Attualità
CGIL – La crisi di un sindacato sempre più lontano dai lavoratori
CGIL – la crisi del sindacato e gli stipendi sempre più bassi dei lavoratori italiani.

CGIL – La percezione di un sindacato sempre più lontano da chi lavora
In questi giorni tutti parlano della vergognosa e senza senso, aggressione alla sede nazionale della CGIL da parte di alcuni facinorosi del movimento Forza Nuova. “Grazie” anche a questo gesto, è tornato alla ribalta il ruolo del sindacato in Italia.
In tanti si domandano se il ruolo delle associazioni sindacali siano ancora un valore a sostegno della tutela del lavoratore. E sì, perché ormai, è più che evidente la percezione negativa che si ha sul ruolo dei principali sindacati italiani.
Gli iscritti alla Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), il più antico sindacato italiano (1944), sono circa 5 milioni e mezzo, di cui però circa la metà non sono lavoratori attivi, ma soggetti in pensione. Un dato troppo spesso sottovalutato.
La fiducia nei sindacati nel corso degli anni è andata progressivamente scemando. Infatti secondo l’ultima ricerca disponibile effettuata da Demoskopika, i sindacati hanno perso circa 500.000 iscritti, di cui il 70% nel sud del paese, dove il problema del lavoro è sempre un tema molto attuale, come riporta anche il Corriere della sera. Per essere intellettualmente onesti, dobbiamo dire che la ricerca inizia a essere un po’ datata, ma siamo sicuri che il trend al ribasso stia continuando.
La CGIL e la tutela del lavoratore
La quota mensile che ogni iscritto deve versare al sindacato è di 14 euro al mese (direttamente prelevati dalla busta paga) e, come giusto che sia, con questo piccolo contributo si ha diritto all’assistenza legale, senza doversi rivolgere a un avvocato, che sicuramente avrebbe dei costi maggiori.
Ma il problema è un altro: ovvero che il sindacato è sempre più distante dai lavoratori, in un contesto economico sempre più a vantaggio del sistema capitalista, che cerca sempre più frequentemente di abbassare il costo del lavoro aumentando i ricavi.
Fino a qui nulla di male se questo gioco delle parti fosse gestito equamente rispettando le esigenze di imprenditori e lavoratori. Ma non è più così.
Landini, attuale segretario del sindacato – succeduto a Rossana Camusso, percepisce uno stipendio pari a 3700 euro mensili, ma i risultati non si vedono.
Le differenze con gli altri due grandi sindacati italiani (CISL e UIL) sono minime, e di fatto, alla trattative con i grandi gruppi industriali, siedono insieme portando istanze identiche, un po’ strano non credete?
Cosa fa la CGIL per i lavoratori?
Questa è una bella domanda visto che in Italia la crisi del lavoro è evidente un po’ a tutti, soprattutto dopo la pandemia Covid che ha creato enormi problemi al mondo industriale, distruggendo intere famiglie di lavoratori.
Cosa fa la CGIL per i lavoratori in nero? Oppure per i dipendenti della GDO alimentare che percepiscono 5 euro netti l’ora, superando quasi sempre il tetto delle 40 ore settimanali? Senza parlare della scarsità dei controlli sulla sicurezza del lavoro o infine, ancor più gravi, delle minacce che quotidianamente centinaia di lavoratori subiscono, costretti ad abbassare la testa solo perché bisognosi di uno stipendio che tuteli la loro dignità o quella della propria famiglia?
L’aggressione alla sede nazionale di Roma è un atto delinquente, da punire secondo le leggi vigenti, ma viviamo in un paese dove muoiono tre lavoratori al giorno sul luogo di lavoro, ma di questo se ne parla poco e male sulla nostra “nobile” carta stampata.
Come scrive Alessandro Di Battista “Se sindacati, partiti (di sinistra?), pseudo-intellettuali e giornaloni si fossero scagliati contro l’abolizione dell’articolo 18, lo sblocco dei licenziamenti, le delocalizzazioni, i salari da fame e la trasformazione della FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino) in una multinazionale di diritto olandese controllata dai francesi come oggi si stanno scagliando contro il “presunto” ritorno del fascismo, beh, l’Italia sarebbe un paese migliore”.
Già, adesso il 16 ottobre mega radunata per dire “No al Fascismo”, ma forse era più giusto ritrovarsi per parlare di lavoro, salari e dignità dei lavoratori.
Davide Sperati
Attualità
La truffa da 300mila euro che ha rovinato il rapporto tra Gianna Orrù e la figlia Valeria Marini

