Cronaca
Usura estorsione e credito abusivo: tre arresti

Usura estorsione e credito abusivo: tre arresti.
Usura estorsione e credito abusivo. Questi i reati al centro di un’operazione condotta dalle prime luci dell’alba dai poliziotti della Questura di Roma e dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza. Eseguite alcune ordinanze di custodia cautelare, emesse dal G.I.P. su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale. Tre i destinatari: U.R. (classe 1947), sua figlia F.R. (classe 1983) e il “luogotenente” F.P. (classe 1967). Sono accusati di usura, estorsione e abusivo esercizio del credito.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, coordinati dalla D.D.A., la famiglia R. gestiva numerosi rapporti usurari. Nel caso di mancata o ritardata restituzione del denaro, i crediti vantati venivano estorti, insieme a P., con minacce e violenza.
Emblematiche in tal senso le parole proferite da U. R.: “…io te pio a bastonate… non è cattiveria… però devi fare la persona seria… io i soldi che c’ho me li sò fatti con l’anni de galera non me li hanno regalati a me”, “…a me quelli grossi mi piaciono perché fate il botto quando cascate”.
I due uomini sono stati condotti in carcere, mentre per F.R., figlia di U., sono stati disposti gli arresti domiciliari.
La donna è colpevole di aver partecipato fattivamente ad alcuni episodi di usura. In più rIsulta essere compagna di B. G., primogenito del più noto G. A. – defunto pregiudicato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti – e fratello di V. – esponente di vertice dell’omonima cosca calabrese di Guardavalle (CZ), da anni stanziata sul litorale romano, soprattutto tra Nettuno e Anzio.
A carico del clan, la Corte di Appello di Roma, con la sentenza del giugno 2018, ha confermato e inasprito le condanne per associazione mafiosa comminate in primo grado dal Tribunale di Velletri nei confronti di diversi esponenti.
Proprio di questo legame con i G. U.R. si sarebbe spesso servito per conferire maggiore forza intimidatoria alle proprie minacce.
I sodali imponevano pagamenti settimanali per il rientro del debito, cui applicavano tassi di interesse pari al 40% mensile per prestiti fino a € 5.000.
Oltre tale importo si “accontentavano” del 10% mensile, ma, in questo caso, il pagamento avveniva a “capitale fermo”, ovvero non decurtato dalle rate
A confermarlo, l’esempio di una vittima, che per € 80.000 prestati, era stata costretta a restituirne € 8.000 al mese senza che l’importo iniziale venisse ridotto nel tempo. L’usurato era infatti tenuto a estinguere il debito corrispondendo l’intera somma presa a prestito più una rata. Se ritardava con i pagamenti, poi, gli venivano applicate “multe” fino all’intero importo della rata non corrisposta.
Il personale della Polizia di Stato , di concerto con quello della Guardia di Finanza, sotto la regia della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, è riuscito a smantellare definitivamente l’agguerrito sodalizio, liberando dal giogo dell’usura molte famiglie della Capitale.
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