Cronaca
Truffa alla troupe di Suburra, 64enne nei guai a Ostia
Truffa alla troupe di Suburra, l’uomo sarebbe legato ad un boss del clan Fasciani

Truffa alla troupe di Suburra, ma non solo. Al centro dell’indagine alcuni box in via delle Ebridi, a Ostia. Immobili di proprietà dell’Ater, ma di cui si era ‘impossessato’ R.F., 64enne legato al clan Fasciani. Il quale li affittava o come abitazioni a cittadini stranieri o a troupe di serie tv come set di ripresa. Ma quest’oggi per lui la ‘pacchia’ si è conclusa: nei suoi confronti è stata infatti disposta la misura degli arresti domiciliari. A notificargliela, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Ostia, incaricati dalla Dda di Roma. Le accuse a suo carico vanno dall’estorsione aggravata dal metodo mafioso alla truffa, passando per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’occupazione abusiva di immobili.
Secondo quanto accertato dagli inquirenti, tra le sue ‘vittime’ ci sarebbe anche la casa cinematografica che produceva le riprese della fiction ‘Suburra’. Alcune scene sarebbero state infatti realizzate in alcuni dei locali Ater, di capienza complessiva di circa 5mila metri quadri. Sarebbe stato proprio il 64enne a fornirli, pur non avendone titolo in quanto occupante abusivo. Una posizione che però non gli avrebbe impedito di intascare per la locazione oltre 9mila euro. Ai quali ne avrebbe aggiunti altri 500 (al mese), percepiti da stranieri irregolari per un box vicino al suo negozio di materassi.
TRUFFA ALLA TROUPE DI SUBURRA, MA NON SOLO…
Quanto invece all’estorsione, l’uomo l’avrebbe compiuta ai danni di una persona sua dipendente in nero. Il 64enne non avrebbe infatti gradito la richiesta di quest’ultima di essere pagata per una giornata di lavoro. Per questo, anche davanti ad altre persone, l’avrebbe minacciata prima a parole e poi con un coltello. Infine l’avrebbe centrata con una sedia di metallo, provocandole una profonda ferita da taglio.
Secondo le indagini, infine, il 64enne, con la compagna, avrebbe invaso e occupato anche un altro immobile in via delle Azzorre. Quest’ultimo è stato posto sotto sequestro preventivo dal Gip e a breve sarà restituito al Comune di Roma, che ne detiene la gestione.
Cronaca
Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

Cristo finisce in mezzo ai casini globali: un artista italiano immagina il Salvatore tra le rovine di Gaza, l’inferno ucraino e i barconi del Mediterraneo, mescolando fede e geopolitica in una mostra che fa a pugni con il politically correct. #ArteControversa #CristoNeiGuai #PaceOFake
La Filosofia Dietro la Mostra
L’artista Corrado Veneziano non le manda a dire: in “Yeshu’a – Il volto, i volti di Cristo”, esposta al Mausoleo di Santa Costanza fino al 24 aprile, reimmagina Cristo non come un santino polveroso, ma come un testimone scomodo dei disastri moderni. Parliamo di grida inascoltate in zone di guerra, silenzi colpevoli dei potenti e viaggi disperati che finiscono in tragedia. È come se dicesse: “Ehi, mondo, Cristo è qui, nei posti dove nessuno vuole guardare”.Le Opere e i Luoghi Caldi
Nel cuore della mostra, venti opere uniscono icone cristiane con mappe del mondo reale, numeri, coordinate e simboli culturali, creando un mix che fa riflettere – o ridere, a seconda di quanto sei cinico. I pezzi forti? Tre tele inedite che piazzano il volto di Cristo dritto nei casini: uno nella Striscia di Gaza e Medio Oriente, un altro nell’Europa orientale tra Ucraina, Bielorussia e Romania, e un terzo nel Mediterraneo, con un occhio a Lampedusa. Veneziano spiega: “Questi volti si sovrappongono alle mappe, incrociando linee che decidono destini umani, come grida che ti fissano e ti chiedono: ‘E tu che fai?'”. È un richiamo alla pace, ma con un tocco di sarcasmo verso chi predica senza agire.
Simboli e Messaggi Scomodi
Oltre ai volti, l’artista infila simboli classici come l’ulivo, la colomba e una croce fluttuante, ma li usa per puntare il dito su ipocrisie globali. Niente di troppo soft: è arte che evoca risposte, o almeno ci prova, in un mondo dove la pace sembra solo un hashtag. Qui, ogni opera è un pugno allo stomaco, ricordandoti che l’arte non è solo per salotti borghesi.
Cronaca
Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

Uccide la madre a coltellate, la nasconde in un armadio sigillato col cemento, e ora rischia di tornarsene a casa libero perché “pazzo”? Un vero schiaffo alla giustizia! #Matricidio #GiustiziaFallita #PsicopaticiInLibertà
Il Delitto e la Possibile Libertà
Massimo Barberio, 61 anni, ha confessato di aver accoltellato a morte la madre nel 2023, per poi infilarne il corpo in un sacco e murarlo in un armadio. L’uomo è attualmente in carcere, ma il procuratore Antonio Verdi ha chiesto solo 10 anni di reclusione dopo che un consulente ha rilevato un parziale vizio di mente. Tuttavia, il perito del Tribunale ha sentenziato che Barberio era totalmente incapace di intendere e volere, descrivendolo come non pericoloso per gli altri – solo per se stesso, con una “severa possibilità autolesionistica”. Se i giudici gli danno retta, questo tizio potrebbe schivare la prigione e tornare libero, magari a farsi un caffè.
La Difesa dell’Imputato
L’avvocato Giancarlo Rizzo dipinge Barberio come un povero diavolo in preda a un delirio, un “suicidio metaforico” dove l’uccisione della madre sarebbe solo un modo distorto per ferire se stesso. “Freud parlava del matricidio come del crimine primordiale,” ha commentato il legale, sostenendo che non c’è rischio per la società. Insomma, secondo lui, Barberio è più un caso da divano che da galera – una difesa che fa storcere il naso, ma chissà, magari funziona.
Il Racconto dell’Omicidio
I fatti risalgono al 19 settembre 2023 in un appartamento di Primavalle. Barberio ha ricostruito la scena: era l’alba, la madre preparava il caffè, e lui, in un raptus, l’ha accoltellata da dietro. “L’ho colpita tre volte, le ho chiuso gli occhi,” ha detto. Il movente? Soldi: dicevano che i debiti da 2.000 euro su una pensione da 700 erano insostenibili, e lui non voleva che lei lo sapesse. Poi, per coprire l’odore, ha sigillato il corpo con plastica e cemento. Undici giorni dopo, ha chiamato i carabinieri e li ha aspettati con le valigie pronte, ammettendo: “So di meritare la punizione”. Ora tocca ai giudici decidere se sia davvero così innocuo.
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