La truffa da 300mila euro che ha rovinato il rapporto tra Gianna Orrù e la figlia Valeria Marini. La vicenda ha portato a tensioni familiari e scandali che non lasciano indifferenti. Leggiamo insieme i dettagli di questa storia che sembra uscita da una soap opera. #ValeriaMarini #GiannaOrru #Truffa #Cronaca #Famiglia
In una vicenda che sembra presa direttamente da un film drammatico, la nota showgirl Valeria Marini e sua madre, Gianna Orrù, sono al centro di una truffa milionaria che ha incrinato il loro rapporto. Secondo quanto riportato, la truffa ammonta a ben 300mila euro, una cifra che ha inevitabilmente inciso sulle dinamiche familiari.
La Truffa
La truffa ha coinvolto entrambe le donne in un intreccio di malintesi e accuse che hanno portato a un deterioramento del loro legame. La tensione è palpabile, e le accuse volano da una parte all’altra, rendendo la situazione sempre più incandescente.
La Reazione di Valeria Marini
Valeria Marini, conosciuta per il suo carattere forte e deciso, ha reagito con veemenza. Le sue dichiarazioni non lasciano spazio a dubbi: "Queste situazioni mi fanno perdere la pazienza", ha detto la showgirl, sottolineando come il denaro possa davvero rovinare anche i rapporti più stretti. Commento: La frase evidenzia come anche i legami di sangue possano essere messi a dura prova da questioni economiche.
La Posizione di Gianna Orrù
Dall’altra parte, Gianna Orrù, la madre di Valeria, appare altrettanto provata dalla situazione. La dinamica della truffa sembra averla coinvolta in modi che non si aspettava, e il rapporto con la figlia ne è uscito profondamente danneggiato. La vicenda continua a svilupparsi, con entrambe le donne che cercano di trovare una via d’uscita da questo labirinto di accuse e delusioni.
Attualità
Derby Lazio-Roma: scontri tra tifosi fuori dall’Olimpico, lancio di oggetti contro la polizia

Una serata incandescente a Roma: scontri tra tifosi prima del derby Lazio-Roma. Fuori dall’Olimpico, i supporter si sono fronteggiati con "il lancio di oggetti contro la polizia". Le tensioni si sono infiammate, mostrando ancora una volta come lo sport possa diventare terreno di scontro politico. #Roma #Derby #Scontri #Politica
Durante il tanto atteso derby tra Lazio e Roma, la tensione è esplosa fuori dallo stadio Olimpico. I tifosi delle due squadre, mai realmente amichevoli, hanno trasformato la serata in un campo di battaglia urbano. Il lancio di oggetti contro la polizia ha segnato uno dei momenti più critici della serata, dimostrando come il calcio, in Italia, sia spesso più di un semplice gioco.
Scontri fuori dall’Olimpico
I disordini sono iniziati quando gruppi di tifosi, armati di bottiglie, pietre e altro, hanno deciso di sfidare non solo i rivali sportivi ma anche le forze dell’ordine. La polizia, già pronta per gestire le consuete tensioni di un derby, si è trovata a fronteggiare una situazione di vera e propria guerriglia urbana. Le immagini dei tafferugli hanno rapidamente fatto il giro del web, mostrando un paese dove il calcio è ancora una metafora della divisione sociale e politica.
La risposta delle autorità
Le autorità hanno prontamente risposto con cariche di alleggerimento e l’uso di lacrimogeni per disperdere la folla. Nonostante gli sforzi, la situazione è rimasta tesa per buona parte della serata, con alcuni agenti leggermente feriti e diversi tifosi fermati. La questione solleva inevitabilmente un dibattito sulla gestione della sicurezza durante eventi sportivi di massa e sul ruolo che il calcio gioca nella società italiana.
Sport e Politica: un binomio inevitabile
Il calcio in Italia non è solo un gioco, ma un riflesso delle dinamiche sociali e politiche. Gli scontri di ieri sera non sono solo una questione di rivalità sportiva, ma anche di identità e appartenenza politica. La frase il lancio di oggetti contro la polizia diventa, in questo contesto, un simbolo di una frustrazione più profonda, che va oltre il semplice risultato di una partita.
Le immagini e i video degli scontri, diffusi rapidamente sui social media, hanno mostrato ancora una volta come il calcio possa essere un terreno fertile per tensioni sociali, con i tifosi che spesso portano avanti battaglie che vanno oltre i confini del campo da gioco.
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