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Cronaca

Profumerie Douglas verso la chiusura: lavoratori in ginocchio. Ma è davvero crisi?

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Profumerie Douglas verso la chiusura: lavoratori in ginocchio. Ma è davvero crisi?

Profumerie Duoglas verso la chiusura: ai primi di febbraio la catena di beauty ha annunciato di voler chiudere alcune decine di negozi.

In seguito la multinazionale ha comunicato ai sindacati che i centri vendita coinvolti in tutta Italia erano 128, una decina nella Capitale. Circa cinquecento lavoratori, in gran parte donne perderanno il loro lavoro nel silenzio più totale. Le motivazioni dell’azienda su questa scelta sono inappuntabili, si parla di perdite di fatturato e redditività dovuti all’emergenza pandemica. Non è la prima volta che l’azienda ritiene di dover chiudere negozi, già
all’inizio del 2019 la Douglas Italia aveva comunicato la chiusura di negozi, a causa di
affitti troppo cari o e perché non redditizi. Con l’acquisizione di Limoni e La Gardenia aveva subito cercato di liberarsi dei “doppioni.” Un gioco che non teneva in alcun conto le sofferenze delle lavoratrici e dei lavoratori , ma si concentrava sui profitti. In quell’occasione i sindacati cercarono di arginare i danni sottoscrivendo un contratto di solidarietà, che pur a fronte della riduzione delle retribuzioni dei dipendenti evitava i licenziamenti. Ora però entra in gioco la pandemia e la sua crisi.

DOUGLAS DAVVERO IN CRISI?

L’azienda Douglas Italia S.p.a. dal 2017 al 2019 ha quasi triplicato il valore della produzione, ha aumentando il fatturato del 217% ed è passato da una pesante perdita a milioni di utili. Sino ad oggi ha ottenuto inoltre i suoi risultati economici, in Italia, anche attraverso i contributi, gli aiuti economici dello Stato, i sacrifici economici delle lavoratrici e dei lavoratori e, ultimi, ma non per importanza tutti gli strumenti di intervento straordinari, per affrontare la crisi dovuta al Covid19, predisposti dal Governo italiano, tra cui i ristori e la cassa integrazione straordinaria.
Douglas ha scoperto che il commercio può essere fatto riducendo al minimo i siti di vendita, limitandoli al minimo necessario per garantirsi una “vetrina” da cui propagare un’immagine di status simbol, e investendo sull’E-commerce. Niente affitti, pochi dipendenti, tanti profitti, una manna.

LA RICHIESTA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Rifondazione Comunista chiede che il Governo, metta in moto quel ministro della Lega incaricato dello Sviluppo economico, impedendo che l’azienda continui a procedere con chiusure unilaterali, chieda conto delle risorse economiche che Douglas ha già percepito e imponga il rispetto dell’ art. 41 della Costituzione attivando programmi affinché l’attività economica privata sia indirizzata a fini sociali. Sulla vicenda attendiamo inoltre di sapere che cosa intendano fare il M5S, dal Campidoglio, e Zingaretti dalla Regione che sino ad oggi, su
questi fatti, si sono limitati a fare i pesci in barile.

La piena affermazione della globalizzazione, che doveva portare il bengodi a tutti, si è
rivelata, per i lavoratori, solo una perdita di diritti, di posti di lavoro, di reddito, di futuro. Ma
tutto ciò non è più sufficiente ai padroni ed ai loro azionisti, che vogliono continuare a
godere degli alti profitti anche nella crisi economica e nella deglobalizzazione che sta
ingenerando. Così le commesse, lavoratrici che quando va bene percepiscono poco di più
di 1200euro di stipendio, vengono indicate alla pubblica opinione come povere donne
sfortunate colpite della mano invisibile del mercato; una povera azienda che nel 2015 era
valutata circa 2,8 miliardi di euro non può sostenerle.

Noi sappiamo i nomi di chi muove le mani invisibili del mercato. In questo caso la famiglia
Kreke, proprietaria, e gli azionisti della multinazionale Douglas, quelli cioè che per il bene supremo dell’azienda e del Moloch profitto non esitano a distruggere le speranze di vita di
chi lavora. I padroni ed i loro azionisti sanno come condurre una guerra di classe e la stanno
vincendo con l’aiuto dell’opinione pubblica. Ma la pubblica opinione siamo noi:
commesse\i, operaie\i, addette alle pulizie, operatori sociali, ecologici, dell’informazione,
impiegati\e, a tempo indeterminato, precari, interinali, o cittadini, fruitori, utenti,
consumatori, clienti, siamo sempre gli stessi: un’unica classe lavoratrice.
Padroni e azionisti della multinazionale Douglas pensano di far prosperare i loro profitti
con l’E-Commerce. Dimostriamo che i lavoratori e le lavoratrici non sono d’accordo con le
loro scelte, asteniamoci dagli acquisti dei loro prodotti dal web. Esprimiamo la nostra
solidarietà alle commesse dei negozi Douglas di Roma colpendo padroni e azionisti nei
loro affetti più cari: Il portafoglio.

