ci sia un enorme vuoto normativo».
Le segnalazioni
Il video è stato girato pochi giorni fa: l’ungulato scorrazzava tra le macchine alla ricerca di risorse alimentari e a pochi metri da un passante per poi andarsi a rifugiare all’interno di un’area verde. Nel frattempo anche sui gruppi di quartiere spuntano diverse segnalazioni. Nel quartiere Portuense, una famiglia di cinghiali è stata avvistata in via Isacco Newton. Un automobilista, nei giorni scorsi, è stato peraltro vittima di un incidente mentre percorreva una strada nel medesimo quartiere a causa di un cinghiale. L’animale è deceduto mentre lidirectionalità uomo e la compagna non hanno riportato ferite se non un grande spavento. L’auto, invece, ha subito diversi danni. «In questo momento – afferma l’esperto Andrea Lunerti – si aggirano in città le femmine, gravide, alla ricerca di posti dove mettere al mondo i cuccioli. I cinghiali hanno imparato a frequentare gli ambienti dell’uomo e a proteggersi da altri predatori come lupi e volpi. Hanno peraltro acquisito – sostiene Lunerti – una certa confidenza con i luoghi antropizzati. Le mamme scelgono i condomini per mettere al mondo i piccoli». Facciamo dunque attenzione «quando li notiamo nei pressi di un palazzo o cortile: un cinghiale di grosse dimensioni potrebbe aver messo al mondo i piccoli e qualche bambino che gioca a pallone o un altro passante potrebbe avvicinarsi incautamente al loro nido. Quando partoriscono, i cinghiali costruiscono veri e propri nidi – anche a terra – utilizzando materiale vegetale per evitare che i cuccioli si disperdano. Restano all’interno del loro nido per sette giorni e poi iniziano a seguire la mamma nel viaggio verso l’età adulta».
Cronaca
Boss della coca di Roma detenuto, Alessio Capogna percepiva il reddito Inps. Nei guai anche la moglie: ricevuti 35mila euro

Un boss della coca e sua moglie truffano lo Stato con il reddito di cittadinanza mentre sono in carcere. Alessio Capogna, 32 anni, e la consorte beccati a percepire 36mila euro di sussidio. #RedditoDiCittadinanza #Truffe #MalaRomana
False dichiarazioni per il conseguimento del reddito di cittadinanza, è il reato. Chi lo avrebbe compiuto? Un giovane boss della coca, Alessio Capogna, classe 1991, appartenente a una nota famiglia della mala romana, e sua moglie. Capogna è cugino degli ormai noti collaboratori di giustizia della Capitale, i fratelli Fabrizio e Simone, che hanno fornito agli inquirenti dettagli sulla criminalità locale. La moglie, di 36 anni, è coinvolta nello stesso capo di imputazione. Capogna è ritenuto dai carabinieri di Roma Centro il capo di una rete di spaccio sgominata di recente, che riforniva le zone della movida romana da San Basilio.
LA RICHIESTA
I due sono accusati di aver chiesto il sussidio mentre erano detenuti – cosa vietata dalla legge – e di aver percepito tra il 2021 e il 2022 oltre 35 mila euro, precisamente 36mila e 503. «Presentavano domanda di reddito di cittadinanza, pur trovandosi nella condizione detentiva che gli impediva la ricerca di un lavoro», si legge nel capo di imputazione. La procura di Roma ha chiesto per entrambi – difesi dall’avvocato Giancarlo Di Giulio – il rinvio a giudizio. Il gup di Roma deciderà nelle prossime settimane, a meno che non optino per il rito abbreviato, che garantirebbe loro uno sconto di un terzo della pena. Parte offesa nel procedimento è l’Inps, l’ente al quale avevano fatto domanda.
Frate percepisce il reddito di cittadinanza: padre Giuseppe a processo (con i suoi genitori)
Ad accorgersi dell’illecito sono state le forze dell’ordine, che hanno segnalato l’anomalia all’Inps, interrompendo l’erogazione delle somme. Non è la prima volta che gli inquirenti scoprono tra i furbetti del reddito persone con precedenti penali. Se chi chiedeva il sussidio era sotto misure cautelari o aveva condanne negli ultimi 10 anni, non poteva ottenerlo. Tuttavia, bastava non dichiarare questi aspetti nella richiesta per ricevere comunque il sussidio. L’Inps non controllava il casellario giudiziario, ma lo facevano gli inquirenti. Lo scorso anno erano stati scoperti membri dei clan Casamonica e Spada, ora tocca ad Alessio Capogna, con diversi guai con la giustizia alle spalle, l’ultimo dei quali scoperto di recente dai carabinieri.
L’OPERAZIONE
L’indagine, iniziata nel 2023 per attività sospette nelle piazze del Centro, ha rivelato l’esistenza del gruppo "Lele", l’«associazione promossa e organizzata da Capogna», come riportato nell’ordinanza del gip di Roma. Sono state emesse 18 misure cautelari contro i membri del gruppo, specializzato nella vendita di cocaina e crack. Capogna, cugino dei pentiti, gestiva ogni fase dell’attività, dall’arrivo della droga alla base di San Basilio, alla contabilità, fino al reclutamento dei nuovi pusher.
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