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La tragedia di Francesca Ianni a Roma: un albero caduto e i ritardi sui pioppi pericolosi

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La tragedia di Francesca Ianni a Roma: un albero caduto e i ritardi sui pioppi pericolosi

Sconvolgente: A quattro mesi dalla morte di Francesca Ianni sotto un albero fatale, Roma abbatte altri giganti verdi – ma cosa nasconde questa mossa improvvisa? #TragediaNelParco #MisteroAlberi

L’Intervento Inatteso del Comune

A Roma, nel quartiere di Colli Aniene, il Comune ha deciso di abbattere gli alberi dello stesso filare che ha causato la tragica morte di Francesca Ianni, la quarantacinquenne schiacciata da un pioppo crollato nel parco Livio Labor lo scorso 23 dicembre. Amici e familiari sono rimasti sbalorditi da questa azione, che arriva solo ora, lasciando aperte domande inquietanti su come e perché quell’albero sia crollato così facilmente. Fabio Ianni, il fratello della vittima, ha espresso la sua rabbia, chiedendosi se qualcuno avesse ignorato i segnali di pericolo, trasformando una giornata di festa in un incubo perenne.

Le Domande Senza Risposta

Mentre la famiglia attende risposte dall’inchiesta della Procura, le ferite emotive restano aperte. Fabio Ianni si è sfogato, evidenziando come notizie del genere rendano le feste ancora più dolorose, con i nipoti che dovranno convivere per sempre con quelle immagini terrificanti. “È assurdo che il Comune abbia aspettato tanto per agire, quando una semplice ispezione avrebbe potuto salvare vite”, ha dichiarato, puntando il dito su possibili negligenze che hanno stravolto la vita di Francesca e della sua amica Alessia, sopravvissuta per miracolo ma con lesioni permanenti. Eppure, dal Comune non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale, alimentando il sospetto che ci sia molto di più da scoprire.

Gli Sviluppi dell’Inchiesta

I familiari di Francesca, assistiti dal loro legale, hanno già mosso i primi passi concreti: una richiesta di risarcimento danni e la nomina di un perito per analizzare lo stato dell’albero crollato. Dal Dipartimento Tutela Ambientale, intanto, spiegano che i tre alberi abbattuti presentavano condizioni simili, giustificando l’intervento per motivi di sicurezza pubblica. Ma queste precisazioni non placano i dubbi della famiglia, determinata a svelare la verità su cosa abbia davvero causato quella tragedia. Francesca, una donna coraggiosa e legata alla sua Roma, meritava di più, e ora tutti si chiedono se altre vite siano a rischio in quel parco dimenticato.

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Le bombe sociali: la mappa dell’emergenza

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Le bombe sociali: la mappa dell’emergenza

RomaInFiamme La Città Eterna sta diventando una vera polveriera con occupazioni abusive e incendi che terrorizzano i residenti onesti!

Le occupazioni abusive dilagano

Roma è un campo minato di edifici occupati e insediamenti abusivi, nonostante gli sgomberi quotidiani ordinati dalla Prefettura e la linea dura del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Queste “bombe sociali” non accennano a sparire, con attenzione costante su occupazioni storiche e accampamenti improvvisati. Entro fine anno, il Comune chiuderà gli acquisti di tre immobili per provare a risolvere il caos, ma chissà se basterà a fermare questo circo.

I siti a rischio incendio

Dopo il mega-incendio che ha devastato Monte Mario l’estate scorsa, partito da una favela abusiva, ogni quartiere ha dovuto elencare le zone più pericolose. Luoghi come San Lorenzo, Ponte Mammolo e via Newton sono stati sgomberati, ma i problemi riaffiorano come erbacce. A via Newton, per esempio, gli abusivi sono tornati sotto i viadotti, bruciando di tutto – ferro, rame, pneumatici – rendendo l’aria irrespirabile. È come rivivere l’incendio del 2021 al Ponte di Ferro, che ha messo ko la struttura per anni. Questi accampamenti non sono solo un fastidio, sono una minaccia pubblica che nessuno sembra voler estirpare del tutto.

Gli spostamenti e le lamentele dei residenti

Prendete l’ex Hotel Cinecittà: sgomberato con gran dispiegamento di forze, ma i sudamericani si sono spostati in altri alberghi abbandonati, per poi tornare e occupare le case vicine. Ora, il quartiere è un inferno di liti, schiamazzi e minacce, con residenti esasperati che parlano di veri e propri clan stile Casamonica. Come dice una residente, “Siamo in una polveriera”, e il nuovo decreto sicurezza potrebbe aiutare, ma solo se qualcuno vigila sul serio. Altrimenti, è solo un gioco dell’oca per questi occupanti seriali.

I clan dietro le occupazioni

Non è un caso che gli inquirenti stiano indagando sui gruppi sudamericani che gestiscono il racket delle occupazioni, forse al posto dei soliti clan romani. Luoghi come l’ex scuola 8 Marzo, occupata dal 2001, sono ridotti a ruderi fatiscenti con oltre 400 “inquilini” abusivi. E non finisce qui: i clan hanno messo le mani su centinaia di appartamenti in zone come Magliana, Don Bosco e San Basilio. È un business sporco che sta cambiando la faccia della città, e i romani pagano il prezzo.

La crisi abitativa esplode

Intanto, la carenza di alloggi a Roma è fuori controllo, con 18.608 nuclei familiari in lista d’attesa a giugno 2024. Invece di occupazioni illegali, si parla di soluzioni “innovative”, come acquistare immobili in via Prenestina, via Lucio Calpurnio Bibulo e via Gian Maria Volontè per l’emergenza abitativa. Ma con trattative in corso, chissà se arriveranno in tempo per evitare che la situazione degeneri ulteriormente. Roma non può permettersi di essere ostaggio di questi parassiti urbani.

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